Una donna in
stato confusionale viene trovata nuda in un parco. La signora per fortuna sta
bene, ma non ricorda assolutamente nulla di cosa sia successo la sera prima, né
ha idea del perché si trovi lì, per di più senza vestiti. È solo il primo di
una serie di episodi bizzarri. Incaricati subito di seguire le indagini, nel
giro di poco Van In e il suo inseparabile braccio destro Versavel si ritrovano
sulle tracce di una setta di fanatici cattolici. Ben introdotti negli ambienti
della finanza e della politica, hanno un piano ambizioso: sopprimere le
tentazioni sessuali, azzerare le disuguaglianze economiche, eliminare la
corruzione nel mondo e instaurare una teocrazia basata sul sacrificio. Costi
quel che costi. Quando, molto presto, gli episodi bizzarri si trasformano in
una serie di avvenimenti sempre più drammatici e cruenti, comincia
un’escalation di terrore e violenza che si propaga da Bruges in tutto il paese
con un’ampia eco mediatica. La situazione sembra senza via d’uscita quando la
stessa Hannelore, sua moglie, giudice istruttore, viene rapita dai membri della
setta. L’equilibrio e le capacità dell’ispettore Van In e dell’amico Versavel
questa volta verranno messi davvero a dura prova. Tra richiami biblici, rituali
inquietanti, atmosfere cupe e ricordi dolorosi, il commissario più amato del
Belgio ritorna in questa nuova indagine mozzafiato, appassionante e tristemente
attuale.
Cosa abbia
spinto molti a parlare in termini lusinghieri di questo romanzo, mi risulta
francamente incomprensibile. In tutta onestà, non avevo mai letto, prima di
adesso, nessuna delle indagini dell’ispettore Van In (siamo al settimo
episodio), non so dire se L’orecchio Di Malco sia un errore di percorso, magari
reso ancora più visibile da qualche incertezza nella traduzione, o se invece
sia perfettamente in linea, per contenuti e stile, con le opere precedenti.
Certo è che in questo romanzo, e usiamo il termine con benevolenza, Pieter Aspe
non ne azzecca una nemmeno per sbaglio, collocandosi a livello di scrittura,
idee e svolgimento un metro sotto a quell’ipotetico minimo sindacale già
abbondantemente sforato dalla Paula Hawkins di La Ragazza Del Treno. Se l’idea
di partenza possiede il fascino dell’attualità (il terrorismo e il fanatismo
religioso, questa volta, però, declinati in salsa cattolica), lo scrittore
belga, tuttavia, non riesce mai a far decollare il romanzo, pasticcia con una
materia che evidentemente conosce solo da qualche conversazione da bar e crea
un mappazzone indigesto senza capo né coda. La prosa, infatti, è sciatta e
puerile all’inverosimile, i dialoghi rasentano il ridicolo, e i personaggi,
privati, ritengo inconsapevolmente, di ogni connotazione psicologica, sono ridotti
al rango di esilaranti macchiette (tra masturbazioni compulsive, scaramucce
verbali degne di Sandra e Raimondo e grotteschi scambi di convenevoli fra
condannati a morte). E tutto ciò sarebbe perfino accettabile se l’obbiettivo
prefissato, cioè quello di scrivere un thriller, fosse stato in qualche modo
raggiunto. Invece, i nodi dell’intreccio narrativo restano quasi tutti
irrisolti, la trama procede per intuizioni date per scontate e non supportate
da ricostruzioni investigative plausibili, il ritmo è soporifero, i colpi di
scena quasi inesistenti, e il finale, frettoloso e raccogliticcio, è talmente
ridicolo da indurre il lettore a chiudere l’ultima pagina del libro con una
grassa e sonora risata. Insomma, se si arriva fino alla fine molto velocemente,
non è perché si è assorbiti da una lettura avvincente e palpitante, ma è solo
per porre fine alle sofferenze del nostro intelletto. Così, per evocare il nome
biblico che dà il titolo a questa nefandezza, viene spontaneo esibire un rozzo
calembour: se è vero che Pietro tagliò l’orecchio al povero servo Malco, Pieter
fa più o meno la stessa cosa con i nostri zebedei. Letifero.
Blackswan, giovedì 20/04/2017
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