Chi già
possiede nella propria discografia due dischi come Live Bullet (1976) e Nine
Tonight (1981) sa esattamente cosa aspettarsi in termini di coinvolgimento
emotivo da un disco dal vivo di Bob Seger. Questo Live Radio Broadcast,
registrato a Worcester (Massachusetts) la sera dell’8 ottobre del 1986,
rappresenta probabilmente l’unica registrazione in circolazione di quell’anno e
testimonia alla grande l’atmosfera creatasi intorno all’American Storm Tour,
mastodontico carrozzone itinerante che, in nove mesi, portò Seger a suonare per
centocinque serate, vendendo la bellezza di un milione e mezzo di biglietti. La
registrazione, la cui resa sonora è perfetta, coglie il rocker di Detroit in
uno dei momenti topici della sua carriera, quello cioè successivo alla
pubblicazione di Like A Rock (1986), un disco che non può certo essere annoverato
fra i suoi migliori, ma che valse a Seger la terza piazza delle classifiche di
Billboard, un disco di platino, tre milioni di copie vendute e il passaggio del
brano Miami durante una puntata di Miami Vice. Il live, inoltre, possiede un
ulteriore elemento di interesse, perché in scaletta compaiono solo sette brani
che troverete anche nei due dischi dal vivo citati poc’anzi, mentre gli altri
tredici che compongono la scaletta sono assolutamente inediti a livello di
pubblicazioni ufficiale. La rodatissima band che accompagna Seger (Tim Mitchell
e Mark Chatfield alle chitarre, Chris Campbell al basso, Kenny Aronoff alla
batteria, tre tastieristi, tra cui Bill Payne- Little Feat e Doobie Brothers- e
il grande Alto Reed al sassofono) crea un potentissimo muro di suono su cui
Seger canta il meglio del suo repertorio vecchio e nuovo: ruspanti rock’n’roll
trasudanti negritudine (Makin’ Thunderbirds e una travolgente The Horizontal
Bop) e ballate assassine che lasciano tramortite (una We’ve Got Tonight da brividi
e l’immarcescibile Turn The Page). Ciò che troverete in questi due
gagliardissimi due cd è una musica selvaggia, diretta e senza compromessi, che
quando viene suonata dal vivo trova la sua resa migliore. Qui c’è tutta la
filosofia artistica di Bob Seger: un rock primordiale per blue collar, che il
venerdì sera vanno al pub a bersi la paga della settimana, e canzoni che, una
dietro l’altra, si scolano come pinte di birra. Era musica per beatiful losers,
per quella classe proletaria e operaria, cioè, che negli States del 1986
sognava con le canzoni di Seger un futuro migliore e che oggi, tradita nel
proprio sogno americano, vota Trump.
VOTO: 7
Blackswan, mercoledì 23/02/2017
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