giovedì 30 maggio 2024

Daniele Pasquini - Selvaggio Ovest (NN Editore, 2024)

 


 

Alla fine dell’800 l’Italia è da poco un unico stato, ma nelle campagne non è cambiato nulla o quasi: i butteri della Maremma, i mandriani a cavallo, badano come sempre al bestiame e si guardano dai briganti che infestano la zona. Penna, un buttero capace e taciturno, insieme a suo figlio Donato ha appena fatto arrestare Occhionero, uno dei fuorilegge più spietati. Nel frattempo, la giovanissima Gilda, figlia di un carbonaio, medita vendetta contro i complici di Occhionero, colpevoli di averle usato violenza; quando il brigante prepara la fuga dalla caserma, presidiata dal vanesio Orsolini, arriva in Italia il Wild West Show, il grandioso spettacolo di Buffalo Bill, che insieme a pistoleri e capi indiani gira il mondo in cerca di guadagni e di fama. E mentre lo Show si sposta a Firenze, un furto di cavalli intreccia le vite dei protagonisti, innescando la catena di eventi che condurrà fino al drammatico scontro finale. "Selvaggio Ovest" è allo stesso tempo un romanzo d’avventura, un romanzo corale, un arazzo dove le piccole vite spiccano vivide e indimenticabili sul grande intreccio della Storia.

 

Fine ‘800, Maremma. Terra aspra e pericolosa, terra di butteri, carbonai e briganti, di paludi e acquitrini, un luogo antico, dove la malaria miete vittime tanto quanto la povertà, dove le storie si tramandano di padre in figlio davanti al focolare domestico o in fumose osterie, dove la vita è duro lavoro, dall’alba al tramonto, sudore e mani callose, dove il susseguirsi delle stagioni non è solo un mero dato climatico, ma porta con sé presagi di morte.

Daniele Pasquini conduce il lettore in questo territorio selvaggio, ove si intrecciano i destini dei mandriani Penna e del di lui figlio Donato, della piccola Gilda, del feroce bandito Occhionero (che ricorda la figura di Domenico Tiburzi, detto “il domenichino”) e del vanaglorioso carabiniere Orsolini, mentre sullo sfondo si staglia la controversa figura di Buffalo Bill, che ai tempi portò in Italia il suo spettacolo itinerante, chiamato Wild West Show. 

E’ questo il contesto in cui si dipana l’epica del romanzo d’avventura, in cui l’immaginario western e i racconti di frontiera vengono catapultati nello scenario di territori selvaggi e ostili, ancor più dell’evocato far west, in cui la lotta per la sopravvivenza, uomo contro uomo, uomo contro la natura avversa, diviene l’abbrivio per una narrazione potente, cruda e al contempo poetica, in cui violenza e pietas, onore e vergogna, si fondono in una matassa tanto vivida quanto inestricabile. 

Non mancano i colpi di scena, gli inseguimenti e le sparatorie, che fanno di Selvaggio Ovest un romanzo vibrante, che evoca la suggestioni di certi romanzi d’avventura e di formazione letti durante l’adolescenza. Il merito dell’autore toscano, tuttavia, non si limita certo a questo solo aspetto.

E’ soprattutto l’immersione nel contesto storico a carpire l’attenzione del lettore, che si troverà a esplorare un’Italia antica e una cultura agreste di cui forse si conosce ancora troppo poco, e che avrà la possibilità di guardare da vicino il colonnello William F. Cody, figura emblematica di un periodo di storia americana, qui tratteggiato come persona ambigua, ben lontana dagli stereotipi iconografici a cui siamo abituati.

La prosa di Pasquini resta impressa per la sua efficacia e versatilità, cruda e diretta quando la violenza esplode nei suoi esiti esiziale, classicissima, ma mai paludata, nelle splendide descrizioni naturali, lirica nei momenti cruciali, in cui il tormento emerge dallo sguardo di personaggi, raccontati con una profondità psicologica, intensa e sfaccettata. Un romanzo superbo, il cui ampio respiro sovrappone la storia alla Storia, emoziona e incuriosisce, dando lustro alla recente letteratura nostrana, non sempre in grado di raggiungere vette di questo eccelso livello.

