lunedì 25 novembre 2019

CHRIS HORSES BAND - DEAD END & A LITTLE LIGHT (A-Z Blues, 2019)

La prima cosa che vi verrà da pensare, ascoltando a scatola chiusa Dead End & A Little Light, è di essere al cospetto di una grande rock band americana. Considerazione lusinghiera, per la Chris Horses Band, certo, ma che parte dell’erroneo prius logico che in Italia non si possano fare grandi dischi rock. E invece, guarda un po', questi cinque ragazzi, tutti molto giovani (Chris Horse, chitarra e voce; Mattia Rienzi, chitarra; Marco Quagliato, basso; Marco Tirenna, batteria; Giulio Jesi, sax) sono italianissimi, arrivano dal Veneto e, attraverso una campagna di crowdfunding, pubblicano il loro esordio per la nostrana e prestigiosa AZ Blues, da sempre sinonimo di qualità.
Otto canzoni, per un minutaggio che supera i quaranta minuti, in cui una miscela di rock, southern, blues e funky viene rielaborata con una vitalità e una freschezza davvero sorprendenti: se da un lato, infatti, si colgono immediatamente le fonti d’ispirazione (Widespread Panic, Lynyrd Skynyrd, Pearl Jam, etc.), dall’altro, non ci sono tracce di sterili copia incolla o della replica pedissequa di un suono. Questi ragazzi, infatti, conoscono molto bene la materia, ma sono già tanto maturi da riuscire a dribblare i clichè di genere e rielaborare un suono noto con originalità e idee.
Le canzoni, da questo punto di vista, possiedono una struttura articolata, che supera di slancio il frusto schema strofa/ritornello; inoltre, l’attitudine jammistica, supportata da un considerevole dispiego di mezzi tecnici, dà ulteriore sostanza e vigore ai brani, e i fraseggi di sax, che punteggiano tutte le canzoni in scaletta, rappresentano quella variabile “impazzita” che rende il suono della CHB decisamente personale.
Tutto gira a mille, da queste parti: la qualità del songwriting, le linee vocali efficacissime, gli arrangiamenti solidi, il suono avvolgente, il gusto per gli assoli e le capacità tecniche da navigati musicisti, cosa a dir poco stupefacente, se si pensa a quanto siano giovani questi ragazzi.
Quindi, mettete nello stereo Dead End & A Little Light, alzate il volume a palla e godetevi queste otto canzoni di scintillante classic rock. Si parte dal tracimante groove funky dell’iniziale Dead End, si passa attraverso i potenti echi zeppeliniani della fragorosa In Silence, ci si perde nell’esuberanza sudista di The Only Shelter (il giro di basso che richiama i Creedence Clearwater Revival, il suono delle chitarre che rimanda agli Allman) e si viene sballottati dal funky caracollante della divertita A Little Light, in cui la band gioca con stoppate e ripartenze, dimostrando una consapevolezza di mezzi e un affiatamento davvero unici.
Una menzione a parte va alla lunga e fascinosa This Old Town, la cui nostalgica melodia viene avvolta da brume psichedeliche per poi sciogliersi in un’infuocata coda strumentale. Il vertice, questo, di un disco appassionato, sincero e meravigliosamente suonato, che contribuisce a restituire al tanto vituperato rock made in Italy tutta l'attenzione che merita.

VOTO: 8





Blackswan, lunedì 25/11/2019

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