martedì 19 novembre 2019

JONATHAN DEE - I PROVINCIALI (Fazi Editore, 2019)

Howland, Massachusetts. Mark Firth è un imprenditore edile con grandi ambizioni ma scarsa competenza negli affari, tanto da aver affidato tutti i suoi risparmi a un truffatore; lo sa bene sua moglie Karen, molto preoccupata per l'istruzione della figlia: sarebbe davvero oltraggioso se dovesse ritrovarsi nei pericolosi bassifondi della scuola pubblica. Il fratello di Mark, Jerry, è un agente immobiliare che ha mollato la precedente fidanzata sull'altare e ha una relazione con la telefonista della sua agenzia. C'è poi Candace, la sorella, che è insegnante alla scuola pubblica locale e coltiva una relazione clandestina con il padre di una delle sue allieve.
La famiglia Firth è il nucleo centrale di una estesa nebulosa di personaggi, tutti abitanti di Howland. L'intera cittadina attraversa una crisi economica che influenza le vite di tutti, accentuata dai sentimenti ambivalenti che la gente del posto nutre nei confronti dei weekender newyorkesi. Sarà proprio uno di questi a far precipitare il fragile equilibrio della comunità. Dopo l'11 settembre infatti il broker newyorkese Philip Hadi, sapendo grazie a "fonti riservate" che New York non è più un posto sicuro, decide di traslocare a Howland insieme a moglie e figlia...
 
Un uomo cammina per le strade di New York diretto a incontrare un avvocato che lo rappresenta in una causa per truffa. E’ il 12 settembre 2001, il giorno successivo l’attentato alle torri gemelle. L’uomo è indifferente al dolore e allo strazio che lo circonda e ha come unica preoccupazione quella di non trovare aperto lo studio legale. Appare subito chiaro che non si tratta di una bella persona: ha precedenti penali, è un pervertito, è meschino e subdolo.
Così si apre I Provinciali, con questo personaggio che scompare dopo le prime cinquanta pagine, ma che rappresenta l’abbrivio metaforico per la trama che si svilupperà successivamente. Non una figura buttata lì a caso, ma l’innesco ferocemente cinico che introduce al corpo centrale del romanzo, la metafora di un’umanità alla deriva e di un popolo, quello statunitense, che ha perso i suoi valori fondanti, il simbolo di un “sogno americano” sbriciolato di fronte all’insensatezza della violenza e all’indifferenza verso le sorti dei propri simili.
Dopo questa introduzione, la narrazione si sposta da New York a Howland e protagonista della trama diventa la famiglia Firth, coagulo di incomprensioni, violenze psicologiche, risentimenti, piccole ripicche e afasie comunicative. Vite di piccolo cabotaggio, intorno a cui ruota la comunità di Howland, piccolo paesino del Massacchusetts dalla socialità e delle dinamiche immutabili nel tempo, e la cui pigra esistenza è scossa solo dall’alternarsi delle stagioni.
Poi, ecco l’improvviso arrivo di Hadi, ricco broker newyorkese, che riesce a farsi eleggere sindaco del piccolo centro. Da questo momento in poi, il romanzo, prima incentrato sul tema della dissoluzione della famiglia, sull’ipocrisia dei rapporti umani e sulla deriva etica di protagonisti incapaci di guardare fuori dal proprio misero orticello, scarta verso il tema politico.
Il ricco Hadi, apparentemente socievole, disponibile e generoso, è in realtà la controfigura in piccolo di Trump. La sua politica, fatta prima di elargizioni di prebende e poi di imposizioni, si svela presto per quello che è: un esercizio di potere che non prevede opposizione e democrazia, perché il parere del popolo è, a detta del nuovo sindaco, sostanzialmente inutile.
Hadi diventa primo cittadino perché famoso e facoltoso, certo, ma anche perché non ha nessun rivale in grado di poter competere. E assurge al potere nell’indifferenza generale. E’ questo per Dee il male grande dell’America e di ogni civiltà contemporanea: la perdita della volontà politica e del desiderio di partecipazione della gente, che punta sempre il dito contro un generico “potere” o “governo”, di cui non sa nulla e a cui nulla è in grado di chiedere, se non di non aumentare le tasse. Nessuna visione, nessuna progettualità, nessun interesse per le generazioni future. La gente di Howland è troppo presa dalle propria piccole faccende da non essere interessata ad altro, e non c’è uno sguardo sulla politica che non sia squisitamente privato.
L’unica forma di resistenza ad Hadi è rappresentata dal populismo (Jerry), che è prevalentemente reazione a prescindere, guidata dal ragionamento aprioristico che tutto ciò che è potere è male. Anche chi però la pensa in questo modo, e sono pochi, non ha però la forza né la volontà di coagularsi in un pensiero e in una forma d’azione più strutturata che non sia quella di un’anonima protesta o di un vile teppismo.
In questa visione cinica, ma perfettamente centrata, della comunità politica statunitense non c’è per Dee spazio per molte speranze. In questo popolo insipido, grigio e narcotizzato dai bisogni materiali, emergono Candace, uno dei pochi personaggi positivi del libro, che fa intravvedere un briciolo di empatia verso chi la circonda, e Haley la figlia adolescente di Mark che, in un gesto di piccola ribellione nel finale del libro, suggerisce un apparente scorcio di speranza. Haley rappresenta la gioventù, anzi la parte migliore della gioventù americana: sente dentro di sé il sopruso, l’ingiustizia sociale e prova a ribellarsi. Non riesce, però, ad andare fino in fondo alla sua protesta, perché le mancano le argomentazioni e la consapevolezza.
Nel vuoto di valori, in questa società che non ha un obbiettivo e non è strutturata culturalmente, nessuno è vincitore. E quando Hadi decide di mollare il suo ruolo di sindaco, il governo della piccola città implode, mostrando il suo volto più rapace e lasciandoci in balia di un dubbio, forse senza risposta: è meglio essere governati da un ricco che pensa ai bisogni della gente chiedendo però in cambio una supina obbedienza, oppure da una democrazia impoverita di denaro e contenuti, che può operare solo attraverso l’imposizione di tasse e gabelle?

Blackswan, martedì 19/11/2019

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