venerdì 4 aprile 2014

IL GIORNO DEL CANNIBALE





Oggi non scrivo, faccio festa ! E Perchè? Perchè è il sesto compleanno di Pensieri Cannibali, e da buon praticante di pensieri e cannibalismo,  mi prendo un giorno di ferie per rendere omaggio a una delle pagine più divertenti del mondo web. Se volete guardare il cinema da un'altra prospettiva e ammazzarvi dalle risate leggendo la prosa stralunata e geniale di Marco Goi, cliccate:



TANTI CARI AUGURI DI BLOGANNIVERSARIO E CENTO DI QUESTI GIORNI !!!!!

PS: per raggiungere la perfezione dovresti cominciare ad ascoltare anche un pò di buona di musica, invece delle solite ciofeche. Ma sei giovane e puoi migliorare :)

giovedì 3 aprile 2014

WILKO JOHNSON & ROGER DALTREY - GOING BACK HOME




Erano anni, quattro almeno, che Wilko Johnson (ex Dr.Feelgood) e Roger Daltrey (The Who) programmavano un disco insieme per rendere omaggio a quella scuola di british rhythm and blues, su cui entrambi avevano formato le rispettive carriere. Un progetto, questo, che è rimasto lettera morta fino a che le condizioni di salute di Johnson, a cui sono stati diagnosticati un cancro al pancreas e pochi mesi di vita, hanno indotto ad accelerare i tempi. Così, i due eroi di quei leggendari anni '70, si sono dati appuntamento allo Yellow Fish di Uckfield, un piccolo studio di registrazione situato nel cuore del Sussex, e a novembre dello scorso anno, in una sola settimana, l'album è stato registrato, coinvolgendo anche due membri della touring band di Johnson, il bassista Norman Watt-Roy e il batterista Dylan Howe, e un redivivo Mike Talbot (ex Style Council) alle tastiere. In scaletta, undici canzoni di esaltante rock 'n' roll pescate prevalentemente dal repertorio di Johnson, con estratti dal periodo di militanza nei Dr. Fellgood e nei Solid Senders o dai suoi album solisti degli anni '80. Uniche eccezioni, una ballata inedita scritta per l'occasione, Turned 21, e una cover davvero notevole di Can You Please Crawl Out Your Window di Bob Dylan. Il risultato è un superbo disco dal suono molto vintage, che fila via rapido e incisivo come la chitarra affilatissima di Wilko Johnson. Che, nonostante i serissimi problemi di salute, sembra davvero essere in perfetta forma come negli anni magici. Pochi assoli, tanta ritmica, un suono essenziale e preciso, sono caratteristiche che il grande Wilko porta impresse nel proprio dna musicale e che si adattano perfettamente a un repertorio che odora di pub e pinte di birra. Notevoli anche la martellante sezione ritmica e un Daltrey che sembra aver ritrovato lo smalto e gli spunti del fuoriclasse soprattutto grazie a un timbro mai così grave e black. Non si può ovviamente parlare di capolavoro dal momento che su questo genere di musica si è già detto tutto e che il repertorio è composto da canzoni già pubblicate, rivitalizzate per l'occasione da un'inaspettata seconda giovinezza. Ma di sicuro Going Back Home suona come un lavoro onesto e sincero, fresco e spumeggiante, trascinante come non se ne ascoltava da tempo. Un ultimo e doveroso appunto a margine della recensione. E' duro doverlo accettare, ma Wilko Johnson, salvo miracoli, fra pochi mesi non sarà più tra noi. Eppure, nonostante il fardello della malattia, l'uomo ha deciso di rinunciare a invasive terapie e calvari ospedalieri. Ha scelto, invece, di andarsene esattamente come ha vissuto, con la chitarra in mano, il rock 'n' roll nel cuore e un pugno di canzoni che fin dal primo ascolto suonano esattamente per quello che sono: compendio di storia, vademecum per giovani rocker, testamento spirituale. Chapeau!

VOTO: 8





Blackswan, giovedì 03/04/2014

SCHOOL OF ROCK: CREAM 2°PT.

martedì 1 aprile 2014

NASHVILLE PUSSY - UP THE DOSAGE




Ecco a voi i Nashville Pussy, uno dei gruppi più cafoni e irriverenti del pianeta. D'altra parte, basterebbe un nome così a far storcere il naso alle anime più gentili. Il fatto è che loro ce la mettono proprio tutto per apparire sgradevoli: schiocchi di fruste, rumore di bottiglie vuote che cadono e lo scalpiccio di stivali che camminano, nella più frusta iconografia western, spettacoli ai limiti della pornografia, testi machisti, razzisti e volgari oltre ogni limite di decenza, che il più delle volte inneggiano al sesso, alla droga e all'alcool. La musica proposta dal cantante e chitarrista Blaine Cartwright e dalla di lui moglie, la chitarrista Ruyter Suys (la line up è completata dal batterista Jeremy Thompson e dalla bassista Bonnie Buitrago), è ovviamente in linea con l'immagine che la band ha voluto dare di sè. Scordatevi, dunque, che ad allietarvi i timpani ci siano melodie celestiali, soundscapes nostalgici, arrangiamenti d'archi e paradisiaci controcanti. I Nashville Pussy picchiano di brutto e filano cento all'ora. Nelle loro corde ci sono l'hard rock, l'heavy metal, un pò di southern e qualche spruzzata di decibel punk, e suonano un pò come se i Motheread si facessero un paio di birre insieme agli ZZ Top. Siccome sono in circolazione dal 1998 (l'esordio portava il vergineo titolo di Let Them Eat Pussy), non è difficile intuire che all'inizio il gioco fruttava molto, almeno in termini di divertimento e sorpresa. Oggi, invece, a distanza di una quindicina d'anni dal primo album, Blaine Cartwright sembra aver sparato le cartucce migliori e la ripetitività fa pericolosamente capolino a ogni canzone. Nulla che non si possa ascoltare con il desiderio estemporaneo di darci dentro a colpi di air guitar, ma nulla che duri di più del piacere effimero di un paio di ascolti.

VOTO: 6





Blackswan, martedì 01/04/2014