15) ALICE IN CHAINS – THE DEVIL PUT DINOSAURS
HERE
Devil Put Dinosaurs Here è un disco complesso,
cupo, claustrofobico, un monolite di dolore la cui potenza ci schiaccia, ci
opprime, ci toglie il respiro. Se pensate di venirne a capo con pochi ascolti
vi sbagliate di sicuro: le dodici canzoni che compongono la scaletta dell’album
possiedono un tasso di indigeribilità altissimo e impongono un’attenzione e una
predisposizione all’ascolto da veterani. Solo Voices e la conclusiva, dolente,
Choke sono, si fa per dire, a presa rapida. Il resto del disco, invece, è un
viaggio attraverso paesaggi oscuri e tormentati, in cui inizialmente si procede
a tentoni, e solo quando gli occhi si abituano al buio, è possibile finalmente
distinguere le forme (e la sostanza) di canzoni mai tanto depresse eppure
qualitativamente eccelse. D’altra parte, se il singolo tratto dall’album é
Hollow, davvero potreste pensare che poi, da qualche altra parte, filtri un po’
di luce ?
14) W.I.N.D. – TEMPORARY HAPPINESS
Temporary Happiness è stato registrato in presa
diretta, senza sovraincisioni o imbellettamenti, al massimo due o tre takes,
tenendo buona la più riuscita del lotto. Ecco perchè il disco suona quasi
come un live: diretto, energico, privo di fronzoli, pervaso da quell'urgenza
espressiva che è solita permeare le jam sessions. Non per niente i brani sono
quasi tutti più lunghi della media, tirate di sette/otto minuti, nelle quali i
W.I.N.D sbrigliano gli strumenti e partono per la tangente dell’improvvisazione
di allmaniana memoria. Tonnellate di rock blues, southern e hard rock, ma anche
una sezione fiati (Mauro Ottolini e Daniele D'Agaro) e un coro gospel a
sorreggere le frequenti derive soul-funky. Tanta carne al fuoco, dunque, per
una scaletta senza cedimenti e che ci racconta di una scena italiana che sa rimasticare
con qualità e freschezza le sonorità legate al rock più classico. ante le belle
canzoni che faranno sbarluccicare gli occhi agli appassionati di genere : Stand
For Your Brothers, in cui gospel e rock si abbracciano in un crescendo
punteggiato da un assolo di chitarra da brividi, la torrida Born To Ride in
odore di ZZ Top, la chiosa psichedelica di The Winter Time e le abrasioni hard
rock di Waiting For Next Friday, sono i pezzi migliori di un disco che ci
regala quasi settanta minuti di musica di altissimo livello. Un viaggio tra
rock, american roots, negritudini assortite, grappa e Jack Daniel’s per
dimostrarci che anche se la felicità è temporanea, basta rimettere il cd nel
lettore per farla durare in eterno.
Un disco che ha un impatto forte e immediato sulle
nostre orecchie, ma che cresce, ascolto dopo ascolto, quando ci rendiamo conto quale lavoro di
cesello ci sia dietro queste canzoni che meriterebbero, a parere di chi scrive,
una fortuna migliore che essere relegate nel sottobosco alternative del
circuito rock. Anche brani
dichiaratamente pop, come la solare Una Bella Giornata, semplice e ammiccante,
sono piccole gemme da conservare fra le cose migliori ascoltate in questo 2013.
Così come emozionano, facendoci battere forte il cuore, il nostalgico tributo a
un mondo che non c’è più (Lettera Di San Paolo Agli Operai), la dichiarazione
d’amore eterno di Tutti I Santi Giorni (tratta dall’omonimo film di Virzì e
vincitrice del Nastro d’Argento per la miglior canzone da colonna sonora) e il
lirismo malinconico della struggente Pupilla, una canzone che, se conosciuta,
potrebbe diventare l’ideale colonna sonora di centomila storie d’amore. Con
Venga Il Regno i Virginiana Miller regalano alla musica italiana ciò che manca
anche alla vita politica e sociale del nostro paese: la speranza. La speranza
che un mondo migliore è possibile e che la bellezza esiste, magari a un
centimetro dai nostri occhi. Basta solo saperla guardare.
