martedì 8 marzo 2011

QUANDO NON E' PIU' VITA

Ritorna oggi in aula,e vi rimarrà per parecchio tempo, la discussione sulla legge che riguarda il testamento biologico.Il testo di legge, già uscito dal Senato,prevede che le dichiarazioni rilasciate dai pazienti non siano più vincolanti e che tutti vengano idratati e alimentati anche se la volontà espressa in precedenza non lo contemplava.Si vuole pertanto rendere obbligatorio per tutti il cosidetto accanimento terapeutico,a prescindere dalla scelta espressa dal singolo.Non è semplice affrontare un argomento di questa portata,da cui scaturiscono complesse implicazioni sia giuridiche che etiche.Soprattutto,non è mia intenzione entrare nel merito di una questione tanto delicata da potersi ricondurre esclusivamente alla sfera privata ove risiedono le decisioni più intime di ogni individuo.Ciò di cui sono certo però  è la necessità di una legge che regoli seriamente questa fattispecie che nel nostro paese ( così come nel mondo ) interessa migliaia di persone, e potenzialmente potrebbe riguardare ciascuno di noi.Il governo,che per stare a galla paga continue gabelle al Vaticano,in un escalation di ipocrisia che fa rabbrividire,sta cercando di far passare una legge liberticida,volta alla tutela assoluta del bene vita, a detrimento della volontà del singolo individuo di come poterne disporre al verificarsi di determinate circostanze.La matrice cattolica è palese: l'intenzione del legislatore è di intraprendere per l'ennesiva volta la strada del divieto a prescindere,da secoli perseguita con accanimento dalla Chiesa.Occorre uniformarsi sempre e comunque alla morale cattolica,con buona pace di chi ha una visione laica dei valori e della vita.Non esiste tolleranza,ma solo cieca obbedienza ad un dictat.In Italia funziona così: c'è uno scambio continuo di prebende fra due istituzioni ormai in declino ( non dal punto di vista economico,certo, ma dei contenuti ) che si spalleggiano a vicenda per necessità.Ratzinger tace sugli abissi postribolari del premier e questo restituisce favori sugli argomenti cari al Vaticano,e cioè scuola privata,famiglia e tutela della vita.Ma si sa,l'attenzione della Chiesa al valore dell'esistenza umana è spesso ondivago e assai contraddittorio.Se da un lato,il Vaticano ha intrapreso grandi battaglie e lanciato anatemi contro l'aborto,i metodi anticoncezionali e l'eutanasia ( tutte questioni che,a ben vedere,non riguardano la pienezza della vita,ma solo il suo principio e la sua fine), dall'altro,per converso, ha dato appoggio incondizionato alle più feroci e sanguinarie dittature ( Franco,Pinochet,Salazar,Videla,etc.etc ),si è disinteressato completamente allo sterminio di sei milioni di ebrei ( che Papa Pio XII fingeva di non vedere ),ha contribuito all'ecatombe africana causata dall'Aids (grazie ad una medioevale resistenza nella divulgazione del preservativo),e da ultimo ha voluto darsi definitivo lustro con l'orripilante scandalo delle molestie pedofile.Nonostante queste infinite contraddizioni,ancora una volta l'ipocrisia cattolica deciderà,secondo loro coscienza, cosa sia giusto o sbagliato per tutti.Violando,tramite l'artificio capzioso della volontà popolare ( presuntivamente ) espressa dal Parlamento,il diritto ineludibile alla libertà di autodeterminazione di ogni essere umano.E' davvero difficile esprimere un'opinione compiuta in merito a tragedie come quella vissuta da Eluana Englaro,al dolore che accompagna queste tragedie,all'odissea dei familiari e alla speranza che spesso li ha rinfrancati fino all'ultimo istante.Ma ognuno di noi,in cuor suo,sa chiaramente fin da ora dove vorrebbe che si spingesse la propria vita,conosce istintivamente quel confine che non vorrebbe fosse mai superato.E' una questione privata,da noi sviscerata spesso come ipotesi remota ma possibile, e che riguarda esclusivamente la nostra volontà,la nostra percezione della vita,la cui pienezza non può essere sottoposta ad un metro di giudizio oggettivo.Decidiamo noi,non la Chiesa,nè lo Stato.A quest'ultimo deve essere solo demandato il compito di cristallizzare quei principi giuridici che consentano all'individuo un passo estremo,nel rispetto della dignità e della scelta fatta.Un passo estremo,sia ben inteso, che non è eutanasia nè suicidio.Ma la possibilità di decidere che quando non è più vita sia almeno morte.E' un nostro diritto.
Blackswan,martedì 08/03/2011

