Per Frank Decker,
la vita sembra finalmente in discesa. A Lincoln, Nebraska, lo conoscono tutti:
è un detective tenace, abile, con un curriculum di tutto rispetto, e molti
pensano a lui come prossimo capo della polizia. Finché da una casa di un
tranquillo sobborgo della città scompare una bambina. Le indagini sembrano non
portare a nulla, e le statistiche sono spietate. Quando una persona svanisce
nel nulla e non viene ritrovata nel giro di ventiquattro ore, le possibilità
che sia stata già uccisa arrivano ben oltre il novanta per cento. Ma Frank ha
promesso alla madre di Hailey che le riporterà sua figlia. E pur di mantenere
la parola data è disposto a tutto: anche a dimettersi, a rinunciare alla sua
carriera e a partire per un viaggio che lo spingerà ad attraversare l'America.
E ad approdare a New York, agganciato a una traccia esile che lo condurrà
dentro verità sempre piú scomode.
Don Winslow non sbaglia un colpo, non c'è che dire.
Ritmi frenetici, intreccio perfetto, colpi di scena a gogo e una scrittura
asciutta ma mai priva di fascino. E centra il bersaglio grosso, anche
quando, come nel caso di Missing. New York, il soggetto del racconto non
brilla certo per originalità. Il canovaccio è infatti un pò abusato
(pensate anche a Gone, Baby, Gone di Dennis Lehane), tanto che, dopo
poche pagine, mi è tornato in mente un monumentale (non per lunghezza ma per
caratura) romanzo di Friedrich Durrenmatt, scrittore e drammaturgo svizzero,
che utilizzava il genere noir per scardinare, con il grimaldello della
satira, l'ordine precostituito della morale metafisica. A voler sviluppare
un paragone fra i due romanzi, appare subito evidente come il punto di
partenza di entrambe le trame sia, infatti, il medesimo: un arguto e
integerrimo poliziotto, avviato a una brillante carriera, si licenzia per
mantenere fede a una promessa fatta ai genitori di un bambino. Nel caso di
Durrenmatt si tratta di rintracciare l'assassino di una giovanissima vittima,
mentre nel romanzo di Winslow, Frank Decker promette a una madre di riportare a
casa la figlia rapita. Una promessa che diviene un'ossesione per entrambi e che
cambia radicalmente la vita dei due protagonisti, portando il primo alla follia
e il secondo a mandare in frantumi il proprio matrimonio. Certo, Winslow, per
quanto bravo, non è Durrenmatt, e soprattutto bada al sodo, perchè è
interessato alla trama gialla più che ai risvolti filosofici della
narrazione. Se il grande drammaturgo elvetico infatti crea un lucido
teorema a dimostrazione che nel mondo impera il caos, che il bene e il male
operano casualmente nelle vicende umane e che la razionalità (le congetture e
la logica investigativa del commissario Matthai) è sempre subordinata al caso,
all'imprevisto e alla coincidenza, in Winslow la casualità (l'incontro
fortunoso con una testimone che spinge Deker verso la Grande Mela) è solo lo
snodo narrativo che consente al metodico e risoluto ex poliziotto di arrivare a
sciogliere il bandolo della matassa delle indagini.
Mi fermo qui per non dover creare spoiler che
potrebbero togliere il gusto della lettura a quanto volessero cimentarsi coi
due romanzi. Tuttavia, seppur per motivi diversi, sia Durrenmatt che Winslow
riescono a tenere incollati i loro lettori fino all'ultima pagina, il primo
imponendo una cinica riflessione sulla vita e la caducità degli uomini, il
secondo imbastendo un thriller dai ritmi adrenalinici, che sarebbe già pronto
per una trasposizione cinematografica. E risiede proprio in questo il surplus
di bravura di Winslow rispetto a tanti colleghi contemporanei: la capacità di
vedere in celluloide ciò che scrive prima ancora di scriverlo. Missing.
New York è infatti un romanzo che si legge come un film, col capo chino sulle
immagini, più che sulle parole. Palpitante.
Blackswan, mercoledì 26/11/2014
3 commenti:
Non avevo pensato alla somiglianza con La promessa, del quale ho visto solo il film finora. Di Missing mi son piaciute anche le atmosfere cupe che aleggiano tra le righe...
Sono molto curioso.
E' in rampa di lancio, mi attende appena finito Nesbo.
me lo segno...
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