A
prescindere da tutte le altre uscite discografiche, il 2018 verrà
ricordato, in ambito rock blues, come l’anno della consacrazione
definitiva di Beth Hart. Non solo per le numerose uscite discografiche a
suo nome (Black Coffee, terzo album in studio con Joe Bonamassa, e Front And Center Live From New York,
resoconto di un concerto tenutosi all’Iridium Jazz Club, il 7 marzo del
2017), ma anche, e soprattutto, per un’attenzione mediatica mai così
rilevante, tanto che in molti, anche nel nostro paese, si sono accorti
della sua esistenza e della sua bravura.
Insomma,
è finalmente arrivato il successo, quello su cui molti avrebbero
scommesso dopo la pubblicazione del suo secondo disco, Immortal (1996),
e che, invece, è tardato, almeno fino a quando la Hart non ha
incominciato a esibirsi col suo pigmalione artistico, Joe Bonamassa.
Questo Live At The Royal Albert Hall
(esibizione tenutasi il 4 maggio del 2018) suona, dunque, come la
consacrazione definitiva di un’artista che si è conquistata, stringendo i
denti e non mollando mai, nonostante un passato problematico, una fetta
di audience sempre più ampia, che ha saputo ampliare nel tempo i suoi
registri espressivi (non solo blues e rock, ma anche soul, jazz e una
dimensione più intima e cantautoriale) e che, disco dopo disco, ha
migliorato le proprie indiscutibili doti vocali, fino a giungere a un
livello di perfezione assoluta.
Difficile,
dunque, non innamorarsi di questi due cd (e relativo dvd), in cui Beth
Hart dimostra di essere non solo abile songwriter ed inarrivabile
interprete ma, anche, un’incredibile performer. Un live act senza un
solo momento di stanca, quindi, in cui la Hart vive quasi un processo
osmotico col suo pubblico, con cui dialoga e gigioneggia, dando vita a
divertentissimi call and response, e in cui la caratura tecnica
dell’esibizione (backing band da urlo con Jon Nichols alla chitarra, Bob
Marinelli al basso e Bill Ramson alla batteria) viene fagocitata dal
carisma e dalla passionalità della cantante losangelina.
Che
non risparmia energie, dando tutto fino all’ultima stilla di sudore, e
che si mette a nudo, nella sua femminile fragilità, commuovendosi alle
lacrime quando dedica al suo manager e marito, Scott Guetzkow,
un’intensa e struggente Leave The Light On (per inciso, Scott è
stato l’uomo che ha salvato Beth dalla dipendenza dalla droga,
aiutandola anche a curarsi da alcuni importanti disordini bipolari).
Un set estremamente vario, che inizia con una As Long As I Have A Song, cantata a cappella in mezzo al pubblico, prima di salire sul palco, che ha i suoi momenti tirati e muscolari (For My Friends, Baby Shot Me Down, Trouble e un’immensa Waterfalls, con
Nichols sugli scudi), ma che trova il suo apice nei momenti più
raccolti, quando la Hart si siede al piano per un filotto di canzoni che
lascia col groppo in gola per l’emozione (la citata Leave The Light On, ma anche Take It Easy On Me e My California).
Le due ore di concerto si chiudono con Caugth Out In The Rain,
slow blues dalle temperature altissime, in cui la Hart da sfoggio di
tutto il suo bagaglio vocale, dimostrando, se ce ne fosse bisogno, che
potrebbe cantare anche “Le tagliatelle di nonna Pina”, riuscendo
comunque a spappolarti il cuore.
Live superbo.
VOTO: 8
Blackswan, mercoledì 09/01/2019
2 commenti:
Un PREMIO da me per te!
Cristiana
oggettivamente una gran bella voce
Posta un commento