La prima cosa che vi verrà da pensare, ascoltando a scatola chiusa Dead End & A Little Light,
è di essere al cospetto di una grande rock band americana.
Considerazione lusinghiera, per la Chris Horses Band, certo, ma che
parte dell’erroneo prius logico che in Italia non si possano fare grandi
dischi rock. E invece, guarda un po', questi cinque ragazzi, tutti
molto giovani (Chris Horse, chitarra e voce; Mattia Rienzi, chitarra;
Marco Quagliato, basso; Marco Tirenna, batteria; Giulio Jesi, sax) sono
italianissimi, arrivano dal Veneto e, attraverso una campagna di crowdfunding, pubblicano il loro esordio per la nostrana e prestigiosa AZ Blues, da sempre sinonimo di qualità.
Otto
canzoni, per un minutaggio che supera i quaranta minuti, in cui una
miscela di rock, southern, blues e funky viene rielaborata con una
vitalità e una freschezza davvero sorprendenti: se da un lato, infatti,
si colgono immediatamente le fonti d’ispirazione (Widespread Panic,
Lynyrd Skynyrd, Pearl Jam, etc.), dall’altro, non ci sono tracce di
sterili copia incolla o della replica pedissequa di un suono. Questi
ragazzi, infatti, conoscono molto bene la materia, ma sono già tanto
maturi da riuscire a dribblare i clichè di genere e rielaborare un suono
noto con originalità e idee.
Le
canzoni, da questo punto di vista, possiedono una struttura articolata,
che supera di slancio il frusto schema strofa/ritornello; inoltre,
l’attitudine jammistica, supportata da un considerevole dispiego di
mezzi tecnici, dà ulteriore sostanza e vigore ai brani, e i fraseggi di
sax, che punteggiano tutte le canzoni in scaletta, rappresentano quella
variabile “impazzita” che rende il suono della CHB decisamente personale.
Tutto
gira a mille, da queste parti: la qualità del songwriting, le linee
vocali efficacissime, gli arrangiamenti solidi, il suono avvolgente, il
gusto per gli assoli e le capacità tecniche da navigati musicisti, cosa a
dir poco stupefacente, se si pensa a quanto siano giovani questi
ragazzi.
Quindi, mettete nello stereo Dead End & A Little Light,
alzate il volume a palla e godetevi queste otto canzoni di scintillante
classic rock. Si parte dal tracimante groove funky dell’iniziale Dead End, si passa attraverso i potenti echi zeppeliniani della fragorosa In Silence, ci si perde nell’esuberanza sudista di The Only Shelter
(il giro di basso che richiama i Creedence Clearwater Revival, il suono
delle chitarre che rimanda agli Allman) e si viene sballottati dal
funky caracollante della divertita A Little Light, in cui la band gioca con stoppate e ripartenze, dimostrando una consapevolezza di mezzi e un affiatamento davvero unici.
Una menzione a parte va alla lunga e fascinosa This Old Town,
la cui nostalgica melodia viene avvolta da brume psichedeliche per poi
sciogliersi in un’infuocata coda strumentale. Il vertice, questo, di un
disco appassionato, sincero e meravigliosamente suonato, che
contribuisce a restituire al tanto vituperato rock made in Italy tutta
l'attenzione che merita.
VOTO: 8
Blackswan, lunedì 25/11/2019
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