Produci, consuma, crepa. Il brano invettiva dei CCCP mai come adesso suggella il contesto esistenziale in cui ci stiamo confusamente muovendo. È emblematica, per non dire grottesca, la dialettica politica di questi giorni. Dopo l’estenuante tenzone sul Ferragosto, i cui effetti si stanno pagando a suon di lockdown colorati, ora si palesa il delirio natalizio con annesse declinazioni, primi fra tutti lo shopping compulsivo e la liturgia dei pranzoni e cenoni da fare impallidire perfino Lucio Licinio Lucullo. Ma non illudiamoci: non sarà un liberi tutti, si affrettano a precisare i Soloni. Lo stesso refrain ai tempi delle demenziali giornate ferragostane con le discoteche aperte e assembramenti vari da nord a sud perché l’economia doveva ripartire. Sua Maestà l’Economia.
Certo, il Natale è sempre Natale e anche se quest’anno dovrà essere rigorosamente sobrio con i parenti stretti (si spera), senza abbracci e baci, distanziati e mascherati, poco importa. La parola d’ordine è moderazione purché la festa si svolga all’insegna dello shopping, possibilmente sfrenato ecompulsivo. Il mantra non è più resistere, resistere, resistere, ma consumare, consumare, consumare. E in tutta questa farneticazione collettiva, qualcuno fra i Soloni (per intenderci i presidenti delle regioni del nord) tenta pure di alzare l’asticella con la proposta di riaprire gli impianti sciistici. Altrimenti i “cumenda” come festeggiano il Santo Stefano senza una puntatina a Courma? Tutto questo fastidioso e avvilente cicaleccio da giorni occupa le testate dei quotidiani e dei telegiornali senza soluzione di continuità. Nel mentre, gli ospedali scoppiano, i contagi e le vittime raggiungono numeri da fare tremare le vene ai polsi. Però, mo’ vene Natale, cantava Renato Carosone.
Cleopatra, lunedì 30/11/2020
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