E venne il giorno della "singolar tenzone":
Matteo Renzi sfida a duello Matteo Salvini. La contesa, più mediatica
che altro, si è svolta sullo stesso suolo che vide lustri orsono, un
impettito Silvietto firmare il celebre contratto con gli italiani. Al
cospetto di un compiaciuto Bruno Vespa, i contendenti si sfidano a colpi
non di fioretto, ma di sorrisetti di circostanza e di battute ironiche
secondo un copione studiato a tavolino dai guru della comunicazione. Se i
telespettatori si aspettavano attacchi frontali su Russiagate,
xenofobia e razzismo da una parte, e sullo scandalo che ha coinvolto
l'ex ministro Luca Lotti e il Csm dall'altra, sono rimasti a bocca
asciutta.
Si è assistito a una sfida non tra contrapposte visioni
politiche ma tra egolatrie ridondanti: l'uno, il senatore di Rignano, ex
rottamatore rottamatosi con il referendum costituzionale, troppo
bulimico di protagonismo e di visibilità ha persino fondato un partito a
sua immagine, pur di non restare seduto in panchina e guardare la
partita da bordo campo. L'altro, il Capitano, quello dei pieni poteri,
salvo poi incartarsi in una crisi di governo da lui stesso creata e
gridando al complotto, ritorna come un figliol prodigo da Silvietto e
ricompatta il centrodestra con la virago Meloni a piazza San Giovanni.
Tutto e' lecito pur di apparire: se l'uno parla alla testa degli
italiani, l'altro si rivolge alla pancia. Renzi e Salvini sono facce di
una stessa medaglia: è il tramonto dei contenuti e il prevalere della
comunicazione, della visibilità a tutti i costi in un avvilente reality
che sembra non avere fine.
Cleopatra, lunedì 21/10/2019
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