Ali
Handal è una straordinaria musicista che, soprattutto da noi, vive,
però, lontanissima dalle consuete (e consunte) rotte commerciali, pur
avendo un piccolo ma appassionato seguito di fans che stravedono per la
sua voce e la sua chitarra. Alle sue spalle, oltre a un pugno di dischi
di pregevole fattura, ci sono anche collaborazioni prestigiose con Neil
Young, di cui è stata per un certo periodo la backing vocalist, e Paul
Williams, autentica leggenda della canzone americana; inoltre, Ali, ha
anche scritto uno straordinario manuale di tecnica chitarristica e
composizione, dedicato a tutte le donne che hanno intenzione di
intraprendere la carriera di songwriter (Guitar For Girls,
pubblicato dalla Hal Leonard). Le sue canzoni, poi, sono finite nella
colonna sonora di alcune seguitissime serie tv (Sex and the City,
Dawson’s Creek, per citarne un paio) che le hanno permesso di avere un
po’ di quel ritorno mediatico, mancato in altre occasioni. That’s What
She Said è il primo disco pubblicato con la Red Parlor Records ed è il
primo disco in cui la Handal spinge tantissimo sulle sonorità funky, di
cui sono colorate la maggior parte delle canzoni in scaletta, composta
di dodici brani, alcuni dei quali iniziati a scrivere già cinque anni fa
e, successivamente, ritoccati e perfezionati per l’occasione. Gli
elementi più interessanti del disco, tuttavia, sono altri: in primo
luogo, la splendida voce di Ali, potente e ricca di sfumature, e la sua
tecnica alla chitarra, il cui suono pulito e icastico, va subito al
dunque, senza fronzoli e sbrodolamenti, sia quando usa l’elettrica, sia
quando si cimenta con la slide sulla chitarra acustica. Ad
accompagnarla, poi, c’è una band di fenomeni, tra cui Jimmy Paxson alla
batteria (sessionista che ha collaborato un po’ con tutti, da Stanley
Clarke a Steve Vai), Bikki Johnson (altra apprezzatissima sessionista
losangelina) al basso, David Leach alle percussioni e Steve Aguilar alle
tastiere. Il risultato è un disco che, a prescindere dalle canzoni, è
suonato da Dio, tra atmosfere bluesy e jazzate, ballate intense dai
sentori “americani” (la conclusiva Last Lullaby, lenta e
sospesa, è da brividi) e travolgenti groove funky. Un disco che, come si
evince dal titolo, parla di uomini e donne, di rapporti interpersonali e
di amori, attraverso una prospettiva squisitamente femminile, che pesca
nel vissuto di Ali, che sa commuovere e al contempo anche divertire.
Tra gli high lights il funky grassissimo di Everybody’s So Naked,
basso gommoso, drumming pirotecnico e la straordinaria chitarra di Ali a
incollare gli strumenti in un groove irresistibile, il velluto jazzy di
What Is And What Should Never Be, canzone presa in prestito dal secondo album dei Led Zeppelin, e le armonie pop di Enough For Me, in cui la Handal dimostra quanto sia versatile il proprio timbro vocale. Per amanti della sei corde, ma non solo.
Blackswan, giovedì 29/11/2017
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