Ci
sono estati che ti entrano sotto la pelle come ricordi eterni. Per il
giovane Fielding Bliss quell’estate è il 1984, l’estate che cambierà
per sempre la sua esistenza e quella di tutti gli abitanti di Breathed,
Ohio. Qui, in una giornata dal caldo torrido, il diavolo arriva
rispondendo all’invito pubblicato sul giornale locale da Autopsy Bliss,
integerrimo avvocato convinto di saper distinguere il bene dal male, e
padre di Fielding. Nessuno in paese si sarebbe mai aspettato che Satana
avrebbe risposto. E tantomeno che si sarebbe palesato come un tredicenne
dalla pelle nera e dalle iridi verdi come foglie, eppure quel ragazzo
uscito dal nulla sostiene davvero di essere il diavolo. A incontrarlo
per primo è Fielding, che lo porta con sé a casa. I suoi genitori subito
pensano che il giovane, che sceglierà di farsi chiamare Sal, sia
scappato dalla propria famiglia, eppure le ricerche non portano a nulla,
e in lui sembra esserci veramente qualcosa di impenetrabile e
misterioso. Qualcosa che gli abitanti di Breathed non capiscono e li
farà persuadere che quel ragazzo dalle lunghe cicatrici sulle spalle sia
realmente quello che dice di essere: il diavolo. Intanto, un’afa
incredibile scioglie i gelati e i pensieri e confonde i rapporti e le
certezze, il senso del bene e del male, dell’amore e della sofferenza,
della fiducia reciproca e della paura. Lirico, struggente, sorprendente e
davvero unico nel panorama contemporaneo, L’estate che sciolse ogni
cosa è un romanzo di una bellezza folgorante che segna l’esordio di una
nuova, grande voce letteraria.
Un
padre procuratore che scrive una lettera al diavolo; una madre che non
esce di casa perché ha il terrore della pioggia, anche se fuori
imperversa l’afa; due fratelli legati da un affetto profondo destinato a
mutarsi in tragedia; una zia rancorosa, che annoda capelli e rimpianti
in un unico groviglio di dolore; un nano vegetariano, che simula la vita
coniugale con la fidanzata morta tempo prima; una bambina senza una
gamba, che passa le giornate sotto un albero, a leggere e a sottolineare
parole; un cagnolino che ha le sembianze e i modi di una dolce nonnina;
un vecchio che vive relegato in una roulotte, rifiutando ogni contatto
col prossimo.
E
poi c’è lui, Sal, un ragazzino di colore, sporco e smarrito, che parla
come un filosofo, che pensa come un adulto, che vuole mangiare gelato e
che tutti credono il diavolo. Sono questi i personaggi che si muovono a
Breathed, Ohio, durante la caldissima estate del 1984. Personaggi
inusuali e strambi, certo, eppure credibilissimi nei loro contorni
abilmente tratteggiati che, in un primo momento, sembrano dare vita a un
intreccio dal sapore vagamente gotico, che tanto ricorda narrazioni
cinematografiche lynchane.
Eppure,
all’interno di un ordito che assume fin da subito i caratteri di una
fantasia quasi naif, c’è la realtà del midwest americano, delle piccole
cittadine di provincia, dove tutti si conoscono, dove tutti sanno tutto
di tutti, dove la vita scorre all’apparenza come un lungo fiume
tranquillo, ma basta il sommesso soffio della calunnia, il refolo della
maldicenza, per far deflagrare un inarrestabile tornado di violenza.
Nel
romanzo della Mc Daniel c’è un’evidente critica alla società americana
e, soprattutto, a quella provincia che rappresenta lo zoccolo duro
dell’elettorato trumpiano. Sarebbe, tuttavia, riduttivo, limitare a un
solo piano di lettura l’interpretazione dell’opera prima di questa
giovane autrice statunitense. Che è, come abbiamo suggerito, romanzo di
critica sociale, ma che si muove anche attraverso coordinate inconsuete,
ove il ricordo nostalgico si intreccia con un inquietante retrogusto
noir, e che nel suo inaspettato sviluppo, si trasforma in un inusuale
romanzo di formazione. O forse, sarebbe meglio dire, in un romanzo di
distruzione. Perché Fielding, protagonista del libro e voce narrante,
perderà la sua innocenza di ragazzino, ma non riuscirà però a trovare la
maturità dell’uomo adulto, non saprà raccogliere i frutti
dell’esperienza vissuta, trasformandosi in una parodia d’uomo,
anaffettivo e privo di ogni benché minimo afflato etico.
E
sotto questo aspetto entra in gioco la figura di Sal e quello che è il
significato primo della narrazione. Perché Sal, macilento ragazzo nero
che si presenta all’improvviso nella comunità di Breathed, è
l’architrave su cui poggia il senso del romanzo. Diavolo o no, e
francamente poco importa, Sal rappresenta semmai la variabile impazzita
delle nostre vite, l’imprevisto che produce un effetto domino
sull’abitudinaria sequenza dei nostri giorni.
Sal
è la vita e la morte, è il bene il male, è la fede e l’agnosticismo, è
lo specchio che ci obbliga a confrontarci con quello che pensiamo di
essere, con la nostra forza interiore, con la capacità di amare e di
odiare, col nostro essere umani a tutto tondo. Non è una forza esterna e
sovrannaturale, bensì, molto più semplicemente, l’innesco di un’intima
deflagrazione emotiva, che ci strattona e ci obbliga a conoscere fino in
fondo chi davvero siamo. Non anticipiamo nulla, ovviamente,
dell’emozionante trama, del palpitante finale e delle decine di storie
che, come rivoli paralleli, si disperdono dal corso principale del
racconto, rendendo L’estate Che Sciolse Ogni Cosa un cinico, spietato e,
al contempo, emozionato campionario di uomini e donne alle prese col
naufragio delle proprie esistenze. Basti sapere, da ultimo, che la prosa
della Mc Daniel (stiamo parlando di un’esordiente) ha quasi del
miracoloso: è densa, è ricca, è capace di inusuali metafore che
soggiogano la forza della parola al potere evocativo dell’immagine (e
dell’immaginario). Lirico, potente, visionario: in poche parole, il
miglior romanzo dell’anno.
Blackswan, lunedì 18/12/2017
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