The First Lady Of Outlaw
Country. E’ questo l’appellativo che la stampa americana ha dato a Nikki Lane,
trentatreenne songwriter originaria di Greenville, South Carolina, e ora
trasferitasi a Nashville, città dalla quale è partita la sua rapidissima
ascesa. Prima di Highway Queen, la Lane aveva già pubblicato un paio di dischi
che avevano avuto largo apprezzamento di critica e di pubblico. L’ultimo, All Or
Nothin’ (2014), oltre ad aver fruttato alla Lane una nomination dell’Americana
Music Association come artista emergente, ha visto in cabina di regia niente
meno che Dan Auerbach (Black Keys), a testimonianza che il nome di questa ragazza
ha iniziato fin da subito a girare negli ambienti che contano. Il nuovo full
lenght, uscito a tre anni di distanza dal precedente, a dispetto della
copertina clamorosamente roots, è un disco che segna un deciso cambiamento nel
suono che ha caratterizzato le prove precedenti. La parabola è, più o meno,
quella intrapresa lo scorso anno da Lydia Loveless: le sonorità outlaw country
persistono, ma come sfumature, mentre l’impianto di Highway Queen vira
decisamente verso il rock e il pop. Il cambiamento, su questo non ci sono
dubbi, farà storcere il naso a buona fetta del pubblico che aveva seguito con
interesse la Lane fin dai suoi esordi. Eppure, nonostante il cambio di rotta,
il risultato finale è decisamente brillante. Il disco, prodotto dalla stessa Nikki
Lane e dal di lei fidanzato, Jonathan Tyler (già frontman dei Norther Lights,
gruppo dalle sonorità decisamente blues rock, qui anche ai cori e alle chitarre),
spazia fra generi, evidenziando un songwriting duttile e capace di muoversi con
convinzione anche fuori dallo steccato country. Apre 700.00 Rednecks, rock
blues declinato con modernità, con la chitarra in bella evidenza e un mood da
notturno metropolitano. Nella title track (sorta di confessionale emotivo in
cui la songwriter canta sè stessa come una ragazza che si presenta indossando “tight
blue jeans and long black hair” e che “come to play but she won’t stay”), il
suono di una pedal steel suggerisce all’ascoltatore quale sia il retroterra
della Lane, anche se poi il brano continua con un pulsante andamento rock. Rock
e pedal steel sono anche gli ingredienti del mid tempo Lay You Down, mentre Big
Mouth, si muove in territori più usuali per la Lane, qui nei panni di
un’esuberante Loretta Lynn. Decisamente pop è, invece, Foolish Heart, che
nonostante la melodia accattivante e radiofonica, risulta una delle migliori
composizioni del lotto, con la bella voce della Lane che racconta i propri
sentimenti e le proprie aspirazioni di donna e musicista (“there ain’t no one gonna make me stop”). Il countrypolitan grezzo e
vagamente retrò e gli elementi roots che informavano il precedente lavoro
prodotto da Auerbach, in Highway Queen vengono decisamente levigati e hanno un evidente
ruolo di contorno. Eppure, quando parte l’irresistibile Jackpot, primo singolo
tratto dall’album, e la Lane grida a squarciagola Viva Las Vegas!, raccontando una notte passata giocando alle slot
machine e seducendo ragazzi, torna a divampare quella fiamma che aveva reso
leggendaria Emmylou Harris e la sua Hot Band. Highway Queen, dunque, ci
restituisce un artista in gran forma ma evidentemente alla ricerca di una nuova
identità. Se i precedenti lavori erano valsi alla Lane un successo a dir poco
inaspettato e una notevole visibilità in ambito country, oggi, la cantautrice del
South Carolina si rivolge a un pubblico più ampio, portando in dote il suo
retroterra ma imboccando anche strade diverse. Possa piacere o meno questo
cambio di rotta, il risultato finale è però un disco vario, divertente e ricco di
suggestioni.
VOTO: 7,5
Blackswan, mercoledì 08/03/2017
2 commenti:
Mi piace la Lane, non sapevo avesse prodotto materiale nuovo.
Lo recupero, che te lo dico affà?
@ Monty: ci ha fatto apsettare un pò, ma ne vale la pena :)
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