sabato 25 agosto 2018

THE MAGPIE SALUTE - HIGH WATER 1 (Mascot Label Group/ Provogue, 2018)

I Black Crowes non ci sono più e i due fratelli Robinson si stanno amorevolmente sul cazzo.  Su questo non ci piove, visto che Chris, ex frontman della band, non perde occasione per ribadire il concetto e prendere le distanze dal fratello Rich. I fans e i nostalgici, però, hanno trovato conforto nei Magpie Salute, progetto revivalista messo in piedi da Rich Robinson con la collaborazione degli ex componenti della band dei Corvi Neri (a fianco del chitarrista si allineano in buon ordine Marc Ford alla chitarra e Sven Pipien basso.
Se il primo omonimo album, uscito lo scorso anno, faceva pensare a una sorta di cover band (in scaletta c’era un solo brano originale – Omission - mentre le restanti nove canzoni sono reinterpretazioni di brani dei Black Crowes, di Bob Marley, dei Pink Floyd, di Delaney and Bonnie e dei Faces) e, pur nella sua dimensione clamorosamente passatista, suonava comunque divertente e brillante, High Water I (il secondo capitolo è previsto per il 2019) è invece un album composto interamente di canzoni scritte per l’occasione e mette in luce, finalmente, uno stile ben definito e un suono godibilissimo.
Aleggia sulla scaletta, e non poteva essere diversamente, il fantasma dei Black Crowes (non è un caso che Magpie significhi gazza); tuttavia, in High Water I c’è molto meno southern rock di quel che ci si potesse aspettare. Se, infatti, episodi come Take It All o Send Me An Omen (singolo di facile presa, reso irresistibile da quei coretti deliziosamente retrò), richiamano in auge i fasti di un suono indimenticabile, in altri episodi la band cerca strade che si discostano dalla via maestra. Il rock distorto e martellante dell’iniziale Mary The Gypsy romba ai confini dell’hard e pompa subito nelle vene una buona dose di adrenalina.
La successiva High Water sceglie la psichedelia e innesca reminiscenze hippie, ma è un po' troppo lunga e verbosa per cogliere nel segno. Psichedelica è anche Walk On Water, con quel cantato dagli accenti quasi pinkfloydiani e, soprattutto, la splendida Sister Moon, ballata percorsa da fremiti nostalgici e resa memorabile da un ritornello anche in questo caso imparentato con la band inglese di The Wall. Hand In Hand è un discreto blues sudista, You Found Me un carezzevole ballatone country, mentre Can You See sfoggia un prevedibile e roccioso abito rock blues confezionato da chitarre agguerrite.
Chiude la cadenzata Open Up, ballata da crepuscolo in quota CS&N, chiosando alla grande un buon disco, che palesa però qualche difetto in fase di scrittura. Quando la band azzecca l’intuizione, però, sforna canzoni all’altezza della propria fama, regalando a tutti gli appassionati di classic rock qualche valido motivo per non sentirsi orfani di un glorioso passato.

VOTO: 7 





Blackswan, sabato 25/08/2018

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