Tra le centinaia di ascolti annuali, quelli, cioè, di un fruitore attivo di musica, quanti sono i dischi che restano davvero, quanti quelli che possiamo dire essere diventati “nostri” e in grado quindi di accompagnarci verso il futuro, diventando una compagnia abituale dei nostri giorni?
Non molti, credo. Però, nel mare magnum delle nostre scelte, talvolta spunta il gioiellino, il disco che per bellezza e affinità, ci fa innamorare perdutamente e ci tiene legati alle sue canzoni. Per sempre. Sono quei dischi, come Little Weight dei britannici 40 Watt Sun, che non solo danno in regalo emozioni e struggimenti, ma chiedono in cambio assoluta devozione, pretendono dedizione, per poter entrare in pianta stabile nel novero dei ricordi musicali più importanti della nostra esistenza.
Figli meticci dei leggendari Warning, una delle band più iconiche e influenti del panorama doom metal inglese, i 40 Watt Sun, creatura fortemente voluta dal cantante, chitarrista e songwriter Patrick Walker, giungono al loro quarto album in studio, dimostrando per l’ennesima volta un’ispirazione di livello altissimo. Sia chiaro fin da subito, però: il doom è un retaggio del passato, che vive, semmai, nel passo lento di queste sei canzoni e nel minutaggio chilometrico di brani, il più corto dei quali è di sei minuti. Di metal, qui, non c’è nemmeno l’ombra, e il disco si muove in territori contigui allo slow core.
Se il precedente Perfect Light (2022) era un album prevalentemente acustico, le cui trame fragili si intrecciavano al vapore di nebbie autunnali e allo sgocciolio insistente della pioggia, Little Weight abbraccia nuovamente quel mood, rinforzandolo appena con un surplus di elettricità. A dispetto del suo passato, della pesantezza monolitica del doom, Walker sembra, invece, aver mandato a memoria la lezione di Mark Kozelek e di Jason Molina, la sua, a prescindere dalla veste formale, è una musica sofferta, malinconica, crepuscolare. Ma non solo.
D’altra parte, per concepire l’album, Walker si è ritirato in un cottage isolato, al largo della costa della Cornovaglia. Trascorreva le mattine camminando lungo sentieri costieri e spiagge deserte, mentre le sue giornate trascorrevano in isolate e intense sessioni di scrittura. Da lì si è imbarcato per l'isola di Gottland, in Svezia, dove si è riunito con il batterista e partner di lunga data, Andrew Prestige, per arricchire gli arrangiamenti, sempre in costante isolamento. Alla fine, alla coppia si è unito anche il bassista Roland Scriver in una casa nel Peak District (tra Manchester e Sheffield) dove il trio ha perfezionato le canzoni prima di andare in studio.
Little Weight è, quindi, un disco figlio della solitudine e del silenzio, le cui note riverberano anche la drammatica bellezza delle montagne e le distese silenziose e contemplative di quelle coste, ove ogni canzone è stata concepita. Durante tutta la sua carriera, il musicista inglese ha scavato nelle profondità della condizione umana per creare nenie poetiche intrise di malinconia, disperazione e dolore. In Little Weight, tuttavia, sembra che la disperazione si sia attenuata, e sebbene il dolore si può ancora percepire sottotraccia, le emozioni principali che Walker ha scelto di esplorare questa volta sono speranza, amore e ottimismo.