 

Blackswan, giovedì 30/05/2024

 

martedì 28 maggio 2024

Nutshell - Alice In Chains (Columbia, 1994)

 

 


Quando nel 2013, la rivista Rolling Stone chiese ai suoi lettori di votare le dieci canzoni più tristi di tutti i tempi, Nutshell degli Alice In Chains si piazzò al nono posto, in una virtuale classifica del dolore, vinta poi da Tears In Heaven di Eric Clapton.

Nutshell (letteralmente: guscio di noce) è Layne Staley, è il suo mondo interiore, il suo spaesamento, la sua sofferenza, quel suo dramma esistenziale, che otto anni dopo lo porterà alla morte.

Dopo aver completato l'album Jar Of Flies, pubblicato il 25 gennaio del 1994 e da molti considerato il capolavoro della band di Seattle, Staley, infatti, entrò in riabilitazione per quella feroce dipendenza da eroina che gli aveva minato il fisico e l’anima. Una dipendenza contro la quale stava combattendo ad armi impari proprio durante la registrazione di Nutshell (seconda traccia dell’EP), le cui liriche, in tal senso, raggrumano una disperazione che lascia senza parole.

 

Inseguiamo bugie stampate male

Affrontiamo il percorso del tempo

Eppure combatto, eppure combatto

Questa battaglia da solo

Nessuno con cui piangere

Nessun posto da chiamare casa

 

Cinque versi che racchiudono ciò che il cuore di Staley provava: dolore, solitudine e, soprattutto, la consapevolezza della sconfitta, nonostante la lotta inane per uscire dal tunnel, per tornare pulito, per riappropriarsi di una vita che lentamente lo stava per abbandonare.

C'è di più nella canzone, però, oltre alla lotta contro l'eroina. In Nutshell, Staley si sofferma anche sulla sua incapacità di vivere e rielaborare il successo, sulle conseguenze di quella fama, tanto inaspettata, che gli impediva di essere veramente sé stesso, che lo esponeva agli altri, lasciandolo nudo e indifeso ("inseguiamo bugie stampate male"). Un male di vivere che gli rendeva ostile il mondo che lo circondava e quella vita moderna che non riusciva proprio a capire e ad accettare.

 

Il mio dono di sé è violentato

La mia privacy è messa al bando

Eppure trovo, eppure trovo

Ripetendo nella mia testa

Se non posso essere me stesso

Mi sentirei meglio morto

 

Una posizione questa non certo sorprendente. Il movimento grunge, infatti, fu in gran parte una reazione agli anni '80, visti come un decennio di conformismo, corporativismo senz'anima e musica stereotipata.  Lo spirito della gioventù degli anni '90 era il rifiuto di sottomettersi alla "macchina", non tanto in senso politico, quanto, semmai, personale e spirituale. Staley lo incarnava perfettamente ("se non posso essere me stesso, mi sentirei meglio morto"), era quello che sentiva, ma, in senso più ampio, il suo rifiuto della società era anche lo zeitgeist del grunge.

Nutshell non è mai stata pubblicata come singolo, ma ha un significato speciale tra i fan e i membri superstiti della band. Il bassista Mike Inez, ad esempio, ha sempre sostenuto che è la canzone che gli fa pensare a Staley più di ogni altra, e ancora oggi quando gli AIC la eseguono dal vivo, viene loro spontaneo dedicarla a Staley e al bassista Mike Starr, anch'egli deceduto a causa della dipendenza dall'eroina (morì l’8 marzo del 2011).

Gli Alice in Chains aprirono il loro spettacolo MTV Unplugged del 10 aprile 1996 proprio con Nutshell, e quella registrazione, confluita su vinile qualche mese dopo, è rimasta nella leggenda. Un live act emozionante, perché era la prima volta che la band suonava insieme da più di due anni a causa della lunga battaglia del cantante contro la dipendenza dall'eroina, e perchè Staley, nonostante le afasie e gli errori, diede vita a una delle performance vocali più strazianti e intense della sua carriera.

