Se
la roots music americana continua a godere di ottima salute, lo si deve
soprattutto a band come gli Old Crow Medicine Show, capaci di
affiancare a un’evidente attenzione filologica anche un surplus di
esuberanza e di ispirazione. Il loro approccio verace e giovanilistico
(non tanto nel senso dell’hype o dell’immagine quanto semmai nella forza
esplosiva delle loro performance) toglie, così, la polvere da un genere
antichissimo, restituendogli nuovo smalto e mantenendolo credibile nei
confronti anche delle nuove generazioni, grazie a sostanziose dosi di
pathos energizzante.
La
band capitanata da Ketch Secor, da anni continua a miscelare country,
bluegrass e blues, spolverando il tutto con uno sbuffo di rock e
irrorando la miscela di vera e propria attitudine punk. Così, nonostante
gli OCMS siano a tutti gli effetti una string band, il risultato
finale, sia in studio che dal vivo, sembra sempre inaspettatamente
attraversato da una vibrante elettricità.
Non
è un caso che la band, nonostante siano passati ormai due decadi dai
lontani esordi, non abbia ceduto un solo grammo di peso specifico
artistico, inanellando un disco più bello dell’altro, ampliando sempre
più la schiera dei fan (la band è ormai conosciuta e stimata anche fuori
dei confini nazionali) e conquistandosi con Remedy (2014), nono album
in studio, un ambito Grammy Awards per il miglior disco folk dell’anno.
Questo
ultimo Live At The Ryman, registrato nella cornice storica e suggestiva
del celebre auditorium di Nashville, celebra i vent’anni di carriera e
fotografa la band nel proprio ambiente naturale che, come nella miglior
tradizione del genere, resta il palco. Dieci brani in scaletta (la prima
traccia è un’introduzione alla serata corredata dai saluti al pubblico)
senza trucchi e senza inganni, in cui viene evidenziata quella potenza
nell’esecuzione, di cui si diceva poc’anzi, ed emerge, dato non certo
marginale, l’indiscutibile caratura tecnica del combo, che sta sugli
strumenti con tracimante ardore senza però sbavare di una sola nota la
nitidezza del suono.
La
non eccessiva durata del disco, poi (sono quarantatré minuti in
totale), sottolinea vieppiù l’hic et nunc di una performance travolgente
davanti a un pubblico in adorazione, che non perde occasione per far
sentire il proprio coinvolgimento. Un live che si beve tutto d’un fiato e
che non conosce un attimo pausa: dall’honky tonk dell’iniziale Tell It
To Me, alla giga furibonda di Shout Mountain Music fino al cavallo di
battaglia Wagon Wheel, cantata in coro dal pubblico, Live At Ryman suona
come una grande festa a cui, davvero, mancano solo i fuochi
d’artificio. E se un’immensa versione di Methamphetamine fa tremare le
vene dei polsi, lo scatenato traditional Will The Circle Be Unbroken,
posto a chiusura concerto, se ascoltato a volume ragguardevole, rischia
di far tremare (e incrinare) i vetri delle finestre di casa.
Live
imperdibile per i fan degli Old Crow Medicine Show, e il modo migliore,
per chi non li conosce, per approcciarsi a questa fantastica band.
VOTO: 7,5
Blackswan, domenica 20/10/2019
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