martedì 14 marzo 2017

ALISON KRAUSS – WINDY CITY (Capitol/Universal, 2017)



Ecco una legge non scritta ma indefettibile: prima o poi, nella carriera di un artista, l’album di cover arriva. Per Allison Krauss, se si tiene conto anche del pluripremiato Rising Sand, pubblicato in condominio con Robert Plant nel 2007, Windy City è il secondo. Personalmente, amo molto gli album in cui vengono reinterpretati i brani altrui, anche se spesso la delusione è dietro l’angolo, sia per la scelta dei brani sia per la carenza di quel coraggio che traforma una canzone nota in qualcosa di nuovo. La Krauss, navigata da oltre trent’anni di carriera, getta il cuore oltre l’ostacolo, scarta ogni banalità e si confronta con un repertorio che esce dagli steccati dell’ovvio, recuperando un pugno di canzoni praticamente sconosciute, nascoste nelle pieghe della storia del country e riesumate (o resuscitate) con attenzione filologica e grande emozione. Per condurre il porto il progetto, Alison si è avvalsa del contributo decisivo di uno dei guru del roots a stelle e strisce, e cioè il mitico Buddy Cannon, in grado di esibire un curriculum di collaborazioni di nobilissimo lignaggio, che vanno da Willy Nelson a Merle Haggard, da Dolly Parton a George Jones e Loretta Lynn. La mano di Cannon è stata fondamentale per togliere la polvere e lucidare brani che probabilmente solo gli ortodossi appassionati di country conoscevano, restituendo così a un pubblico più ampio canzoni risalenti prevalentemente agli anni ’50 e’60. In scaletta, infatti, compaiono Gentle Of My Mind (la più nota del lotto), scritta da John Hartford nel 1967 e portata poi al successo da Glen Campbell, Poison Love di Bill Monroe, b-side di On The Old Kentucky Shore, singolo datato 1951, You Don’t Know Me, resa celebre da Eddy Arnold nel 1955, la favolosa Losing You, presa dal repertorio di Brenda Lee, I Never Cared For You, singolo di Willie Nelson datato 1964. Il grande lavoro di produzione di Cannon, spoglia di ogni grisaglia questi brani antichi, che tornano nuovamente a illuminarsi grazie ad arrangiamenti raffinati e originali (ascoltate i fiati in It’s Goodbye And So Long For You degli Osborne Brothers). Il resto ce lo mette Alison, con la sua voce duttile e intensa, il rispetto della tradizione e l’innata capacità di creare pathos, come nelle citate You Don’t Know Me e Losing You, due canzoni che fanno vibrare tutte le corde dell’anima. Un disco riuscito, elegante ma non calligrafico nelle trasposizioni, e cantato magnificamente da un’artista che si conferma una stella di prima grandezza del country al femminile.

VOTO: 7





Blackswan, martedì 14/03/2017

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