 


 

 Blackswan, martedì 28/05/2024

lunedì 27 maggio 2024

Vampire Weekend - Only God Was Above Us (Columbia, 2024)

 


L’omonimo esordio datato 2008 e il successivo Contra (2010) attirarono sui newyorkesi Vampire Weekend un turbinoso polverone mediatico e il plauso di critica e pubblico, che vedevano in quelle, apparentemente innocue canzonette, l’essenza di un suono indie caratterizzato da un surplus di freschezza e da idee melodiche da capogiro.

La band, in seguito, si è mantenuta su livelli ottimi (dischi d’oro, Grammy, posizioni alte in classifica), ma quell’uno due da ko ha creato continue aspettative ed è anche stato il pungolo per uscire dalla fruttuosa comfort zone. Non è quindi un caso che il pop sbarazzino dei primi due album e l’immagine di vivaci universitari laureatisi con una tesi su Graceland di Paul Simon siano ornai quasi un retaggio del passato, un ricordo di una band che si è evoluta e che oggi possiede caratteristiche molto diverse.  

Only God Was Above Us, il loro primo album in quasi cinque anni e il secondo nell'ultimo decennio, vede, infatti, i Vampire Weekend riadattare il proprio pedigree musicale per creare un suono più vario e ancora più eclettico. Un suono che oggi è un'insolita fusione di grandeur barocca, pop zuccherino e una certa urgenza punk, mai esibita in modo diretto, ma fremente semmai sottotraccia.

Ad ascoltare l’iniziale "Ice Cream Piano", cartina di tornasole per quello che seguirà, tutto questo è immediatamente chiaro: un quartetto d'archi suona come contrappunto a una chitarra stridente e comicamente distorta, tra arrangiamenti bizzarri e una melodia cristallina. Una canzone che suona ancora famigliare, e che ci fa capire che questi sono i Vampire Weekend.

Eppure, qualcosa è decisamente cambiato: la band è diventata sempre più la creatura del cantautore-chitarrista Ezra Koenig (soprattutto da quando il cofondatore Rostam Batmanglij se n'è andato nel 2016), e le canzoni sono tutte costruite attorno alle sue melodie appiccicose e di facile presa e alla sua voce ingannevolmente lamentosa. Anche il contesto è cambiato. Laddove il precedente Father of the Bride (2018) si estendeva su 18 brani per circa un'ora di durata, Only God Was Above Us è più breve (solo dieci canzoni) e più serrato.

La collaborazione tra Koenig e il suo coproduttore Ariel Rechtshaid (Haim, Adele, Solange, Madonna, Charli XCX), che si è sviluppata negli ultimi tre album della band, ha prodotto evidenti cambiamenti in termini di complessità espositiva e sofisticatezza, e quel mood sbarazzino degli esordi, che ha fatto un paio di apparizioni in Father of the Bride, qui non si trova da nessuna parte. Inoltre, se le canzoni di quell’album erano in gran parte basate sulla chitarra, sembra che Koenig abbia trascorso gran parte della pandemia ad affinare il suo modo di suonare il pianoforte, strumento che appare predominante in molti brani di questo nuovo lavoro.

Only God Was Above Us è in definitiva un disco dei Vampire Weekend diventati adulti: è divertente, vario, bizzarro, tracima di euforia e idee melodiche di ampio respiro, ma è al contempo più ragionato, più elegante e limato con intelligenza e certosina pazienza. L’ascolto ripetuto fa emergere sempre nuovi particolari goduriosi, ed è come muoversi in un giardino botanico che, a ogni angolo, riserva continue sorprese: colori accessi, forme inaspettate e seducenti profumi (la sezione fiati in "Surfer", i cori inquietanti di "Mary Boone", le orchestrazioni della conclusiva "Hope").

Ciò che, però, soprattutto, conta in questo bellissimo spettacolo sono il raffinato senso della melodia e la voce distintiva e versatile di Koenig, uno che conosce la sua arte e ama il suo mestiere, e sa perfettamente quando lasciare sospesa una linea e quando abbellirla con un'armonia o un controcanto giocoso. E se a volte tutto sembra un po’ troppo intelligente e sofisticato, poco importa: basta lasciarsi andare all’ascolto usando il cuore e non la testa. Vi divertirete.

