Nati dalle ceneri dei leggendari God Machine, intorno alla figura di Robin Proper-Sheppard, pilastro indiscutibile del progetto, i Sophia si sono ritagliati in ambito alternative un posto di riguardo e quell’attenzione alle band di culto, in grado, con indomita coerenza, di sfornare dischi di grande qualità, anche se per il piacere di pochi intimi.
Merito del nocchiere Proper-Sheperd, che ha ispirato la sua carriera artistica a un’integrità invidiabile, seguendo un percorso musicale ben definito, senza mai tradire il proprio credo, la propria filosofia musicale. Un artista, capace di stupire per qualità pressoché a ogni uscita (basti guardarsi un po' alle spalle per accorgersi di come fossero notevoli le uscite precedenti) ma anche foriero di un suono famigliare, al pari di altri grandi band (The Apartments, The Slow Show, etc), di cui puoi quasi intuire tutto, prima ancora di mettere la puntina sul vinile.
Holding On / Lettting Go è l’ennesimo viaggio nel mondo di Robin Proper-Sheppard, dove tutto è come dovrebbe essere e soprattutto come vorremmo che fosse. A partire dalla traccia di apertura, Strange Attractor, costruita su un lento accumulo e su un sorprendente break di chitarra, che si discosta dal restante mood del disco, pur mantenendo tratti noti, che in qualche modo richiamano certe cose dei God Machine.
Fin da subito, l’impressione è che questo sia un disco più ricco di suoni dell’enigmatico predecessore As We Make Our Way (2016), e non è un caso che Proper-Sheppard, oltre al bassista Sander Verstraete e al batterista Jeff Townsin, che già lo avevano accompagnato in passato, abbia chiamato a dare un contributo alla causa anche il chitarrista Jesse Maes, il tastierista Bert Fly e il sassofonista Terry Edwards.
Arrangiamenti più ricchi, un maggior uso dei sintetizzatori e delle chitarre hanno aggiunto appeal e nerbo a canzoni come Alive, Undone.again, We See You (Taking Aim), uscite a inizio anno come singoli promozionali (la pubblicazione dell’album è stata più volte rinviata per i motivi noti a tutti). Una sequenza di brani di altissima qualità, nessun filler, nessun passo falso, ma il solito cantautorato pop venato di malinconia, capace di distillare pozioni in grado di lenire le sofferenze dell’anima: Road Song, un istant classic del songbook Sophia, Avalon, dalle trame slowcore, che librano dolcemente nell’aria, e poi, la sospensione malinconica della citata Alive, con quel pattern di sax capace di far sanguinare il cuore, suonano tutte clamorosamente Sophia, tutte clamorosamente struggenti.
Chiude il disco Prog Rock Arp (I Know), e quell’ipnotico tintinnio di chitarra, capace di aprire l’anima a vertigini sotterranee, è la chiosa perfetta dell’ennesimo grande disco di una band, della quale è davvero impossibile fare a meno.
VOTO: 8
Blackswan, mercoledì 23/12/2020
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