Attenzione, naviganti del
web che passate da queste parti: vi informo che dall’Australia, Melbourne per
la precisione, è arrivata una ragazzina di ventiquattro anni che non ha paura a
suonare la chitarra come la suonerebbe un uomo. E nemmeno ha paura a declinare
con una certa asprezza e stentorea energia quel verbo rock tanto vituperato in
nome della religione indie (ma quando ci prova a fare l’indie, come nell’iniziale,
e Pixies addicted, Elevetor Operator, lo fa meglio di chiunque altra). Courtney
Barnett vive di spontaneità, non deve creare formule, né seguire mode, ma suona
solo quello che le passa per il cervello e che le fa fremere il corpo. Prende
le distanze dalle schiere di dark ladies che oggi vanno per la maggiore e da
malinconiche derive goth (ma quando lo fa, come nella sulfurea Kim’s Caravan, lo
fa meglio di chiunque altra) e si limita a vedere il folk solo come una delle
tante possibilità di espressione (e quando lo fa, come nei languori country di
Depreston, lo fa meglio di chiunque altra). Semplicemente, imbraccia la
chitarra, alza il volume degli amplificatori e ci travolge di energia. Si
inventa un blues siderurgico, Small Poppies, e se la gioca sul filo di lana con
tutti i noise makers di professione, rilegge in chiave moderna i grandi
classici della gioventù sonica (il fragore slabbrato della feroce Pedestrian At
Best), si diverte col poppeggiare elettrico di Dead Fox, riesuma un certo
british rock anni ’60 con urticante leggerezza (Nobody Really Cares If You Don’t
Go To The Party), e alla fine dei giochi, ti piazza una sognante ballata
acustica per voce e chitarra (Boxing Day Blues), solo per farti capire che, se
vuole, un disco può suonartelo tutto così. I quarantaquattro minuti di
Sometimes I Sit And Think, And Sometimes I Just Sit, passano attraverso le
nostre orecchie più veloci di quanto si impieghi a leggere il titolo dato al
disco, lasciandoci alla fine quel desiderio maledetto di aggrapparci alle
cuffie e non lasciarle più. Un disco che, per dirla proprio tutta, possiede i
numeri per tenersi ben lontano da ogni ovvio paragone con la sferragliante
rabbia in quota riot grrrl, e che semplicemente ci restituisce un rock che non
ha paura di essere ciò che natura ha creato: urgenza espressiva, rumore e
filtri zero. Candidato a miglior album femminile per il 2015.
VOTO: 8
Blackswan, sabato 23/05/2015
5 commenti:
Wow. Sinceramente non l'ho mai sentito, e anche se non sono un'amante della chitarra, la trama mi attira.
:) :) wow :):)
@ Giulietta: Se passi da queste parti di chitarre ne ascolterai tante. Ma a prescindere dalla sei corde,l'importante è ascoltare buona musica :)
@ Offhegoes: Oh yeahhh ! :)
ma siamo proprio sicuri? e florence welch dove la mettiamo?
@ Giuseppe: di sicuro nella vita ci sono solo le ta sse e la morte. Ad ogni modo, il nuovo disco di Florence + Machine esce il 2 giugno, quindi ogni paragone al momento mi e' impossibile.
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