Australiani, in circolazione
dal 2006, tre album in studio all’attivo (compreso quest’ultimo), i fratelli
Stone sono in patria una rodatissima macchina da soldi che sforna un disco ogni
tre/quattro anni e lo piazza alla velocità della luce ai primi posti delle
charts. Un notevole successo commerciale a cui, peraltro, ha fatto seguito
anche l’incoronamento da parte della critica, visto che i due ragazzi, nel
corso del tempo, hanno fatto incetta di ARIA Awards (Down The Way miglior disco
del 2010) e APRA Awards (Big Jet Plane canzone dell’anno 2011). Fuori dai
confini nazionali, però, riescono ad avere un buon riscontro di pubblico solo
in alcuni paesi europei (Francia e Belgio, soprattutto), mentre restano
pressoché sconosciuti da noi e negli
States. Ed è proprio per cercare di scalare le classifiche a stelle e strisce
che la produzione di questo nuovo album, intitolato semplicemente Angus &
Julia Stone, è stata affidata al guru della consolle, Rick Rubin. In studio a
partire da aprile, il duo ha già lanciato sul mercato due singoli (Hearts Beats
Slow e A Heartbreaker) che stanno avendo un discreto successo e che hanno
anticipato il full lenght uscito nei negozi a inizio di questo mese. Prodotto con
grande equilibrio da Rubin, bravo a dosare i suoni e a giocare coi diversi
timbri di voce per esaltare gli intrecci vocali fra i due, Angus & Julia
Stone è un disco di pop-rock, venato di folk blues, dal mood malinconico, dal
songwriting molto convenzionale e dai testi incentrati su pene d’amore, di cui
potremmo fare tranquillamente a meno. Tuttavia, nonostante la sensazione,
spesso percepita, di trovarci di fronte a un disco costruito a tavolino e
perfettamente (troppo) levigato, ma senza cuore (sebbene il termine ricorra di frequente
nei titoli e nei testi), il nuovo lavoro del duo australiano risulta di
piacevole ascolto grazie a qualche canzone davvero azzeccata (il singolo A
Heartbreaker, la neilyounghiana Crash And Burn, il notturno blues di Death
Defying Acts) e all’interplay azzeccatissimo fra le voci di Angus e di Julia,
quest’ultima dotata di un timbro pregno di sensualità sognante, molto simile a quello
di Nina Persson dei Cardigans. Con i dovuti distinguo, troverete riferimenti ai Fleetwood Mac, ai The Mastersons e ai The Civil Wars. Niente che ci abbia fatto impazzire, ma sicuramente un album
molto meno banale di tanti altri prodotti mainstream.
VOTO: 6,5
Blackswan, martedì 19/08/2014
2 commenti:
un disco non fenomenale però parecchio piacevole.
per una volta sono quasi d'accordo con te. e ciò mi preoccupa :)
@ Marco: E' solo un caso: dubito si ripeterà tanto presto :)
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