giovedì 26 marzo 2020

NICKOLAS BUTLER - UOMINI DI POCA FEDE (Marsilio, 2020)


Dopo il successo di Shotgun Lovesongs e Il cuore degli uomini, Nickolas Butler si ispira a una storia della sua terra per dare vita a un romanzo colmo di umanità. Con la consueta bravura nel ritrarre l'America rurale, lo scrittore del Midwest coglie temi universali – le contraddizioni del credere, il dolore del lutto, il peso dell'affetto – e li trasforma in sensazioni concrete, come l'odore della polvere e della benzina, la vista a perdita d'occhio sui campi e i solchi profondi che l'amore scava dentro ognuno di noi. 

Lyle è un uomo semplice, devoto, attaccato alla famiglia. Ha sessantacinque anni, è in pensione e aiuta l’amico Otis nella conduzione di un meleto, che produce frutti squisiti. Ama sua moglie Peg, sua figlia adottiva Shiloh, e soprattutto il nipotino Isaac, la luce che illumina le sue ore. Una vita ordinaria, tutta casa e chiesa, i cui giorni sono scanditi dall’affetto dei cari e degli amici (il mansueto Hoot e Charlie, il prete della parrocchia) e dallo scorrere delle stagioni del Wisconsin, la terra dove ha vissuto tutta la propria esistenza. Un giorno, però, Shiloh si invaghisce di Peter, un predicatore affascinante, ma senza scrupoli, ed entra a far parte di una setta religiosa, in cui tutti sono convinti che Isaac abbia capacità taumaturgiche di guaritore. Ben resto i rapporti fra Lyle e Shiloh si incrinano, al punto che la figlia vieta al nonno di vedere il nipotino.
Ispirato da una storia vera, Butler ambienta nella sua terra d’adozione (lui è nato in Pennsylvania) un piccolo dramma famigliare, per riflette con profondità sul tema della fede e del fanatismo religioso. Impossibile non tornare con la mente al capolavoro di Flannery O’Connor, Il Cielo è Dei Violenti, anche se, in questo caso, manca la follia estrema che animava quelle sconvolgenti pagine, e il tema resta più sfumato, in quanto il romanziere si concentra sul riverbero che un’idea travisata di religione può avere sui rapporti umani.
Lo scrittore, soprattutto, accompagna il suo personaggio principale in un percorso di consapevolezza, che porta Lyle, sempre in bilico fra devozione e agnosticismo, a comprendere che la fede altro non è se non amare il prossimo e la natura, e condividere le sofferenze altrui, dividendo in egual misura il fardello del dolore.
Butler evita moralismi e luoghi comune, e tratteggia, invece, con lirismo e semplicità (la prosa è asciuttissima) una storia comune, di piccolissimo cabotaggio, che riesce, però, ad avere un respiro universale. In tal senso, Lyle è un personaggio centrato e a tutto tondo, che vive le avversità (la malattia dell’amico Hoot, il distacco dal nipote e dalla figlia), senza mai perdere la bussola del proprio cuore, forte di un’umanità e di una generosità che gli consentono di essere sempre presente a se stesso, anche quando tutto sta andando a rotoli.
Non è un caso, infatti, che in alcune pagine di Uomini di Poca Fede, la prosa possieda la grazia e la delicatezza del Kent Haruf di Le Nostre Anime di Notte: la sensibilità con cui vengono raccontati i sentimenti per la moglie Peg, l’amico Hoot e il nipotino Isaac, credetemi, sono momenti di alta letteratura. Un finale niente affatto accomodante è il valore aggiunto a un romanzo che vi conquisterà dalla prima all’ultima pagina.

Blackswan, giovedì, 26/03/2020 

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