Il Teatro Degli Orrori è
una delle poche band italiane con non mi fa scappare a gambe levate al primo
ascolto. Anzi, per essere precisi, gli ho amati visceralmente fin dal
travolgente esordio Dell’Impero Delle Tenebre (2007), seguito poi dal più
maturo A Sangue Freddo (2009), tutt’ora apice di una breve ma esaltante
carriera, e dal controverso Il Mondo Nuovo (2012), che a sottoscritto parve
ottimo e che invece molti stroncarono senza pietà. Questo omonimo nuovo full
lenght ha tutte le carte in regola per suscitare ulteriori diatribe fra fans e
detrattori, dal momento che nel nostro paese è davvero difficile trovare un
progetto musicale che sia ostico e poco accomodante come quello targato
Capovilla e soci. Insomma, non fossimo qui a parlare di musica ma a sparar
sentenze, potremmo cavarcela con un pilatesco: “Il Teatro Degli Orrori o si
amano o si odiano”. Affermazione, questa, che suonerebbe troppo apodittica e
soprattutto molto riduttiva per una band che, tra pregi e difetti, continua a
essere una delle realtà più interessanti del panorama nazionale. Il Teatro Degli
Orrori ha il merito di riconsegnarci un gruppo che, a distanza di anni dagli
esordi, continua a scalciare e non ha certo perso la voglia di far rumore e
picchiare senza compromessi. Il che, di per sé, è già un gran risultato nell’asfittico
mondo musicale italiano, composto da rocker in naftalina, cantautori derivati e
indie pippe, alfieri minimalismo più mortificante. Ho trovato poi i testi di
Capovilla più immediati e diretti, forse meno suggestivi, ma coraggiosi, perché
capaci di colpire il bersaglio, senza giri di parole o vili allusioni (Il Lungo
Sonno (Lettera Aperta Al Partito Democratico) dice, in pochi versi, quello che,
la prevalentemente irreggimentata, stampa nazionale non ha il coraggio di
dire). Poi, è vero che, a livello compositivo, non tutto gira come dovrebbe e
certi brani sono un po’ pasticciati (Sentimenti Inconfessabili) o si sviluppano
su refrain già abbondantemente noti (Il finale di Lavorare Stanca non è forse
Io Cerco Te con un vestito nuovo?); ed è anche vero che, in quanto a logorrea,
Capovilla non ha eguali al mondo, e talvolta finisce per rendere estenuante l’ascolto
di alcuni passaggi, che risultano veramente sovrabbondanti. Tuttavia, nel disco
ci sono anche grandi canzoni (Una Donna, Genova), quelle che in Italia nessuno
ha il coraggio di cantare e che rendono Il Teatro Deli Orrori, nel bene e nel
male, una band da tenersi stretta al cuore.
VOTO; 6,5
Blackswan, sabato 24/10/2015
3 commenti:
Ben "Spessi" come direbbe il mio amico. Nel senso di "forti e diretti".Musica e parole vanno nella stessa direzione, che mi piace.Debbo confessare che, non per pregiudizio,ascolto poco la musica italiana ed invece c'è in giro tanta bella musica e tanti bravissimi musicisti.
Pensa che proprio oggi ascolticchiavo stralci di brani di quest'album per capire se valeva la pena acquistarlo. A me Il Mondo Nuovo era piaciuto ma questo mi è sembrato un po' troppo... come dire? Parlato? Mi ha lasciato un po' freddino, ma io vado a periodi per cui magari fra un mese lo ascolto con più attenzione e mi piace tantissimo.
A quando la recensione sull'ultimo degli Iron Maiden?
finalmente una recensione che non ha paura di dire la verità, perchè in questi giorni ho letto tante di quelle recensioni ovvie e già scritte che mi hanno fatto pensare che devono criticare Capovilla solo perchè dice le cose in faccia, senza mezze misure, ed in questa Italia va stroncato. Invece Il Teatro degli Orrori tiene fede al suo nome e ci mostra la parte avvilente e meschina di questo paese e lo fa in maniera un po' eccessiva, è vero, ma bisogna anche riequilibrare la massa indegna che continua a farci credere che "va tutto bene Madama la Marchesa". Concordo con Blackswan su tutto, su ogni singola riga, e "Genova" vale un disco. E quanto vorrei vedere Il Teatro degli Orrori che si presenta a X Factor e tira una chitarra in testa a Fedez...
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