Ottantaquattro
anni, originario di Lexington (Kentucky), Les McCann ha alle spalle una
storia importante in ambito black music. Pianista e cantante, ondivago
fra jazz, soul e funky, Mc Cann ha iniziato a suonare con un suo trio
nei primi anni ’60, firmando per la Pacific Jazz e pubblicando Les McCann Ltd. Plays The Truth (1960), il primo album di una discografia che tra dischi in studio e dal vivo vanta più di cinquanta titoli (il più celebre è Sweet Movement,
live pubblicato nel 1969 con il sassofonista Eddie Harris e il
trombettista Benny Bailey, che è valso al pianista una nomination ai
Grammy Award e una hit, la celebre Compared To What, che vanta più di 270 reinterpretazioni).
L’importanza
artistica di McCann, poi, è indiscutibile, sia per aver dato respiro
alla contaminazione del jazz, genere spesso proposto in suggestiva
alchimia con soul, funky e world music, sia per essere stato tra i primi
a utilizzare nelle proprie composizioni ed esecuzioni il piano
elettrico, il clavinet e i synth.
Pump It Up
esce nel 2002 ed è primo disco di McCann dopo un periodo di inattività
dovuto a un ictus che lo ha colpito a metà degli anni ’90. Un ritorno
sulle scene che solo i grandi possono permettersi: un disco di funk, che
più funk non si può, basso, batteria, chitarra e organo Hammond B-3 a
forgiare irresistibili groove insieme a un gruppo di musicisti da urlo.
Basta
leggere il seguente elenco per rendersi conto quale sia il livello
tecnico che esalta le undici tracce in scaletta: Les McCann alla voce,
Ricky Peterson all’Hammond, John Robinson alla batteria, Paul Jackson
Jr. alla chitarra ritmica, Abraham Laboriel al basso. E ancora: Marcus
Miller al basso, Maceo Parker e Bill Evans al sassofono, Billy Preston
alle tastiere, Bonnie Raitt e Dianne Reeves alla voce, Paulinho da Costa
alle percussioni, solo per citare alcuni degli ospiti più prestigiosi.
Batteria
martellante, linee di basso potenti, tappeti d’organo, scintillanti
assoli di sax e la voce di McCann, caldissima, in bilico fra canto e
recitazione rap per undici canzoni, tutte bellissime e magistralmente
eseguite.
Meritano una citazione a parte You Just Can’t Smile it Away,
cover del successo di Billy Whiters, con un duetto da brivido tra
McCann e la diva del jazz, Dianne Reeves, il tocco vellutato di Billy
Preston in Tryin’ to Make it Real, e la voce bluesy di Bonnie Raitt a impreziosire The Truth.
In
definitiva Pump It Up è un disco deliziosamente avvincente, che si
ascolta e riascolta tutto d’un fiato. A tratti, e questa è l’unica
pecca, la perfezione dell’esecuzione sembra avere la meglio sul cuore e
sul pathos; ma il disco è suonato talmente bene, che si resta a bocca
aperta dalla prima all’ultima traccia, dimenticandosi di tutto il resto.
Blackswan, venerdì 03/01/2020
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