Lo
dico con affetto: penso che il buon vecchio zio Neil ultimamente sia un
po’ confuso. È come se si rendesse conto che il tempo passa inesorabile
e che la sabbia nella sua clessidra stia lentamente esaurendosi. Così,
preso da una foga ipercreativa, fa e disfa, e butta sul fuoco tanta
carne, spesso non adeguatamente marinata. Le idee e la passione non
mancano certo: la militanza indomita contro le politiche estere
americane e le grandi multinazionali, il progetto di Pono Music per
garantire agli ascoltatori una musica di alta qualità (come se a questo
mondo ancora interessasse a qualcuno ascoltare dei dischi come Dio
comanda), il suo supporto fattivo all’iniziativa Bridge School Benefit,
la scelta recentissima di rendere accessibile in streaming la propria
ponderosa discografia e il cambio della backing band (i Promise Of The
Real di Lukas Nelson al posto dei leggendari Crazy Horse).
Neil
non smette mai di stupire, ma è come se fosse sopraffatto dall’urgenza
di realizzare tutto quello che gli passa in mente prima di non avere più
il tempo per farlo. È inevitabile, allora, che la qualità ceda il passo
a una quantità non sempre centrata, sia nella forma che nei contenuti.
Succede, allora, che negli ultimi cinque anni si sia passati da un
grande disco come Psychedelic Pills (2012) a progetti un filo demenziali
come A Letter Home (2014), da album dignitosi come The Monsanto Years
(2015) e Peace Trail (2016) a prescindibili recuperi di vecchio
materiale (Hitchhiker, uscito pochi mesi fa). Questo nuovo The Visitor,
ancora in compagnia dei Promise Of The Real, non fa altro che confermare
quanto appena detto, perché racchiude tutto il “Neil Young pensiero”,
dalla cavalcata elettrica alla ballata acustica, e qualche tentativo di
spiazzare i fans con azzardi che si scostano da quel suono che da
decenni è un marchio di fabbrica.
Il
risultato, però, appare poco coeso e ancor meno ispirato. La
classicissima Already Great (scritta in risposta allo slogan trumpiano
“Make America Great Again”), pur apprezzabile nei suoi intenti politici,
manca di vero mordente (inutile girarci intorno: i Crazy Horse sono
tutta un’altra cosa). Suona decisamente meglio Stand Tall, chitarre
lancia in resta e distorsore a palla, ma si tratta comunque di un brano
che abbiamo ascoltato già centinaia di volte.
Nessuna
sorpresa anche con episodi acustici come Almost Always, impreziosita da
un bel suono di armonica e, direi, la migliore del lotto, o come Change
Of Heart, dignitosissimo country, a cui un arrangiamento migliore
avrebbe dato maggior lustro. Escono, invece, dal consueto gli otto
minuti e mezzo di Carnival, le cui sonorità latine conducono
inevitabilmente tra le braccia di Santana, e il bluesaccio in chiave
stonesiana di Diggin’ A Hole. Due brani, questi, senza infamia e senza
lode. Children Of Destiny, invece, è un pezzo terrificante, costruito su
un arrangiamento orchestrale obbrobrioso, a metà fra canzone di Natale e
velleità da musical. E sono poco più che accettabili anche la
successiva, caracollante, When Bad Got Good, che puzza di filler a
chilometri di distanza, e il pippone acustico di dieci minuti di
Forever, che forse avrebbe potuto avere un senso, se abbondantemente
sforbiciata nella durata.
In
definitiva, The Visitor è un disco di cui avremmo tranquillamente fatto
a meno: risaputo, cosa che non è necessariamente un male, ma anche poco
ispirato, sfilacciato, e un filo verboso. Proprio come il suo autore,
di cui è comprensibile la senescente prolificità, ma al quale, forse,
gioverebbe un tranquillo periodo di riflessione.
VOTO: 5
Blackswan, sabato 09/12/2017
2 commenti:
L'Onnosciente ormai non deve dimostrare piu' nulla e per questo si permette di fare tutto quello che fa. Sa di poterselo permettere, ma è tutto confuso. Forse vorrebbe ricominciare tutto da capo, ancora una volta, ma Harvest nessuno lo potrà mai più rifare; nemmeno lui.
Perdoniamolo, dai.
P.S.: i Promise Of The Real non mi piacciono per niente: ormai vecchio ed abitudinario, io resto legato ai Crazy Horse che, come dici anche tu, sono altra cosa.
@ Granduca: caro Granduca, tutto vero quel che dici. Noi, lo zio Neil, però, lo abbiamo già perdonato. Un abbraccio :)
Posta un commento