Uno dei dischi più
interessanti usciti quest’anno è passato da noi praticamente sotto silenzio.
Niente di anormale, per carità: la musica tradizionale americana, quella che
identifichiamo con il termine country o blue grass per intenderci, è
particolarmente indigesta all’ascoltatore nostrano. Provate a fare una breve
ricerca su internet a proposito degli Stray Birds e non troverete un solo rigo
scritto in italiano. Totale disinteresse, insomma, per un disco che meriterebbe
ben altra attenzione, perché ricco di momenti evocativi e di canzoni di un
livello qualitativo ben al di sopra della media di genere. Ma andiamo con ordine.
Gli Stray Birds, terzetto proveniente da Lancaster, Pennsylvania, nascono nel
2012 e esordiscono subito con un album omonimo, che la critica americana non
esita a inserire tra i dieci miglior dischi folk dell’anno. Maya de Vitry,
Oliver Craven e Charlie Muench, tutti e tre polistrumentisti, sono la classica
band bluegrass, che utilizza strumenti tradizionali (banjo, mandolino, violino),
si diverte con gli interplay vocali (splendida la voce della de Vitry) e abbraccia
un repertorio contenente canzoni originali e alcuni tradionals a stelle e
strisce (sono due quelli che compaiono in Best Medicine). Tuttavia, la band si
colloca distante da quella corrente che oggi va per la maggiore e che viene
definita progressive bluegrass (Punch Brothers, Trample By Turtles, etc) per
attestarsi invece su posizioni più decisamente ortodosse (Old Crow Medicine
Show). Best Medicine è dunque un album che suona deliziosamente old time, che
guarda ai grandi classici come Bill Monroe, Townes Van Zandt e The Band, non
disdegnando tuttavia qualche strizzatina d’occhio a melodie più decisamente pop
(strano a dirsi, ma tra le dichiarate fonti di ispirazione del gruppo ci sono
anche i Fab Four), per raccontarci storie radicatissime nella tradizione statunitense
(l’America rurale di Feathers & Bone e Simple Man, il massacro degli
indiani a Wounded Knee nella potente Black Hills). Dodici canzoni di ottima
fattura a partire dalla title track, primo singolo tratto dall’album, fino alla
conclusiva e malinconicissima Might Rain, frutto della penna di Maya de Vitry,
che dimostra di possedere, oltre a una splendida voce, anche una scrittura ricca
di suggestioni adorabilmente retrò.
VOTO: 7,5
Blackswan, mercoledì 03/06/2015
8 commenti:
E' un genere che ogni tanto mi piace frequentare. L'anno scorso ho visto live Tim Grimm (lo conosci?) con la sua band di giovanissimi musicisti ed è stato fantastico.
Questi mi ispirano.
@ Lucien: The Turning Point di Tim Grimm è un gran disco, anche se forse è leggermente meno traditional degli Stray Birds. Questo è un lavoro davvero ben fatto, che contiene tante canzoni ispirate. Non credo ti deluderà.
Non male ma manca un pò di energia, a metà canzone dovrebbe uscire un tizio barbuto che grida YYYYPPPPPPAAAAHHHH!!! E inizia a suonare il benjo come un treno.
il pezzo ne guadagnerebbe sicuramente.
Bella! Sorseggiando il caffè, questa mattina :)
@ Bill: ogni tanto ci vuole anche un pò di rilassatezza. Per del blue grass come dici tu ascoltati gli Hayseed Dixie :)
@ Sally: spero che il momento del caffè ne abbia tratto giovamento :)
Azz, se solo tu fossi leggermente più prog! Le tue recensioni sono sempre galattiche e nonostante il blue grass non sia nelle mie corde, questi Stray Birds non si discostano troppo dal folk dei miei primi Renaissance (con 45 anni di distanza...)
Scusa, non c'entra.
http://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2015/06/04/foto/i_20_chitarristi_piu_famosi_di_tutti_i_tempi-116034169/1/?ref=HRESS-2#1
Io dico jimy hendrix, ma sono limitata da ricordi ed ignoranza.
Ciao!
Cri
@ Haldeyde: io sono molto prog, ci ho campato in adolescenza.:) E i Renaissance li conosco bene (prova i Blues Pills, che somigliano un pò).
@ Cris: Jimi è il più grande, ma ce ne sono altri altrettanto bravi. Grazie per la segnalazione :)
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