Ally
Venable ha solo diciannove anni. La cosa già sorprenderebbe, se questo
fosse il primo album della chitarrista e cantante texana. In realtà,
Ally è arrivata al suo terzo disco in studio, il primo dei quali
pubblicato quando aveva poco più che sedici anni. Un talento precoce,
dunque, maturato fin da bambina, quando ha iniziato a cantare nel coro
della chiesa vicino a casa, e poi, esploso, quando, a soli dodici anni,
ha imbracciato per la prima volta la chitarra elettrica, senza più
mollarla.
Da
quel momento in avanti, la bacheca della giovanissima Venable si è
riempita di premi: ha vinto per due volte l’East Texas Music Award come
chitarrista dell’anno e tre volte ha portato a casa lo stesso premio per
la Blues Band dell’anno e per l’album dell’anno.
E’ stato, però, il secondo disco, Puppet Show,
finito al settimo posto di Billboard Blues Chart, ad attirare
l’attenzione di Thomas Ruf, patron della Ruf Records, che ha preso Ally
sotto la propria ala protettrice e l’ha affidata alle sapienti mani di
Mike Zito (Samantha Fish, Katarina Pejak, etc.), che ha prodotto questo Texas Honey.
Affiancata da due vecchie volpi come Bobby Wallace al basso e Elijah
Owings alla batteria, con cui crea un power trio affiatato e
cazzutissimo, la Venable dimostra di essere tutt’altro che una musicista
alle prime armi, sfoderando uno stile già ben definito e un discreto
songwriting votato a un rock blues potente e senza troppi fronzoli, che
spesso e volentieri evoca i suoni della terra natia.
La
voce di Ally, vista la giovane età, è un po' acerba, manca di
profondità e di sfumature, e forse sarebbe adatta più al pop che al rock
e al blues; tuttavia, il contrasto tra il timbro vocale esile e una
chitarra distorta e arroventata, che forgia riff perentori (Broken, White Flag), sferra rumorosissimi colpi sotto la cintola (Come And Take It, con Eric Gales ospite alla sei corde e alla voce) e galoppa selvaggia nei territori di un primitivo rock’n’roll (Love Struck Baby), produce un effetto straniante e di inaspettata efficacia.
Un
disco gagliardo e convincente, dunque, che rende Ally Venable una delle
più promettenti figure nell’ambito del rock blues americano in quota
rosa (movimento spesso alimentato proprio dalle intuizioni della Ruf
Records). Se sarete in grado di perdonare a questa ragazzina una delle
più brutte copertine di tutti i tempi, avrete modo di divertirvi.
Garantito.
VOTO: 7
Blackswan, venerdì 05/04/2019
1 commento:
copertina orripilante davvero!! msa l'album e' piacevolmente tosto
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