Intanto, un pugno di canzoni immediatamente
riconducibili alla scrittura di Homme, anche se l’impressione che si trae è
quella di un approccio alla composizione più ragionato e meno istintivo. Ne
consegue che il disco produce la sua massima resa dopo svariati ascolti,
quando, al di là dei soliti riff d’impatto immediato (I Sat By The Ocean), si
coglie lo sforzo del chitarrista di imbastire trame più complesse e di
spiazzare l’ascoltatore con soluzioni desuete. Così, ad esempio, dal lotto
spuntano Kalopsia, altalenante patchwork di morbidi languori e improvvise
esplosioni elettriche, If I Had A Tail, in cui il cantato nervoso alla David
Byrne porta per un istante a pensare ai Talking Heads, o un singolo come My God
Is The Sun, che cresce solo alla distanza, risultando comunque anomalo nella
sua non facile digeribilità. Il repertorio che ci aveva fatto innamorare dei
QOTSA tuttavia non manca, e i fans della prima ora ritroveranno il passo
polveroso dello stoner, fiammate di psych-metal e cupe risonanze doom (Keep
Your Eyes Peeled). In definitiva, Like Clockwork è un disco solido,
strutturato, privo di filler e riuscitissimo in tutte le sue multiformi
espressioni, sia quando i tempi si dilatano (il notturno malinconico di The
Vampyre Of Time And Memory) o accelerano arrembanti (il funk anarcoide e noise
di Smooth Sailing). Così si può perdonare a Homme un disco incerto come Era
Vulgaris e l’averci fatto attendere così tanto per restituirci una vena
creativa finalmente all’altezza della fama delle Regine. Bentornato.
In
scaletta, undici canzoni, quasi tutte possibili hit, ricche di raffinate
soluzioni melodiche che vi entreranno in testa senza mollarvi un attimo.
Ascoltate Money, ad esempio, e fatemi sapere se è possibile resistere a un
caleidoscopio armonico che ogni dieci secondi lancia un gancio melodico di una
purezza cristallina. Provate, se ne siete capaci, a non commuovervi ascoltando
Sweet Lady, sentito omaggio alle mamme delle due musiciste, in cui pop e soul
convivono in un perfetto equilibrio dosato da poche note di piano e da un
assolo finale di hammond da pelle d’oca. E tentate a tener le chiappe ferme
quando parte il soul di Good Lovin, che vi strapazzerà con un ritornello di
ruvida sensualità prima di consegnarvi alla successiva Habit, lentone strappa
mutande come non se ne ascoltava dai tempi di Isaac Hayes. Pertanto se volete
un po’ di leggerezza senza però anestetizzare il cervello, se vi siete rotti
dei soliti tormentoni di plastica e dell’esiziale ammorbamento dei balli di
gruppi, abbandonatevi senza tema alla seducente magia di Lady. Caricatelo sul
vostro ipod, dirigetevi verso la spiaggia, sceglietevi un posto al sole e
lasciatevi coccolare da queste due talentuose ragazze. Serberete un ricordo
bellissimo delle vostre vacanze.
Blackswan, venerdì 27/12/2013
Blackswan, venerdì 27/12/2013
7 commenti:
Sono stato un accanito fans degli Alice, ma questo disco non riesco a capirlo sino in fondo. O meglio, ne capisco il mood ma non so se sia giusto costruire un presente degli AIC così cupo e drammatico. Se vuole essere un pianto continuo per Layne, beh qualcuno si ricorderà che, anche nella sua dolente voce (stupenda, stupenda, stupenda) c'era comunque uno spiraglio di luce.
P.S. possiamo sentirci per suonare all'OraBlu?
i queens of the stone age mi aspettavo li avresti piazzati in top 10...
il disco delle lady carino ma non mi è sembrato indimenticabile, comunque proverò a riascoltarlo...
Come sai sono incapace di fare classifiche, troppo caos in me (e poi mi piace prendere tutto, ma i QOTSA sono stati tra i miei migliori acquisti del 2013 (grazie ad un tuo consiglio).
@ Alessandro : la prossima settimana dovremmo fare una riunione per fissare budget, numero di concerti e eventuali date. Poi, ci possiamo sentire senza problemi. Almeno così posso darti delle indicazioni più precise
grazie mille, a presto allora!
@ Alessandro :ieri ho fatto una riunione preliminare. Entro la prima settimana del nuovo anno mi dicono il budget che ho a disposizione e le date utili. Ti ricordo che siamo un'associazione non profit e quindi non abbiamo grandi mezzi.Ci riaggiorniamo.
A presto.
Ok, aspetto tue notizie. Anche noi stiamo programmando il 2014 sino a Settembre. Non preoccuparti dell'importo, per ora l'importante per noi è avere un pubblico consono ed attento a questo progetto.
Ale
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