L'arte, soprattutto nella sua accezione più sincera,
nasce spesso dal dolore e dal tormento. Succede così che Lykke Li, giovane e
talentuosa cantautrice svedese, abbandoni la strada del pop, che l'aveva
portata alla ribalta con la saga adolescenziale dei vampiri di Twilight
(Possibility del 2009) e a riempire il dancefloor con I Follow The Rivers
(2011), remixata poi dai Magician, per cercare nuove strade. Un diverso modo
espressivo, quindi, che le consentisse di mettersi a nudo e di rielaborare
la sofferenza per una storia d'amore finita male, di confrontarsi e convivere
con la perdita, il senso dell'abbandono, la sofferenza. I Never Learn riflette
un momento buio, una parentesi di vita che tutti, nel personale
microcosmo emotivo, hanno vissuto, ma che nelle mani di
un'artista può rendere la tragedia personale in parole e suoni che si
fanno messaggio universale, percorso di salvezza, sublimazione. La
bellissima cover del disco, una foto in bianconero che sorprende
(con) lo sguardo a causa di un'inusuale ostilità, rappresenta
alla perfezione lo stato d'animo di Lykke e suggestiona l'osservatore sui
contenuti del disco: madonna addolorata, vedova inconsolabile, occhi persi in
una plaga di buio in cui tutto è amarezza e rabbia, l'espressione di chi è
prossima, o in balia, di un naufragio interiore. La totale assenza di colori,
la vita che sembra sprofondare in un inverno senza fine e la percezione di
inadeguatezza al mondo sono armi a doppio taglio, possono essere fonte di
grande ispirazione ma possono finire per caricare di enfasi il messaggio,
renderlo melodrammatico, privarlo di incisività. I Never Learn, invece,
suona come un disco maturo ed equilibrato e in questo risiede la sua
vera forza. Una misura che si percepisce fin dalla contenuta lunghezza del
disco (poco più di mezz'ora), come se Lykke volesse porre un argine a un dolore
sempre a rischio di esondazione. In tal senso devono essere considerati
anche gli arrangiamenti, non scarni ma certamente essenziali, volti
all'esaltazione di un suono acustico a detrimento delle (poche) scorie
elettroniche presenti. Un suono che scava l'intima essenza della melodia,
puntando sulla voce della cantante, contenendo la ritmica all'indispensabile,
azzerando beat e pop in favore di una nuova natura decisamente
e amaramente folk. Non tutto è centrato e talvolta il songwriting perde
fascinazione in favore di un linguaggio banalmente mainstream (Just Like A
Dream). Trattasi però di piccole incertezze, la cui mediocrità è accentuata
dall'essere accostate in scaletta ad autentiche gemme. Quando infatti
Lykke riesce a dominare la materia, la scrittura si fa sincera, autentica,
tradendo un disincanto e una disillusione che lasciano il segno: il folk arreso
della title track, il goth pop di No Rest For The Wicked (che supera di una
spanna abbondante la migliore Lana Del Rey), la ruvida disperazione di Love Me
Like I'm Not Of Stone, la miglior canzone del disco e probabilmente la
miglior ballad ascoltata quest'anno, sono di un livello qualitativo
assoluto. Difficile dire se si tratti di una svolta definitiva oppure di
una semplice parentesi artistica, e se Lykke Li, una volta tornato il
sereno, riemergerà dall'abisso per colorare di pop e leggerezza il proprio
songwriting. Allo stato, quel che conta è che I Never Learn
rappresenta l'episodio più riuscito della discografia della giovane
cantante svedese: un'opera intensa, sofferta, colonna sonora perfetta per tutti
coloro che vivono in balia dei propri tormenti interiori. The dark side of
love.
VOTO: 7,5
Blackswan, martedì 20/05/2014
5 commenti:
Bellissima recensione, non ho mai ascoltato Lykke Li (a parte quelle due canzoni sue sentite per radio) ma ora mi hai convinta a sentire l'album nuovo!
@ Fexxonji: è un disco molto meno pop dei precedenti, non immediatissimo, e si percepisce molta soffferenza, come nella bella canzone che ho postato. Però, già dopo pochi ascolti,I Never Learn da soddisfazioni, soprattutto se si hanno piccoli o grandi dolori da coccolare. Grazie :)
per una volta siamo d'accordo, o più o meno, visto che just like a dream per me è un pezzone!
comunque, dai, più o meno d'accordo va già bene :)
Eccomi qui di nuovo a imparare. E, anche, azzeccatissimo pezzo per questo mio periodo "made of stone".
Non mi ci sono mai soffermato, lo dico francamente, ma un buon ascolto non lo si nega a nessuno, certo non a chi viene promosso da Blackswan :-)
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