Me ne sto sdraiato sul letto, con le cuffie dello
stereo che pompano a tutto volume, sfogliando Il Mucchio Selvaggio. Lo sfoglio
soltanto, perchè io due cose insieme non le so fare, figuriamoci ascoltare
musica e concentrarmi nella lettura. Ma per quanto distratto possa essere non
mi sfugge che nella sezione delle recensioni si parla proprio del disco che sto
ascoltando: Magical Dirt dei Radio Moscow. I Radio Moscow sul Mucchio ? Un
gruppo hard rock recensito su una delle riviste più radical chic di sempre ?
Cazzo, è un pò come entrare nello della Juve Store e trovare a fianco
della riproduzione del toupet di Conte, la maglia di Palacio. Poi, ci
penso su con un pò più di attenzione, e mi sovviene che anche OndaRock
qualche anno fa aveva parlato bene della band proveniente dallo Iowa. Il che
non è necessariamente una garanzia di qualità (anzi spesso è
l'opposto), ma senz'altro un forte indizio che Parker Griggs, padre
padrone del progetto "moscovita", è uno di quei musicisti in grado di
farsi notare anche fuori dal proprio territorio d'adozione. I Radio Moscow,
peraltro, avrebbero tutte le carte in regola per entrare nel calderone di quei
gruppi vintage che riesumano un genere su cui si è già detto tutto, sperando di
concupire il cuore di qualche nostalgico dei bei tempi andati. E invece è
proprio questo l'aspetto saliente della vicenda: Griggs e soci reimpiattano un
certo hard rock anni '70, che guarda ai Mountain, Cream, Hendrix, Zeppelin e
archeologia assortita, eppure lo fanno con un estro difficilmente riscontrabile
in altri. Qui, non si tratta solo di riproporre con sincerità e gusto un
canovaccio diversamente abusato; i Radio Moscow, semmai, palesano un talento
compositivo davvero inusuale. Ci sono potenti riffoni, chitarre grasse, i
soliti assoli che eccitano gli onanisti della air guitar (tra cui il
sottoscritto), ma le canzoni, pur nella loro ponderosa stazza, denotano
soluzioni mai banali, uno svolgimento articolato che è davvero un surplus per
il genere, e un passo pesante ma dagli scarti imprevedibili. Un abbondante dose
di psichedelia, parecchie declinazioni in acido, una spruzzatina di afrori
southern e un paio di ballate che spostano l'accento dalle distorsioni al country
blues. Questo, il piatto del giorno. A dominare la scena, tuttavia, oltre
a un pugno di canzoni davvero elettrizzanti, c'è soprattutto una band nerboruta
ma tecnica, che non lesina randellate, ma alletta i buongustai con un uso
spregiudicato, e goduriosissimo, del pedale wah wah. Venghino, signori!
VOTO: 7
Blackswan, giovedì 11/09/2014
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