A
quarantaquattro anni, Ana Popovic è quel che si dice un’artista
affermata: si è fatta un nome in ambito rock blues e si è creata, grazie
a una già considerevole discografia, un seguito di fan appassionato e
fedele. Chitarrista tecnica, ma non priva di una certa gagliardia
espressiva, la musicista serba ha giocato negli anni con uno spettro di
sonorità (rock, blues, jazz, soul) che ha saputo sempre maneggiare con
autorevolezza, senza però mai tentare azzardi o aprirsi alla
sperimentazione.
Si
è sempre mossa, cioè, in una propria comfort zone, evitando di
assumersi grandi rischi, e virando spesso verso certe patinature
(immediatamente riconoscibili dalle copertine dei suoi album) che hanno
sopito l’ardore, piegandolo a logiche più smaccatamente mainstream. Se
in studio, i risultati sono stati altalenanti (l’ottimo e monumentale Trilogy del 2016, il prescindibile e mediocre Like It On Top
di due anni fa), dal vivo, la Popovic ha sempre dato il meglio di sé,
come se, fuori dagli angusti spazi della sala di registrazione,
ritrovasse improvvisamente libertà espressiva e sacro fuoco.
Questo
nuovo album è, in tal senso, la riprova di quanto la chitarrista sul
palco riesca a esprimere le sue doti migliori, che, fortunatamente, non
solo quelle di una tecnica indiscutibile. Registrato il 2 novembre del
2019, a Issoudun (Francia) presso il Centre Culturel Albert Camus, Live For Live
fotografa una serata vibrante, in cui la passione e la propensione al
groove si sposano con l’ottima performance della Popovic e di una
fantastica backing band, composta per tre quinti da musicisti italiani
(Michele Papadia alle tastiere, Davide Ghidoni alla tromba, Claudio
Giovagnoli al sax), oltre a Buthel al basso e Jerry Kelley alla
batteria.
Il
risultato è un disco molto suonato, in cui tutti gli elementi della
band si ritagliano momenti di assolo importanti, dando vivacità e colori
all’esecuzione dei brani e alzando il livello tecnico della
performance: se suonare tanto è un bene, suonare bene è meglio.
Ana
guida le danze, cantando con mestiere in tutti i brani e accendendo la
miccia alla sua esplosiva Fender: piede spesso schiacciato sul pedale
wah wah, e profilo minimal durante l’esecuzione, salvo, poi, al momento
giusto, prendersi gli spazi per impetuosi e ficcanti assolo. Tante note,
ma mai sprecate, tanta grinta, velocità e tecnica.
Un
live stilisticamente elegante, in cui la forma è sostanza, e la
sostanza possiede l’impeto d’improvvisazione delle migliori jam band.
Ogni brano in scaletta è vera goduria per le orecchie: dal groove funky
delle infuocate Can You Stand The Heat e Fencewalk, ai fiati scintillanti in stile New Orleans di New Coat Of Paint, dal blues indemoniato e adrenalinico Can’t You See What You’re Doing To Me (Albert King) fino alle atmosfere sensuali e in punta di plettro della lunga, vibrante Johnnie Ray, è tutto un susseguirsi di emozioni, sudore, giocosa e divertente musica.
Se
la Popovic riuscisse in studio a replicare anche solo la metà di questa
pura energia che riesce a creare sul palco, avremmo dischi di caratura
impressionante. Al momento, però, così non è, e ci tocca “accontentarci” di questo, che è uno dei migliori live pubblicati nel 2020.
VOTO: 8
Blackswan, sabato 04/07/2020
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