Sembra strano agli
occhi di un occidentale, abituato magari a frequentare i convenzionali circuiti
mainstream, immaginare che dal Malì arrivi così tanta musica rock e di così alta qualità. Eppure, nel
giro di pochi anni, il territorio sub sahariano ha prodotto alcuni dei dischi
più interessanti e fascinosi degli ultimi tempi. Se i Tinariwen sono i
capostipiti del genere e Bombino ha avuto accesso al grande pubblico grazie alla
produzione di quel volpone di Dan Auerbach, i Tamikrest rappresentano, se così
si può dire, le propaggini meno note e forse più "indie" della musica
suonata dagli uomini blu, nonostante in passato abbiano avuto un momento di gloria, collaborando al progetto
Dirtmusic con Chris Eckman (Walkabouts). Giunti al loro terzo album
(recuperatevi anche i precedenti, Adagh del 2010 e Toumastin del 2011), i
Tamikrest hanno realizzato quello che si suol definire il disco della maturità
artistica, che, nello specifico del genere, vive nella perfetta simbiosi tra
cultura musicale tuareg e sonorità derivate dalla scena rock blues
occidentale (senza dimenticare ovviamente che il lungo fiume del blues
nacque nel Mali e defluì nelle limacciose acque del Mississippi). E non è un
caso che un album tanto equilibrato e appassionato sia dedicato alla figura
delle donne tuareg, quelle mogli, madri e sorelle, a cui l'eterna guerra
civile ha lasciato in eredità un fardello infinito di lutti e sofferenza. Un
messaggio, quello voluto dai Tamikrest, che si evince immediatamente dalla bella
foto in copertina e da un titolo che non ammette fraintendimenti (Chatma in
lingua tamashek significa "sorelle"). Le dieci canzoni che compongono la
scaletta del disco, per una durata di poco più di quaranta minuti, ci prendono
per mano e ci conducono attraverso territori nei quali solo una mente bolsa
e priva di fantasia riuscirebbe ad annoiarsi e a non provare sotto pelle quei
palpiti di vitalità di cui questa musica, nonostante nasca in un territorio martoriato dalla
violenza, si nutre. Un coloratissimo caleidoscopio di blues, rock, funk,
psichedelia si fonde con la tradizione tuareg, il djembè e i caratteristici
youyou si intrecciano all'elettricità delle chitarre e di bassi pulsanti. Con orgoglio e consapevolezza. Bastano solo tre brani, quelli iniziali, a trasformare in oro un disco che surclassa di un bel pò la maggior parte della produzione rock blues del 2013.
Come se Clapton e Hendrix fossero in jam session con il vento del deserto, il rock dei Tamikrest si
perde nel tempo e realizza quell'integrazione culturale che dovrebbe essere, a
ogni latitudine, il soffio egalitario che anima il
mondo. Imperdibile.
VOTO :
9
Blackswan, venerdì 11/10/2013
8 commenti:
Urca! allora è d'obbligo. Grazie Black :)
Visti proprio con i Dirtmusic dal vivo una sera d'estate due anni fa: fantastici! Questa uscita mi dà gioia, non l'ora di ascoltarlo. Ho avuto modo di conoscere i Tuareg durante un viaggio nel deserto gente splendida.
..non (vedo) l'ora di ascoltarlo. :)
Il versante rock che mi manca, effettivamente. Penso che ascolterò qualcosa, anche se aver letto la parola "indie" mi fa un po' desistere dal gruppo in questione.
Grande Black, come al solito ci dai delle belle dritte.
Se non ci fossi tu, mi perderei molte musiche interessanti.
Grazie!
Cristiana
Posizionare delle potentissime casse acustiche sotto le sedi della lega e fargli esplodere i timpani...così per gioco.
Grande Black
Bella segnalazione, il pezzo che hai postato non è niente male, vado ad ascoltarmi qualcosa...
Questa è ottima musica,la ascolto molto volentieri e condivido il voto che hai dato.
Questo gruppo, così come i Tinawiren, suona con entusiasmo e inventiva e trasmette una carica positiva che hanno in pochi!
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