Un fine settimana di dicembre, il Palace de Verbier, lussuoso hotel sulle Alpi svizzere, ospita l'annuale festa di una importante banca d'affari di Ginevra, che si appresta a nominare il nuovo presidente. La notte della elezione, tuttavia, un omicidio nella stanza 622 scuote il Palace de Verbier, la banca e l'intero mondo finanziario svizzero. L'inchiesta della polizia non riesce a individuare il colpevole, molti avrebbero avuto interesse a commettere l'omicidio ma ognuno sembra avere un alibi; e al Palace de Verbier ci si affretta a cancellare la memoria del delitto per riprendere il prima possibile la comoda normalità. Quindici anni dopo, un ignaro scrittore sceglie lo stesso hotel per trascorrere qualche giorno di pace, ma non può fare a meno di farsi catturare dal fascino di quel caso irrisolto, e da una donna avvenente e curiosa, anche lei sola nello stesso hotel, che lo spinge a indagare su cosa sia veramente successo, e perché, nella stanza 622 del Palace de Verbier.
Uno scrittore sull’orlo di una crisi sentimentale si trova, suo malgrado, a indagare su un misterioso omicidio avvenuto quindici anni prima in un lussuoso hotel delle Alpi svizzere. Una ragazza intraprendente e sensuale, appena divorziata, lo aiuta a ricostruire cosa accadde nei giorni immediatamente precedenti il delitto e il contesto in cui lo stesso è maturato.
Lungo ben seicento quaranta pagine, L’Enigma Della Camera 622 palesa per l’ennesima volta tutti i pregi e i difetti, ormai cronicizzati, di uno degli autori di best seller più amati al mondo.
Il problema più evidente di Dicker è la scrittura: asciutta e pulita, ma anche terribilmente piatta. Il romanziere svizzero sembra sempre fare il compitino, attento a non sbavare il foglio, ma incapace di sussulti, impennate o guizzi da grande scrittore. Non so dire se sia una scelta stilistica voluta per consentire a chiunque di affrontare senza difficoltà i suoi ponderosi tomi; di certo, Dicker resta sempre in superficie, non approfondisce, non indaga mai sui moti dell’anima (quelli più complessi e nascosti) e si concentra sempre sulla narrazione fine a se stessa. Il risultato è un libro che si legge velocemente e con estrema facilità, ma che palesa limiti di contenuti, dialoghi troppo spesso puerili e personaggi stereotipati e tagliati con l’accetta.
Per converso, bisogna ammetterlo, Dicker è un maestro nel creare trame avvincenti e complicate, a giocare, come in questo caso, su due livelli temporali, facendo la sponda tra passato e presente con estrema scioltezza, a mischiare le carte e a sviare i sospetti del lettore sull’autore del crimine, per stupire con un finale inaspettato.
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