Voto: 7,5

Genere: Indie Pop, Indie Rock 




Blackswan, lunedì 27/05/2024

giovedì 23 maggio 2024

Joel Dicker - Un Animale Selvaggio (La Nave Di Teseo, 2024)

 


2 luglio 2022, due ladri rapinano una importante gioielleria di Ginevra. Ma questo non sarà un colpo come tutti gli altri. Venti giorni prima, in un elegante sobborgo sulle rive del lago, Sophie Braun sta per festeggiare il suo quarantesimo compleanno. La vita le sorride, abita con il marito Arpad e i due figli in una magnifica villa al limitare del bosco. Sono entrambi ricchi, belli, felici. Ma il loro mondo idilliaco all’improvviso s’incrina. I segreti che custodiscono cominciano a essere troppi perché possano restare nascosti per sempre. Il loro vicino, un poliziotto sposato dalla reputazione impeccabile, è ossessionato da quella coppia perfetta e da quella donna conturbante. La osserva, la ammira, la spia in ogni momento dell’intimità. Nel giorno del compleanno di Sophie, un uomo misterioso si presenta con un regalo che sconvolgerà la sua vita dorata. I fili che intrappolano queste vite portano lontano nel tempo, lontano da Ginevra e dalla villa elegante dei Braun, in un passato che insegue il presente e che Sophie e Arpad dovranno affrontare per risolvere un intrigo diabolico, dal quale nessuno uscirà indenne. Nemmeno il lettore.

Ormai, parlare di caso editoriale a ogni uscita di un romanzo di Joel Dicker, è quanto mai riduttivo. Nonostante il nuovo corso, inaugurato con Il Caso Alaska Sanders, romanzo a partire dal quale lo scrittore svizzero è diventato editore di sé stesso, Dicker è una vera e proprio macchina da guerra, vende milioni di copie in tutto il mondo e i suoi lavori sono attesi con trepidazione da schiere di fan adoranti.

Per un semplice, quanto evidente motivo: è dannatamente mainstream. La sua prosa è accessibile a tutti, non si perde in descrizioni paesaggistiche e non indugia mai nella descrizione psicologica dei personaggi, che si perdono nell’oblio appena chiusa l’ultima pagina di un suo romanzo. Una scrittura che procede sempre in orizzontale, nella quale non c’è spazio per il ragionamento e la riflessione, e tutto è diretto, immediato, immediatamente assimilabile. In Dicker, ciò che conta davvero, è l’azione, l’hic et nunc del colpo di scena, l’intreccio narrativo a incastro, questo sì, complesso, almeno fino a quando tutti i nodi vengono al pettine.

Un Animale Selvaggio ne è l’ennesima conferma: i fatti si affastellano uno sull’altro, in un continuo alternarsi tra presente e passato, per produrre un accumulo di tensione e insufflare adrenalina nel lettore fino alle ultime pagine, in cui, altro merito dello scrittore, nulla è come si poteva prevedere nel corso della lettura.

Anche se vette come La Verità Sul Caso Harry Quebert non sono mai più state raggiunte (per quanto Alaska Sanders ci fosse andato molto vicino), Dicker continua ad affascinare i propri lettori con uno stile, piaccia o meno, ben definito e immediatamente riconoscibile, e con quell’innato talento che gli permette di costruire thriller palpitanti, che hanno l’indubbio merito di divertire con leggerezza e, nello specifico, anche un filo di prurigine.

Se cercate in un romanzo qualcosa di più di questo, è meglio passare oltre, perché qui non troverete nulla che si avvicini a quella che siamo soliti definire “alta” letteratura. Se, invece, il vostro obbiettivo è quello di passare qualche ora di piacevole svago, muovendovi tra la Costa Azzurra e Ginevra, Un Animale Selvaggio non vi deluderà. Perché Dicker, pur con tutti i suoi limiti, sa tenere in pugno il lettore con facilità disarmante. In questo, vi assicuro, è un vero maestro.