Ciò è evidente fin dalla prima traccia dell’album, "Pour Your Love". La canzone è costruita attorno a una progressione di accordi malinconica che inonda l'ascoltatore come le onde che lambiscono le coste della Cornovaglia, ma il testo sembra indicare che dopo tanto dolore, una luce, là in fondo, può portare un briciolo di serenità. "Solleva la vergogna e la sofferenza, lascia che tutto il tuo passato venga risolto, per riposare nel mio silenzio, dove tengo il mio corpo legato, e riversa il tuo amore su di me, attraverso i muri rotti che mi circondano" canta Walker, con quel timbro magnetico, nelle cui sfumature puoi incontrare Michael Stipe e, talvolta, Eddie Vedder. Walker, allora, si offre all’ascoltatore come lenimento al dolore, offre la propria mano come gesto di condivisione ed empatia. Il grande peso dell’esistenza, quel fardello che chiamiamo male di vivere, diventa un peso più gestibile: la natura, l’accecante e selvaggia bellezza che ci circonda, ma della quale spesso non riusciamo nemmeno ad accorgerci, è pronta a mitigare il dolore, ad asciugarci le lacrime, a rimetterci in carreggiata. La natura, la musica, l’amore sono a portata di mano e pronte a salvarci la vita, e se anche il nostro cuore continua a grondare sangue, là, in fondo al tunnel, una luce indica la strada.
Le sei canzoni che compongono Little Weight, per un complessivo minutaggio di tre quarti d’ora, sono esattamente così: avviluppano l’ascoltatore nella malinconia, condividono la mestizia attraverso il loro trasporto empatico, e poi, all’improvviso, quando la contrizione del cuore è totale, ecco che virano improvvisamente verso melodie di un chiarore abbagliante, che sono il motore di ogni brano, ma anche una carezza, un sorriso, un invito ad alzare la testa e a non mollare. La gioia, o quanto meno la serenità, sono a portata di mano, basta solo allungarla e afferrarle.
"Half A World Away" inizia con accordi cupi che risuonano da una chitarra pulita, su un ritmo di batteria minimal, E’ puro dolore, prima che raggi di speranza trafiggano l'oscurità, mentre il ritornello irrompa, consolatorio e dolcissimo.
Abbandonata la pesantezza doom dei Warning, le chitarre di Walker sono imbevute di fuzz quanto basta per dare gravità alle canzoni, pur mantenendo un suono limpido, che consente alla voce di risplendere. La band è maestra nell'usare lo spazio e la dinamica per creare atmosfera, sfruttando tanto le note che non suona quanto quelle che suona, in modo che i brani risultino più stratificati rispetto al precedente Perfect Light, rivelando a ogni successivo ascolto nuovi particolari, che fanno crescere la bellezza delle composizioni.
Oscurità e luce si alternano anche nella bellezza trascendente di "Astoria", la linea di basso calda, l’intreccio fra chitarra elettrica e acustica, e la voce arresa di Walker che canta, quasi sul punto di rompersi in un singhiozzo, “Tutta la mia vita sembrava come se le luci si spegnessero sull'acqua, note solitarie di chiarezza, ma non brillavano", rappresentano uno dei vertici di un disco che non ha un solo attimo che non sia necessario. La bellezza è un tutt’uno con la fragilità e la vulnerabilità, e quando si ascolta la semplice e disarmante melodia di "Feathers", si ha l’impressione che la canzone si possa sgretolare fra le mani, esattamente come il nostro cuore, strattonato da chitarre sfocate, accarezzato da un ritornello dall’imprimatur divino.
E se "Closer To Life" possiede un tocco di languido romanticismo ("Senti il tuo battito contro la mia pelle, senti la speranza che mi trattiene"), la conclusiva, meravigliosa "The Undivided Truth" abbina tensione post rock e distorsioni che evocano Neil Young, in un lungo e struggente viaggio che chiude il disco con il groppo in gola di calde e definitive lacrime.
The Little Weight è un disco da ascoltare in perfetta solitudine, in cuffia, camminando nella caligine affranta di una mattina di novembre, o di notte, in macchina, quando la solitudine afferra la gola, e le stelle guardano da lassù, mute spettatrici dei nostri tormenti interiori. Un disco per tutti coloro il cui cuore batte più lentamente, e cercano, nell’intimo dei propri pensieri, il senso di questo grande/piccolo peso, che tutti chiamiamo vita.
Voto: 9
Genere: Slow Core
Blackswan, giovedì 31/10/2024