E’ un po’ come scoprire l’acqua
calda, ma molto più redditizio: fare la cresta sulla fortuna altrui, rigenerare
anticaglie musicali, riesumare generi ormai desueti, dar loro nuovo forma e
riproporle al pubblico (quasi) come fossero novità. Lo hanno fatto di recente,
mi vengono in mente un paio di esempi, i The Strypes e i Temples, lo fecero,
molto bene almeno all’esordio, i Wolfmother di qualche anno fa. Oggi, tocca ai
Syd Arthur (formatesi otto anni fa, ai tempi del liceo, pubblicano ora il loro
secondo disco), che tornano a ritroso nel tempo e vanno a ripescare nel passato
il Canterbury rock, movimento progressive dai connotati elusivi e assai
raffinati, portato in auge negli anni ’70 da gruppi come Caravan, Camel e
National Health, solo per citarne alcuni. Un genere complesso e forse il più
anacronistico tra le sonorità seventies, che tuttavia i quattro ragazzi
originari del Kent (guarda caso arrivano proprio da Canterbury) ripropongono
con piglio moderno e qualche variazione sul tema. Tempi sincopati, brani dall’architettura
elaborata, qualche deragliamento jazz-rock (Chariots), ma anche tanto pop dall’impronta
tipicamente british. Così il risultato finale è un po’ come se i Verve suonassero
un disco dei Caravan e viceversa: un progressive estremamente agile ma non
annacquato, melodico al punto giusto (le iniziali Garden Of Time e Hometown
Blues, ad esempio, sono ricche di spunti quasi radio friendly), curato nelle
sfumature, che possiede il merito di tenersi lontano da intenti manieristici e
da sterili copia-incolla. Merito di questi quattro ragazzi (Liam Magill,
chitarra e voce, il fratello Joel Magill, basso e voce, Raven Bush, violino,
tastiere, mandolino, Fred Rother, batteria) che hanno un approccio strumentale
deliziosamente cool, che sbrigliano gli strumenti senza però mai eccedere in
tecnicismi, rilasciando un suono morbido, rilassato, disteso. Prodotto dalla
mitica Harvest, Sound Mirror è un album filologicamente corretto che evita tuttavia
ogni passatismo, ponendo i Syd Arthur tra le migliori nuove leve del
progressive 2.0. Per nostalgici poco ortodossi.
VOTO: 7,5
Blackswan, domenica 03/08/2014
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