Nonostante
sia praticamente da sempre nel mondo della musica, l’avventura solista
di Lillie Mae ha una genesi recentissima. La songwriter originaria
dell’Illinois, infatti, arriva al suo album d’esordio solo nel 2017,
avendo alle spalle già un ventennio di carriera. Lei, infatti era la
cantante e la violinista dei Jypsi, band a conduzione famigliare,
fondata a Galena (Illinois) nel 1994, che nel 2008 scalò le classifiche
country con un album (Jypsi) capace di fondere mirabilmente roots e pop.
Notata da Jack White, venne poi da questo inserita nella line up dei
The Peackoks, la backing band con cui il chitarrista di Detroit registrò
Lazaretto (è di Lillie la voce femminile che interpreta Temporary
Ground, terza traccia dell’album) e presa, poi, sotto l’ala protettrice
della Third Man Records, l’etichetta di proprietà dell’ex White Stripes.
Avere
dalla propria parte uno come Jack White, è ovviamente un vantaggio non
da poco, e aver avuto la fortuna di aprire i concerti dei The Raconteurs
nell’ultimo e recentissimo tour, costituisce un surplus di visibilità
per chi, giunta al secondo album, deve dimostrare che l’ottimo esordio
non fu solo un colpo di fortuna. E’ chiaro che l’endorsement di White,
per quanto importante, varrebbe nulla se la Mae non possedesse talento,
ed è altrettanto ovvio che un sophomore, sinonimo di conferma e
rilancio, deve avere tutte le carte in regola per il definitivo salto di
qualità.
Non
è un caso, quindi, che la violinista si sia affidata per questo Other
Girls al genio indiscusso di Dave Cobb, uno dei migliori produttori di
americana sul mercato. E la mano di Cobb si sente, eccome,
nell’originalità degli arrangiamenti e nella costruzione melodica dei
brani che sfugge all’ovvio e al prevedibile.
Così
si passa dalla classicità bluegrass/folk di Whole Blue Heart alle
atmosfere sognanti e psichedeliche di Terlingua Girl, che inizia morbida
per poi esplodere in un incubo di satura elettricità o a You’ve Got
Other Girls For That, ballata dai crescenti umori cupi, che narra di una
relazione senza amore. Ci sono tante intuizioni e molte brillanti idee
in un disco che suona ben più complesso di quanto possa apparire a un
primo ascolto superficiale. Il folk arrembante dell’antiromantica Crisp
& Cold (“Che cos’è l’amore? Perché non può essere reale?”) con le
sue cupe reminiscenze anni ’60, il folk introspettivo e la melodia pop
che trovano perfetto equilibrio in Some Gamble, l’incedere sbarazzino e
le armonie vocali di Didn’t I o la conclusiva, bellissima, Love Dilly
Love, bizzarro riff circolare, sovrapposizione di voci, approccio
sperimentale verso un’ipotesi di avanguardia folk.
Sono
molti i momenti davvero interessanti in Other Girls, soprattutto quando
la Mae, chiaramente ispirata dal suo mentore e supportata da un
innovatore come Dave Cobb, dribbla i paletti dell’ortodossia, per
aggiungere elementi audaci e imprevedibili a una scaletta che suona
freschissima. Il risultato è un disco di folk creativo e originale, che
non solo conferma quanto di buono ascoltato all’esordio, ma suggerisce
che la Mae, con ancora più coraggio, potrebbe davvero riuscire, in
futuro, a stravolgere le coordinate del genere.
VOTO: 7,5
Blackswan, venerdì 30/08/2019
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