Questa è la storia di un’artista
che con il suo sconfinato talento ha saputo indirizzare e ispirare parte della
musica pop degli ultimi dieci anni. Ed è anche la storia di una voce
impossibile, in grado di estendersi per più di tre ottave e di vivere e
plasmare nel profondo ogni nota cantata. Perché, come afferma il grande Tony Bennet
nel finale di pellicola, Amy è stata una musicista vera, sincera fino al
midollo, destinata a finire nel novero di quelle interpreti, come Sarah Vaughan
e Ella Fitzgerrald, che hanno saputo dare lustro alla musica (jazz). Ma Amy è
anche la storia di una ragazza piccola, fragile, privata di punti di
riferimento essenziali e quindi in balia di mille dipendenze, cercate con
pertinacia nelle droghe, nell’alcol, nel masochismo di una bulimia cronica e,
soprattutto, nell’affetto mal riposto verso una madre assente, un padre e un
marito mossi esclusivamente dalla brama di ricchezze, e amici sinceri, ma
troppo deboli per strapparla dal gorgo che, giorno dopo giorno, la risucchiava.
Eppure Amy, prigioniera di un amore tossico, autodistruttivo e senza speranza,
sapeva trarre dal dolore e dalla disperazione la parte migliore di sé, scrivendo con crudo trasporto canzoni che, nonostante
il poco tempo trascorso dalla sua morte, sono già diventate leggenda. Se è vero
che il film si sviluppa in modo coerente, documentato e partecipe, ma restando
nella media dei tanti biopic in circolazione, Asif Kapadia ha però il merito di
evitare il tratto calligrafico e di sconfinare così nell’agiografia, mettendo
semmai a nudo, ma senza morbosa ostentazione, le debolezze morali e il
deperimento fisico di una ragazza finita, suo malgrado, in un esiziale
frullatore mediatico. Attraverso materiale già noto e altro, invece, inedito e
di provenienza amicale, Kapadia traccia la parabola discendente di un’icona
della musica e del sesso, senza dimenticarsi che, dietro la facciata trasgressiva,
batteva il cuore della vera Amy Winehouse: una ragazza gentile, semplice e
ironica, con l’unico, irrefrenabile, desiderio di scrivere canzoni e di poter
cantare la propria musica, lontana dal martirio dei flash. Guardare Amy giovane,
brufolosa e sorridente, o spensierata e inconsapevole durante le vacanze estive,
o ancora sentirla cantare mentre si accompagna con la chitarra al suo primo
provino, sono emozioni che valgono la spesa del biglietto e che commuoveranno
alle lacrime non solo i fans della singer londinese, ma anche tutti coloro che
amano la buona musica, quella che nasce dal cuore. Grazie di tutto, piccola,
fragile, immensa Amy.
Blackswan, mercoledì 16/09/2015
1 commento:
Quanta emozione mi ha donato questo tuo post.
Non sono un'esperta, io vado ad orecchio, e Ami mi è entrata dentro.
Cristiana
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