mercoledì 2 novembre 2016

ALTER BRIDGE – THE LAST HERO (2016, Napalm Records)



Nonostante Myles Kennedy sia ormai parte integrante del progetto Slash e Mark Tremonti sia assorbito anima e corpo dalla sua, prolifica, carriera solista, gli Alter Bridge sono riusciti a tornare sul mercato a soli tre anni dal precedente, e fortunato, Fortress. The Last Hero, prima prova in studio dopo il passaggio alla Napalm Records, riconferma pregi e difetti di una band che si avvale di un seguito incredibile, quando si parla di fans e di vendite, ma che continua a mostrare dei limiti strutturali per quanto riguarda la qualità delle composizioni. In questa ultima prova, forse proprio a cagione degli impegni dei due leader, gli aspetti negativi sembrano, infatti, essersi accentuati e la proposta, che in altre occasioni appariva più convincente, mostra la corda di un songwriting navigatissimo, ma privo di quei guizzi che ci avevano fatto apprezzare album come Blackbird e AB III. Intendiamoci: The Last Hero è un disco Alter Bridge al 100% e i fans, anche quelli della prima ora, apprezzeranno. Ma in senso assoluto, le lacune ci sono e si sentono tutte. A partire dalla produzione del sodale Michael Elvis Baskette, che gonfia a dismisura i suoni, forse proprio con l’intento per coprire il deficit di ispirazione e rendere roboanti brani che diversamente suonerebbero assai fiacchi. L’abbecedario del linguaggio Alter Bridge, anche in questo caso, si conferma in toto: riff pesanti e atmosfere vagamente apocalittiche in contrapposizione a ganci melodici fruibili. Tremonti e Kennedy sono due fuoriclasse, su questo non si discute, e riescono sempre a dare il massimo con il minimo sforzo, così come la sezione ritmica composta da Brian Marshall e Scott Phillips naviga con il pilota automatico. Tuttavia, l’ossessiva ricerca del mainstream a tutti i costi, svilisce gli sforzi di un gruppo che meriterebbe un livello qualitativo di ben altra caratura. Se l’apertura di Show Me A Leader e la successiva The Writing On The Wall rappresentano il meglio del disco e indicano con efficacia qual è il target a cui deve mirare la band, altri episodi, come This Side Of Fade (che clona un abusatissimo clichè alla Muse) o il piattume da FM di You Will Be Remembered e Poisons In Your Veins, per citarne un paio, mostrano una tendenza al ribasso che inficia la qualità complessiva dell’album. La cui esasperante lunghezza (circa un’ora e un quarto) toglie, peraltro, ossigeno anche all’ascoltatore meglio disposto. Un mezzo passo falso, dunque, che tuttavia venderà benissimo ma che ci fa pensare a una band incapace di liberarsi da un certa assuefazione radio friendly che ne limita l’estro. Da questi quattro ragazzi è lecito attendersi molto di più.

VOTO: 6





Blackswan, mercoledì 02/11/2016

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