lunedì 27 ottobre 2025

The Vintage Caravan- Portails (Napalm Records, 2025)

 


L’hanno fatto di nuovo! Quattro anni dopo lo splendido Monuments del 2021, il power trio islandese The Vintage Caravan torna con un nuovo entusiasmante album, Portals, che riaccende la fiamma dell’heavy rock blues ispirato alle band classiche di fine anni '60 e inizio anni '70. E nuovamente sfornano uno dei dischi migliori dell’anno.

Di questa band non si parla ancora tanto, almeno nel nostro paese, ma chi ha avuto modo di metter mano ai cinque album precedenti, sa esattamente di che pasta sono fatti questi tre ragazzi e di cosa siano stati capaci in quattordici anni di un crescendo artistico inarrestabile.

Portals (il titolo prende il nome dai vari intermezzi musicali che separano le canzoni dell’album) farà impazzire gli amanti di quel suono vintage che il trio islandese ostenta con orgoglio nel proprio nome. Attenzione, però. Non siamo di fronte al solito recupero nostalgico, frusto e ritrito, di chi non riesce ad accettare che la musica, piaccia o meno, si è voluta nel corso dei decenni. Se, infatti, il genere è legato agli anni gloriosi del rock, i Vintage Caravan sanno metterci mano con idee, intuizioni e una dinamicità tale da rendere la vecchia chincaglieria oro luccicante.

Sono molte le frecce all’arco della band nordica. In primo luogo, una caratura tecnica coltivata fin da quando Óskar Logi Ágústsson (voce e chitarra), leader carismatico del gruppo, ha cominciato a far musica fin dai tempi del liceo, facendo germogliare lentamente i semi del progetto. Nel corso degli anni, il trio si è consolidato definitivamente con l’inserimento nella line up del bassista Alexander Örn Númason e del batterista Stefán Ari Stefánsson, sezione ritmica tanto solida quanto eclettica, forza propulsiva dall’impatto deflagrante e carburante nobile che innesca le frequenti rumorose scorribande.

Se dal punto di vista tecnico la band assurge a livelli sopraffini, non sono da meno le capacità di scrittura del trio, che arricchisce la proposta di una visione più ampia, che attinge al progressive e alla psichedelia, e che, soprattutto, mette al centro della stanza la capacità di creare melodie accattivanti, che generano ritornelli assassini, tanto innodici quanto predisposti a incantare il pubblico radiofonico.

Apre il disco "Philosopher" con una breve intro acustica e sognante, prima che il lento crescendo esploda in un heavy rock gravido di groove e svisate bluesy, basso e batteria impetuosi, un assolo da sverniciare le orecchie e il primo di tanti ritornelli memorabili. Ospite del brano è Mikael Akerfeldt degli Opeth, la cui inconfondibile voce duetta con quella limpida e potente di Ágústsson in un connubio a dir poco perfetto.

Segue "Days Go By", un blues rock retrò galoppante e travolgente, che mette di nuovo in evidenza tutti i punti di forza della band, a partire dal cantato e del lavoro funambolico alla chitarra del leader. Materia antichissima, certo, ma ascoltate come è arrangiato il brano e come lo svolgimento trova piccoli, ma decisivi scarti alla prevedibilità.

"Here You Come Again" parte con un basso sinuoso che anticipa uno sferragliante groove da urlo: un brano solare e ritmatissimo, un riff di chitarra pazzesco, basso e batteria che rombano come una tempesta e il ritornello che si vorrebbe ascoltare altre mille volte.

Poi arriva "Current", un brano che inizia morbido su partiture folk blues crepuscolari per poi accendersi in un mid tempo blues/psych più cupo e lento. La voce di Agustsson è meravigliosamente evocativa, mentre in sottofondo un hammond brucia a lenta combustione e la band si prepara a una deriva jam finale che cavalca il brano a rotta di collo. Sette minuti di perfezione totale.

In realtà, ogni brano della scaletta ha motivi per essere ricordato, anche quando le cose si fanno più ovvie come "Give And Take", un rock blues pesantissimo, basso e batteria serrati: qui la goduria sta ancora una volta in un ritornello micidiale e in quel inaspettato controcanto che arriva improvviso, tocco di genio di un terzetto che possiede una consapevolezza incredibile.

L’inizio mesto di "Crossroads" introduce l’ennesimo episodio degno nota: la linea di basso è circolare e poderosa, mentre la struttura del brano pesca dal progressive, in un susseguirsi di rallenti e accelerazioni coagulate intorno alla voce salvifica del leader.

"Alone" è un martello rock che sfocia nel refrain più orecchiabile del disco, "Freedom" spinge sulla velocità grazie a un rapido e incisivo attacco di chitarra, mentre i riff esplodono uno dopo l’altro alimentati da una batteria indomita e un basso potentissimo, prima che Agustsson picchi dentro un assolo da impazzire. Pugni alzati, headbagging e pogo serrato sotto il palco: ragazzi, questo è rock all’ennesima potenza!

Il disco dura un’ora, ma non ci si stanca mai di ascoltare quest’orgia di chitarre elettriche e di musica suonata in grazia di Dio. E quando mancano quattro canzoni alla fine, si sente quella che Borges chiamava nostalgia del presente, il disco sta finendo, ma vorresti continuasse per sempre. 

"Riot" apre il gran finale con il suo hard rock ritmato e frenetico, il basso che tira come una mandria di cavalli allo stato brado e il ritornello che è puro fulmicotone, "Electrified" possiede un groove saltellante che rallenta improvviso per dar spazio a una melodia quasi pop, mentre "My Aurora" si gioca la carta del colpo di scena, aprendo l’ultimo portale con la sua texture country blues malinconica e dolcissima. Chiude "This Road", un heavy blues rock arrabbiato che spinge il disco in territori chiaramente settantiani, scartavetrati da un assolo di chitarra pazzesco.

Ora, che questo disco, come si suol dire, non inventi la ruota, e mostri impunemente le sue stigmate derivative (con i correttivi più sopra esplicitati), non ci vuole un genio a capirlo. Eppure i Vintage Caravan possiedono quelle doti qualitative che permettono loro di impossessarsi di un genere quasi come ne fossero gli inventori. Nei solchi di questo disco c’è l’essenza stessa del rock, in cui le varie declinazioni (metal, hard, bluesy e psych) convivono attraverso una passione e un entusiasmo che lasciano sbalorditi. Se poi a suonarlo ci sono tre autentici fuoriclasse, il cerchio si chiude e il godimento è assicurato. Non lasciatevelo scappare.

Voto: 9

Genere: Hard Rock, Rock

 


 

 

Blackswan, lunedì 27/10/2025

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