Il
ritorno sulle scene dei Black Sabbath è uno di quegli eventi che potremmo
definire, con una parola oggi molto in voga, divisivo. Ci saranno infatti
quelli che, a prescindere, parleranno di operazione commerciale, di vecchi
dinosauri con problemi di incontinenza e deambulazione, di musica patetica e
rilasciata fuori tempo massimo. E ci saranno coloro che, per converso,
acquisteranno il disco felicissimi di avere fra le mani l’ennesimo, il
tredicesimo, disco di una band che ha segnato la storia del rock, inventando un
genere da cui in tantissimi, nel corso di quarant’anni, hanno tratto
ispirazione artistica e conseguente successo. Detrattori e fans, basta
affacciarsi per un attimo nel web, se le danno di santa ragione, argomentando i pro e i
contro, con un livore che francamente non mi pare giustificato. Basterebbe infatti
ascoltare il disco per rendersi conto, lo dico soprattutto per i detrattori
dalle orecchie alternative, che 13 è un buon disco, e lo è in assoluto, anche
se dei Black Sabbath non vi è mai fregata un’emerita ceppa. Loro sono anziani, è
vero, loro rifanno esattamente quello che hanno sempre fatto, è vero anche
questo, e il disco, viste le condizioni di salute di Iommi, resterà con molta
probabilità l’estemporaneo ritorno (senza seguiti) di tre veterani acciaccati
da tanto perigliare, ma in un certo senso ancora ironicamente indomiti. Che i
tre abbiano voglia di fare, di rispolverare l’antica gloria, lo si sente da
subito, fin dal primo pezzo, intitolato, forse con un pizzico di preveggenza,
End Of The Beginning. E stupisce davvero riascoltare quei suoni gagliardi che ci
eravamo scordati ormai da qualche decennio. D’altra parte, il Viagra di questi
cazzutissimi signori della notte si chiama Rick Rubin, un signore barbuto che di mestiere vive
dietro la consolle per resuscitare carriere terminali e morti viventi. Di Rubin
si potrà dire tutto il peggio possibile, a volte anche centrando il bersaglio,
dal momento che l’uomo, quando ci mette mano, lo fa pesantemente, dettando legge senza il
minimo scrupolo. Però è indubitabile che uno come Rubin riesca sempre laddove altri
fallirebbero. Così 13 restituisce alle nostre orecchie quel fascino notturno e
demoniaco che ci eravamo dimenticati, grazie a una produzione certo invasiva,
ma eccellente nel disegnare le atmosfere claustrofobiche entro le quali i
nostri eroi si muovono con la stessa
scioltezza con cui noi ci aggiriamo fra le pareti domestiche. Ozzy, peraltro, sembra
aver ripreso un piglio che recenti prove canore (mi viene da pensare subito
alla collaborazione con Slash) ci testimoniavano irrimediabilmente perduto (ascoltatelo
in Damaged Soul e godete), mentre Butler e Iommi stanno sul pezzo come ai bei
vecchi tempi (e sentire Iommi che riffa ai margini dell’abisso, nonostante quel
po’ po’ di malanno che si è beccato, è addirittura commovente). Otto canzoni
(alcune notevoli davvero come Loner e Dear Father) che ripropongono un doom-metal dal sapore antico ma non
frusto, e anzi incredibilmente credibile e malevolmente sulfureo. Un sabba di
streghe, probabilmente l’ultimo, che si chiude con lo scrosciare di un
temporale e il rintocco di una campana a morto. Tutto ciò, insomma, che ci si
doveva attendere da un disco dei Black Sabbath, né più né meno. Vecchi ?
Indubbiamente. Eppure ancora in grado di mettere in riga giovani eredi senz’anima
e starlet dell’indierock. Bentornati all’inferno e in culo ai detrattori.
VOTO
: 7,5
Blackswan, martedì 09/07/2013
13 commenti:
Seppure sia sempre un po' scettica riguardo i ritorni (ma vogliamo lasciare spazio ai giovani, porcaccia miseria?) la voce, la chitarra fin troppo distorta, la batteria che pare quasi perdere un colpo, per farlo perdere anche al tuo cuore... mi ricorda quando appena diciottenne andavo a fumare davanti ad una chiesetta diroccata in collina, accompagnata da Black Sabbath.
Ero scettica ma tocca anche ricredersi, di tanto in tanto.
ma per carità...
Continuo ad amarli ma il Vol. 4 per me è insuperabile.
@ The Mist : Giovani o anzziani, ciò che conta è la musica. Quindi megli i Sabbath col cinto erniario che giovani tutta plastica e appeal esteriore.
@ Marco : appunto...
@ UIFPW08 :hai detto niente ! Diciamo che fino a Sabotage hanno sfornato un bel filotto di capolavori.
Bellissimo post.
E concordo parola per parola.
Sono all'ascolto compulsivo per oggi - dopo aver massacrato il meraviglioso singolo mesi fa - e direi che ce ne fossero di "album da vecchi" come questo! Son sempre stata fedelissima ai Black Sabbath, soprattutto ai tempi del grandioso Ronnie James. Ma Ozzy and Co. non mi hanno mai deluso.
Ne sto leggendo molto bene, in giro.
Mi sa tanto che sarà il mio prossimo acquisto.
Grandi Sabbath!
Dopo circa un mese d'ascolto posso
aggiungere che l'album tiene bene
anche alla distanza.
Per me thumb up senza esitazioni!
god is dead mi piaceva, non ho ancora ascoltato l'album per intero ma lo farò presto, con ottimismo ed oggettività
@ Harley : anche io non riesco a smettere di ascoltarlo. Se tutti "i vecchi" suonassero così, saremmo a cavallo :)
@ Mr James Ford : e sono sicuro che non te ne pentirai.
@ Monty : al momento sono a una decina di ascolti e la voglia di rimetterlo nel lettore rimane sempre tanta. Pollice su,allora !
@ Euterpe : sono certo, se ormai un pò conosco i tuoi gusti, che non ne resterai affatto deluso :)
La cosa che odio di più nelle critiche musicali o artistiche è definire"vecchi" certi protagonisti dello star system. Anche perchè il limite del vecchio è molto soggettivo...
Per molti i sessant'anni sono già paleozoici per alri i quaranta sono da pensionamento e così via...
Certo perso l'antico splendore e la patina esterna , qualcosa con il tempo si opacizza, ma la durata di molti gruppi del "passato" non regge con il tempo delle nuove leve, purtroppo e con mio sommo dispiacere!
Vecchietti di tutto il mondo ..unitevi!
Bacio , caro Black::))
@ Nella : eppure, nello specifico i vecchietti hanno dato la palta a molti, moltissimi giovani :) smack !
Apprezzo! In questo caso con cognizione di causa.
@ Adri : grandissimo !:)
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