Gallesi di Newport, in circolazione dal 1998, cinque
album all'attivo, Kerrang! Award per la miglior live band del 2011, una
carriera passata sui palchi di mezzo mondo in compagnia di Sevendust, Korn,
Gogol Bordello, Papa Roach e chi più ne ha più ne metta. Questa, la rapida
sinossi degli Skindred, uno dei gruppi di alternative metal più interessanti
degli ultimi anni, combo militante e barricadero, votato per indole e
sonorità al più estremo crossover. Kill The Power, ultima fatica in studio dopo
l'ottimo Union Black del 2011, ripropone infatti la consueta formula di
incastri sonori che ha reso celebre il combo anglosassone: assalti
all'arma bianca in versione nu metal (leggasi Korn) in un contesto in cui si
fondono generi più disparati quali reggae, dance hall, jungle, hip
hop, hardcore, dubstep e drum and bass. Un bel calderone ribollente,
quindi, nel quale si percepiscono, fin da subito, importanti influenze
derivanti dai Bad Brains, Living Colour, Clash, Pantera, System Of A Down e
soprattutto dai citati Korn, nei quali, il vocalist Benji Webb, ha sostituito
brevemente Jonathan Davis sul palco del Download Festival del 2006. Kill
The Power (schierato e partigiano fin dal titolo e dalla copertina, che
esibisce un bel pugno chiuso di tomrobinsoniana memoria) è un buon disco
di metal, potente, energico e assai variegato, in cui i momenti più rabbiosi e
"contaminati" risultano anche le cose migliori della scaletta (vedi
il singolo Kill The Power e In Ninjia). Tuttavia, qui e là, spuntano
compiacimenti radiofonici che abbassano il tiro della band, normalizzando un
prodotto che, senza compromessi, ci avrebbe infoiato più del lecito. Ciò non
toglie che ascoltati in macchina, finestrini abbassati e piede
sull'acceleratore, gli Skindred sappiano regalarci una buona dose di
adrenalina.
VOTO: 6,5
Blackswan, venerdì 14/03/2014
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