 

Blackswan, giovedì 23/05/2024

martedì 21 maggio 2024

Linger - The Cranberries (Island, 1993)

 


Settima traccia dall’album di debutto Everybody Else Is Doing It, So Why Can't We?, e secondo singolo pubblicato, Linger è una delle canzoni più famose del repertorio dei Cranberries e anche una delle più amate dai fan.

Il brano fu composto dal chitarrista Noel Hogan, prima che Dolores O'Riordan si unisse alla band. In origine, le liriche della canzone furono scritte dal primo cantante del gruppo, un ragazzo di nome Niall Quinn. Quando, dopo l’uscita dalla line up di quest’ultimo, la O'Riordan fece il provino per la band, e quindi venne assunta, trasformò Linger in una struggente canzone d’amore, traboccante di rimpianto.

Il testo, infatti, si ispira al primo amore della cantante, un giovane soldato che la maltrattava e la tradiva, ma dal quale non riusciva a separarsi. In tal senso, i primi versi della canzone sono espliciti e non ammettono fraintendimenti: “…Ma è soltanto il tuo comportamento, Mi lacera a pezzi, Sta rovinando ogni giorno. E giurai, giurai che sarei stata fedele…Allora perchè stavi tenendo la sua mano? É questo il modo in cui stiamo? Stavi mentendo per tutto il tempo? Era soltanto un gioco per te?”. Ciò su cui la O’Riordan voleva focalizzarsi era il tempo dell’innocenza, delle prime tragedie amorose, di quelle infatuazioni che prendono le sembianze di amori eterni e, invece, sono effimere e finiscono per sciogliersi come neve al sole, lasciando nel cuore un vuoto che sembra non possa mai essere riempito.

I Cranberries registrarono la prima versione di questa canzone nel 1990, nello studio del loro manager a Limerick, in Irlanda. Era una delle tre canzoni incluse in una demo distribuita ai negozi di dischi locali, che arrivò poi a varie case discografiche, tra cui la Island Records, che mise sotto contratto la band, pubblicando, l’anno successivo un EP dal titolo Uncertain.

Linger non venne però inserita nella scaletta dell'EP, in quanto la band, di concerto con l’etichetta, era convinta dell’alto potenziale del brano e lo voleva “spendere” solo quando avessero costruito una base di fan più ampia. La strategia funzionò: la canzone venne inclusa nel loro album d’esordio, il citato Everybody Else Is Doing It, So Why Can't We?, e pubblicata come secondo singolo nel Regno Unito (dopo Dreams), scalando le classifiche fino alla posizione 74, raggiunta nel febbraio 1993. Quando la band, l’estate di quello stesso anno, andò in tourneè negli Stati Uniti come spalla ai The The, Linger cominciò a prendere piede nelle stazioni radio americane, il video passò su MTV, e il brano, pubblicato come singolo, il 12 febbraio del 1994, raggiunse la piazza numero 8 delle chart statunitensi, e di seguito, fu ristampato anche nel Regno Unito, dove balzò al quattordicesimo posto.

Anni dopo, nel 2006, Dolores O'Riordan cantò questa canzone nel film Cambia La Tua Vita Con Un Click, una commediola romantica diretta da Frank Coraci e interpretata e prodotta da Adam Sandler. Nel film, il personaggio di Sandler possiede un telecomando che può riportarlo indietro nel tempo. Quando sua moglie ricorda il loro primo bacio, gli chiede se ricorda anche la canzone che stava suonando in quel preciso momento. Sandler usa il telecomando, torna indietro nel tempo, e scopre che la canzone era Linger. L'apparizione nel film non fu facile da affrontare per la O'Riordan, che, alla fine degli anni ’90, ebbe un esiziale crollo nervoso, che la allontanò dalle scene per un lungo periodo, in cui si dedicò a crescere i suoi tre figli e a riprendersi emotivamente dai travagli dovuti alla celebrità. Tuttavia, fu anche l’abbrivio per la sua seconda parte di carriera, visto che dopo essere comparsa nella pellicola, decise di completare alcune canzoni che aveva composto, e che confluirono nel suo primo album da solista, Are You Listening?, pubblicato il 4 maggio del 2007. 




Blackswan, martedì 21/05/2024