Nati da una costola dei Mekons
(gruppo punk rock originario di Leeds, affacciatosi sulle scene in
contemporanea a Delta 5 e The Gang Of Four), i Waco Brothers sono un side project
chicagoano del cantante e chitarrista gallese, Jon Langford. Sotto contratto
per la Bloodshot Records, per la quale hanno rilasciato già dodici album, i
Waco Brothers si sono costruiti, in
circa vent’anni di carriera, una solida fama di musicisti straordinariamente
bravi dal vivo. Insomma, i loro dischi non brillano certo per originalità, dal
momento che la proposta (un punk rock di estrazione anglosassone che lambisce
talvolta i territori country) è rimasta praticamente immutata nel corso degli
anni; ma quando sale sul palco e dispiega il suo armamentario di chitarre
elettriche, questa band di rockettari di mezza età, si fa rispettare, eccome.
Per cui, prendete questo ultimo disco per quello che è realmente: una raccolta
di canzoni che troverà la sua vera essenza tutte le volte che il quintetto dell’Illinois
salirà su un palco. Ascoltate lontano dalle luci di scena, i dieci brani che
compongono la breve scaletta di Going Down The History (trenta minuti tirati e
buona lì) palesano, infatti, dei limiti di scrittura che pongono il disco nel
novero degli ascolti divertenti, di quelli da fare in macchina, coi finestrini
abbassati e il piede pigiato forte sull’acceleratore. La minestra, come si
diceva, è sempre la stessa: punk rock muscolare (DIYBYOB), chitarre rombanti
(Receiver), ganci melodici a iosa (Had Enough), qualche debito verso gli anni ’60
(la discreta cover di All Or Nothing degli Small Faces)e qualche spezia
country, ma senza esagerare (la rilettura di Orphan Song di John Lee Graham). Tutto
suona grintoso, energico, spassoso, ma anche prescindibile.
VOTO: 6,5
Blackswan, mercoledì 30/03/2016
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