Incrociati per caso su youtube sul finire dello
scorso anno, quando in Inghilterra veniva dato alle stampe il loro disco
d'esordio, e ritrovati proprio in questi giorni, sull'onda mediatica del
successo conseguito in patria, che ha portato alla pubblicazione anche in
Italia di The Weird And Wonderful, i Marmozets sono quella che i
britannici definiscono solitamente col termine di The Next Big Thing. Termine
usato spesso a sproposito per indicare band o artisti di plausibile
prospettiva, che poi però durano il tempo di un clamore estemporaneo, per
tornare rapidamente nell'oblio da cui sono arrivati. Cosa succederà fra un anno
a questi Marmozets è presto dirlo, soprattutto alla luce di un disco d'esordio
indubbiamente carico di appeal, ma estremamente contraddittorio nello sviluppo
qualitativo. Una premessa è d'obbligo: il quintetto è composto dai tre
fratelli Macintyre (Sam alla chitarra, Josh alla batteria e Becca alla
voce) e da un'altra coppia di fratelli (Will Bottomley al basso e Jack
Bottomley alla chitarra) tutti giovanissimi, tanto che l'età media si aggira
sui vent'anni circa. La giovane età porta loro l'indubbio vantaggio di un
carico di energia e di prestanza fisica che deborda in tutte le tredici
tracce del disco: basta guardare i video ufficiali o quelli che colgono la band
sul palco per capire di quanto sferragliante potenza siano capaci i Marmozets.
Piace soprattutto la voce di Becca Macintyre, scatenatissima vocalist
dalla buona estensione e in grado di passare come estrema facilità
dal cantato melodico allo screaming. E non può che sorprendere la
consumata abilità di questi giovani rockers nel far convivere
con equilibrio la violenza del post-hardcore con ritornelli
ruffianissimi, buoni anche per svariati passaggi radiofonici. Queste, se
vogliamo, sono le note positive di The Weird And The Wonderful. Tuttavia,
non bastano certo un pò di growl e dei tirati up tempo per consentire di
accostare il quintetto a gruppi come Converge, Mastondont, Alexisonfire e
Gallows, di cui i Marmozets vorrebbero presentarsi come epigoni. E
probabilmente nemmeno è loro intenzione. Così, a parte rari episodi che fanno
ben sperare per il futuro (Vibetech), la musica dei Marmozets finisce per
ricordarci più spesso quella dei Paramore: un impasto post adolescenziale
di cattiveria e melodia che non riesce mai a far male davvero. Una rabbia
orecchiabilissima, insomma, che strizza l'occhio alle classifiche
e che sta al metalcore come il popolo di Facebook all'Accademia della
Crusca. In definitiva un album di esordio così così, più compatibile con la
rabbia di un liceale per un brutto voto in matematica che con quella di chi,
disilluso dalla vita, ha davvero voglia di spaccare tutto. Solo con il
prossimo disco sapremo esattamente di che pasta sono fatti questi ragazzi. Ma
ci sarà un prossimo disco?
VOTO: 6
Blackswan, martedì 17/03/2015
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