2 commenti:

Ezzelino da Romano ha detto...

Mah, caro cigno nero, non so che dire.
Non è un tema su cui si possano avere certezze.
Sottoscrivo ovviamente alla lettera le tue osservazioni sulla difficoltà di convivere con chi crede di possedere una verità rivelata.
E' chiaro che se c'è gente convinta di avere la risposta giusta perchè gliela ha data dio, diventa difficile persuaderli a lasciare che gli altri vivano e muoiano diversamente.
Ma c'è il rischio che una legge sull'argomento sia pericolosa qualunque cosa dica.
Tanto che in questi giorni ho letto più di una opinione, laica come di fede, di destra come di sinistra, secondo cui sarebbe meglio non legiferare affatto e lasciare che queste cose continuino a svolgersi nella penombra e nel silenzio delle stanze d'ospedale, come da sempre accade e come sempre accadrà.
Il mio parere, da non credente, è che la vita sia nostra e che quindi stia a noi decidere se e quando porvi termine.
Il problema si pone quando la persona non può più manifestare alcuna volontà.
Che fare?
Se fossi un medico, credo che pietosamente di tanto in tanto chiuderei qualche rubinetto dell'ossigeno o della flebo e lascerei che le persone vadano dove devono andare.
Ma la assumerei comunque come responsabilità mia, e così come non mi curerei di una legge che me lo vieta, in ugual misura non mi sentirei sollevato da una legge che me lo permette.
Da congiunto di un morente, posso dire che quando è stato il turno di mio padre (morto di cancro a 72 anni in una famiglia dove minimo si arriva a 85, porca troia) i medici della Vidas, eccezionali, mi hanno proposto di sospendere l'idratazione per farlo consumare prima ed abbreviare così l'agonia.
Ho detto subito di sì e sul punto mi sono scazzato pesante con i miei parenti che mi accusavano di avere deciso senza consultare nessuno.
Per un po' li ho lasciati dire, poi mi sono stufato e ho buttato mio zio fuori di casa.
Non metaforicamente, ma proprio con arrivo planato sul pianerottolo.
Ma è per dire che sono comunque decisioni individuali.
Le prendiamo noi, con la nostra coscienza, ed è la nostra faccia che poi dobbiamo guardare nello specchio alla sera, legge o non legge.

Ezzelino da Romano

Blackswan ha detto...

Io penso invece che oltre alla nostra coscienza,a cui è demandato il compito di gravi decisioni verso sè stessi e gli altri,occorrano norme atte a consentire che questa decisione possa essere portata a compimento alla luce del sole.Lo specchio che ci guarda alla sera,ci sputerà in faccia o meno,a prescindere dalla legge.E' vero.Ma è altrettanto vero che il conforto delle istituzioni e una linea normativa che guidi certi passi,possa rendere ineludibile ciò che se no è rimesso esclusivamente alla pietas dei sanitari.Non c'è alcuna verità in quello che scrivo e davvero non vorrei ferire la sensibilità di nessuno,soprattutto di chi ha avuto la sfortuna di vivere la disperazione di certi attimi.Mi chiedo solo perchè in questo paese non possano mai essere riconosciuti dei diritti che non devono essere prescindibili in un consesso civile e progredito.