La musica ai tempi dei social imbocca strade su cui si corre velocemente verso la notorietà. Che sia un bene o un male, non sta a noi giudicare. Sta di fatto che i Rocket, quattro ventenni di Los Angeles, che hanno iniziato a fare musica nel 2021, si sono trovati a gestire in breve tempo un hype in crescendo, tanto che nel biennio tra la loro formazione e l’EP di debutto Versions Of You, dopo una gavetta in piccoli locali della zona, si sono trovati ad aprire i concerti di quelle band che adoravano durante l’adolescenza, come Ride e Smashing Pumpkins. E questo, uscendo indenni dalla crisi pandemica e senza aver pubblicato un album completo.
Un specie di miracolo artistico che li ha portati alla pubblicazione di R Is For Rocket, esordio sulla lunga distanza, che ha ulteriormente rafforzato la loro immagine agli occhi della critica e di una fanbase sempre più numerosa.
Che la band abbia talento è abbastanza chiaro fin da un primo ascolto dell’album, ma è altrettanto vero che le dieci canzoni in scaletta si allineano a uno stiloso revival dell’alt rock anni ’90, che fonde con intelligenza shoegaze, noise, dream pop e schegge di grunge, in un connubio equilibrato di chitarre propulsive e melodie eteree.
R Is for Rocket
è, tuttavia, un album di debutto insolitamente sicuro, che dimostra
come quest'ondata di nostalgia per l'apogeo dell'alternative possa
essere riletta con consapevolezza ed evidente devozione, a volte fin
troppa, per band seminali come i citati Ride e Smashing Pumpkins, oltre
che Breeders e Sonic Youth.
L’iniziale "The Choice" apre il disco con scintillanti tessiture di chitarra e si sviluppa su un crescendo che lentamente divampa, mentre nella successiva "Act Your Title" il basso ronza accompagnato da un drumming quadrato, che scalda l’atmosfera senza saturare eccessivamente il mix. Una chitarra squillante e leggermente distorta crea scintillio e spazio, mentre la voce di Alithea Tuttle entra non come una rivelazione, morbida, intima, composta.
C'è una certa audacia nel modo in cui la frontwoman si appropria dei brani. La sua voce si insinua negli arrangiamenti con una chiarezza che risulta ipnotizzante, è lei a dettare il ritmo della band, permettendo alle dinamiche di emergere in modo naturale e, così facendo, inquadra l'architettura emotiva della scaletta con inarrivabile precisione.
L’elemento distintivo dei Rocket è dunque il pop-rock teso e trascinante che li avrebbe portati a riempire le arene tre decenni fa: "One Million" accosta un riff irresistibile a una melodia che aleggia, coinvolgendo emotivamente l’ascoltatore, mentre "Pretending" flirta, rumorosa ma acchiappona, con lo shoegaze.
I Rocket portano le loro influenze ben impresse nella memoria e ci sono momenti, in particolare nella seconda metà dell'album, in cui la devozione al suono fa virare i brani verso una pericolosa prevedibilità, finchè la title track, con il suo crescendo rumoroso, chiude il cerchio palesando un indiscutibile talento.
In definitiva, R Is For Rocket mette in scena una band che sta testando i propri limiti, esplicitando, però, anche tutte quelle qualità atte a superarli. Non è, dunque, un disco impeccabile, ma finisce per essere comunque avvincente: in tre parole, derivativo, interessante, promettente.
Voto: 7
Genere: Indie Rock
Blackswan, mercoledì 03/12/2025

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