martedì 9 novembre 2021

ELEPHANT - JASON ISBELL (Southeastern, 2013)

 


Un Jason Isbell pettinato, sbarbato, elegante nel suo completo scuro, ci guarda in un intenso primo piano di copertina. Una foto certamente bella, ma che non trasmetterebbe nulla di particolare se non fosse per quegli occhi incredibilmente tristi. Occhi di chi ha dovuto spalare tonnellate di merda per poter tornare a guardare il chiarore del cielo, di chi ha conosciuto l'abisso e quindi una lenta resurrezione. La fuoriuscita dai Drive By Truckers (tre dischi e anni di lunghissime ed estenuanti turnè), il divorzio dalla prima moglie Shonna Tuker, la scimmia dell'alcol che ti afferra alla gola e non ti molla, i continui abusi, il dolore della solitudine, l'amore ritrovato, un nuovo matrimonio con Amanda Shires, e poi finalmente, la libertà dal vizio, il ritorno a una vita normale. C'è tutto nella foto di copertina di Southeastern: un uomo ripulito ma anche un passato che ha lasciato strascichi, cicatrici e ferite ancora sanguinanti, la speranza che guarda al futuro e il ricordo della perdizione. Le dodici canzoni di Southeastern sono esattamente come gli occhi di Isbell, ci raccontano quel passato, quella tristezza, gli eccessi alcolici, un nuovo inizio.

Piccole storie che sono come confessioni, le parole che dispiegano i lembi di un sudario ed espongono le piaghe, l'anima martoriata di un uomo che è ancora vivo, a dispetto di tutto. Questa è la sincerità di chi non ha più nulla da nascondere e da perdere, di chi vuole lasciarsi tutto alle spalle e ricominciare la vita proprio dove inizia l'arte, la musica, la forza taumaturgica del rock. Non ci sono lacrime, né autocommiserazione, solo una maturità compositiva che disseziona il dolore, che preferisce raccontare invece che spiegare, e trovare così un motivo per ripartire invece di recriminare (I've grown tired of traveling alone, won't you ride with me, won't you ride? si domanda Isbell nel country agrodolce di Traveling Alone).

Quelle di Southereastern sono canzoni pervase da dolorosa quiete, accese talvolta da antiche scintille southern (la possente "Super 8"), o dal passo appena accelerato del folk rock ("Stockholm") o dalla spinta vitale di una sferragliante elettricità ("Flying Over Water"). Piccoli intermezzi, però, quasi fossero una voce a stento trattenuta in un dialogo dai toni intimi e confidenziali.

Ed è proprio attraverso la dimensione acustica che Isbell riesce a raccontarsi al meglio, grazie a fragili bozzetti che, ascolto dopo ascolto, divengono grandi canzoni, di quelle da serbare nel cuore per una vita intera. Una di queste, "Elephant", racconta la battaglia di una donna contro un brutto male: è un brano che fonde angoscia e malinconia, che utilizza la metafora dell’elefante per raccontare quel nemico feroce chiamato cancro, ed è anche attraversato da un’inquieta urgenza, come se non ci fosse abbastanza tempo per trasmettere vicinanza e compassione. Il brano è stato ispirato da una conversazione che Jason ricordava di avere avuto con una ragazza con cui usciva.

Ai tempi, il chitarrista viveva a Sheffield in Alabama, proprio sopra il bar in cui la ragazza lavorava. Una sera, rammenta di averle detto di non affezionarsi troppo agli avventori, perché, prima o poi, come effettivamente successe, sarebbero scomparsi tutti. Perché erano alcolizzati, alcuni alla stadio terminale e senza speranza alcuna di redenzione. Morti che camminano, portando sulle spalle il peso di un elefante chiamato whisky. Questo spunto iniziale, poi modificato durante il processo di scrittura (il cancro prende il posto dell’alcool), è l’abbrivio per una canzone che riflette sulla vita, sulla morte e sulla solitudine, e racconta la storia di una coppia che si trova ad affrontare la malattia di lei. Le immagini sono crude (“La porterei a letto, spazzerei via i capelli dal suo pavimento Se l'avessi scopata prima che si ammalasse…adesso non ha più lo spirito per quello”), le parole vere e proprie stilettate al cuore (“Nessuno muore con dignità Cerchiamo solo di ignorare l'elefante in qualche modo”), il mood depresso, rassegnato, definitivamente arreso.

Il consiglio è quello di cercare su Youtube anche l’esecuzione live che del brano Jason Isbell tenne alla Sirius XM Satellite Radio nel giugno del 2013: un’interpretazione talmente sincera che a stento si trattengono le lacrime.

 


 

Blackswan, martedì 09/11/2021

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