Terra Lightfoot, da tempo
ormai, cammina sul quel sottile confine che separa i sobborghi dell’indie dai
più rigogliosi territori mainstream: popolare in Canada, suo paese d’origine,
oggetto di interesse nei vicini Stati Uniti, semi sconosciuta dalle nostre parti,
ancorché artista di culto da parte di una ristretta cerchia di appassionati. La
ragazza, come testimoniano i due dischi fino ad oggi pubblicati (Terra
Lightfoot del 2011 e Every Time My Mind Ruins Wild uscito nel 2015) ha davvero
tutti i numeri per imporsi a più alti livelli: possiede una voce potente, suona
con consumata maestria la Gibson SG (suo segno distintivo) e vanta un
songwriting maturo e articolato. Ma è probabilmente la dimensione live che la
chitarrista originaria di Waterdown predilige, avendo inanellato tra il 2015 e
il 2016 una lunghissima serie di concerti in giro per il mondo (a settembre
arriverà anche in Europa, ma purtroppo non in Italia) che le sono valsi l’ambito
Road
Gold Certification, un premio che in Canada viene consegnato a chi è riuscito a
vendere oltre venticinquemila biglietti. Rientra, pertanto, nell’ordine delle cose
che la Lightfoot, nonostante una carriera in solitaria di poco più di un lustro,
decida di pubblicare il suo primo album dal vivo. Live In Concert, uscito a
febbraio via Sonic Unyon, contiene la registrazione di due serate tenutesi
presso LiveLab della McMaster
University di Hamilton, sulle sponde del lago Ontario. A rendere
particolari le nove canzoni che compongono la scaletta del disco è la presenza
della National Academy Orchestra of
Canada, diretta da Boris Brott. Una scelta, questa, che probabilmente
farà storcere il naso a quanti temono l’eccesiva pomposità del suono
orchestrale, ma che in realtà si rivela vincente, grazie ad arrangiamenti dinamici,
freschi e, davvero, mai invadenti. La proposta della Lightfoot, dunque, non
viene stravolta né inficiata da eccessi barocchi, e il suo roots rock,
accompagnato da archi e fiati, suona meravigliosamente bene sia quando si tinge
di soul (la pimpante No Hurry) sia quando, in See You In The Morning (con il
contributo di Angus MacDonald), sfodera in perfetta simbiosi la grinta delle
chitarre e un delizioso ritornello colorato di pop. Un disco riuscito,
frizzante e divertente, che permetterà a tutti coloro che ancora non conoscono
Terra Lightfoot di accostarsi con soddisfazione alla talentuosa artista
canadese.
VOTO: 7
Blackswan, mercoledì 15/03/2017
2 commenti:
Come già sai ho apprezzato moltissimo :)
@ Firma : certo :)
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