Con l’uscita di Magic Fire,
loro terzo album in studio, gli Stray Birds, band proveniente da Lancaster, Pennsylvania
(oggi, trasformatisi in un quartetto per l’entrata in pianta stabile nella line
up del batterista Shane Leonard) sono giunti al completamento del loro percorso
artistico, definendo un suono e circoscrivendo una volta per tutte i confini
della proposta. Se l’omonimo esordio datato 2012 era fortemente legato alla tradizione
folk e gli accenti roots suonavano predominanti, il successivo Best Medicine,
pur mantenendo la barra di un suono “old time” e uno spirito decisamente
bluegrass, faceva intravvedere una possibile contaminazione con il pop, grazie
a melodie orecchiabili e di facile presa. Magic Fire, prodotto da Larry
Campbell (musicista con un passato di collaborazioni da urlo, tra cui Bob
Dylan, Willie Nelson e Judy Collins) coglie l’equilibrio perfetto fra le diverse
inclinazioni della band, riuscendo a convogliare in scaletta la tradizione e la
modernità, un retrogusto decisamente “americano” e tutti gli strumenti acustici
(fiddle, banjo, mandolino) del folk; ma capace, anche, di generare aperture
deliziosamente pop, adattissime a quei passaggi radiofonici che rappresentano l’anticamera
del successo commerciale. Gli Stray Birds però non tradiscono il loro
retroterra culturale, non sbracano verso l’ovvio, né cercano soluzioni di
comodo. Magic Fire è, semmai, un disco che trova la propria forza nella misura
e nel labor limae di una produzione capace di mediare senza rinnegare. In tal
senso, canzoni come Sabrina o Third Day In A Row sono il manifesto esemplare
del nuovo corso: melodicamente irresistibili, tanto da entrarci in testa fin
dal primo ascolto, ma dignitosissime nella loro veste roots, decisamente meno
ortodossa, ma sicuramente più colorata e sfavillante. Azzardo un paragone: se
prima gli Stary Birds erano accostabili a band puriste come gli Old Cow
Medicine Show, oggi si trovano ad avere una maggior affinità con i The
Mastersons, una delle realtà emergenti più interessanti nell’ambito dell’americana
melodica. Forse i fan della prima ora non apprezzeranno; a me pare, invece, che
la strada imboccata sia quella giusta e che dischi come Magic Fire, più aperti a
soluzioni innovative, possano avvicinare nuovi adepti alla causa del roots.
VOTO: 7
Blackswan, domenica 11/09/2016
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