Se Di Maio e
Salvini ostentano sorrisi e manifestano segni (apparenti) di disgelo alla
cerimonia del 2 giugno al Colle in compagnia delle rispettive fidanzate, non è
perché la buriana post elettorale si è miracolosamente dissolta. Al contrario,
il clima rarefatto che avvolge i due litigiosi e capricciosi vice premier pare
essere quello di una crisi imminente, peraltro già annunciata da tempo. Da una
parte c'è il (vice)premier in pectore Salvini, tronfio e forte di un consenso
elettorale senza precedenti che brandendo rosari e immaginette di Padre Pio,
dispensa bacioni e minacce più o meno velate ai tapini pentastellati. Che si
tratti di tatticismi o strategie politiche, un fatto e' chiaro: per il
leaderissimo del Carroccio il voto a settembre non è solo un desiderata ma un
obbiettivo da raggiungere non prima di avere definitivamente vampirizzato
quello che resta di Forza Italia e di Silvietto.
Se prima
l'intento di Matteo Salvini era quello di spazzare via i rom, ora è fin troppo
evidente che la ruspa la voglia adoperare per disperdere i competitor, unirsi
alla pasionaria Giorgia Meloni e installarsi definitivamente a Palazzo Chigi in
veste di Premier. È il delitto perfetto: a un Di Maio praticamente dimezzato
corrisponde un Salvini irrobustito non solo nel gradimento degli elettori da
nord a sud, ma anche agli occhi dei compagni di viaggio Berlusconi- Meloni che
intravedono un futuro da primi attori. Il leader del Carrocccio ora adotta la
tattica dello sfiancamento verso l'omologo Di Maio innescando mine a
profusione: dall'autonomia, ai condoni, al Tav, alla flat tax fino alla
disobbedienza ai dettami dell'Unione Europea. Per contro, Di Maio si lecca le
ferite e soggiace a una sindrome da assedio leghista. La sudditanza psicologica
e strategica a Salvini gli sta presentando un conto salatissimo che
difficilmente potrà pagare se non facendo saltare il banco al momento propizio.
Dall'altra parte della barricata c'è un timido Pd con un timido Zingaretti che
gioisce per la timida ripresa del partito. Peccato che nel frattempo ha perso
anche la Regione Piemonte. Ma tant'è. Per chi non se ne fosse accorto, la
campagna elettorale non è finita. "Adda passa' 'a nuttata", diceva
Gennaro Jovine in "Napoli milionaria". In fondo la notte, per buia
che possa essere, ha una durata limitata. Salvini permettendo.
Cleopatra,
lunedì 03/06/2019
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