mercoledì 6 febbraio 2013

FINALMENTE SABATO !



Prima serata dedicata agli incontri tra autori "Un Biondillo tira l'altro" condotta da Gianni Biondillo.

Sabato 9 febbraio si aprirà con Ezio Guaitamacchi e con la partecipazione di Brunella Boschetti e Carlo Montana.

Appassionato di musica da sempre Ezio Guaitamacchi è un giornalista, scrittore, musicista, autore e conduttore radio/TV.
È stato direttore della casa editrice Arcana e ha fondato alcune riviste musicali come Jam di cui è ancora direttore responsabile. In televisione è stato consulente artistico di trasmissioni come DOC e Born in the USA. Ha condotto su Odeon TV il programma Cowboy Mambo ed è autore e conduttore dei servizi esterni del programma-tv Delitti rock ispirato al suo omonimo libro del 2010. Collabora con Lifegate radio dove conduce la trasmissione di approfondimento musicale Rockfiles e con la Radio della Svizzera Italiana.
Ha scritto saggi e guide sulla storia del rock tra i quali Musica I love you! - Enciclopedia rock anni 90 - Figli dei fiori, figli di Satana. L'eredità del '69: da Charles Manson a Marilyn Manson - 100 dischi ideali per capire il rock - Mille canzoni che ci hanno cambiato la vita - Delitti rock - Mille concerti che ci hanno cambiato la vita. Nel 2012 ha pubblicato Rockfiles. 500 storie che hanno fatto storia.


ORABLUBAR, via Dante 67, Bollate

INGRESSO:

dalle 19.30: 14 euro APERITIVO CON BUFFET

dalle 21.00:  8euro (CON PRIMA CONSUMAZIONE)
Ricordiamo che è necessaria la tessera de L'Orablù (1 euro giornaliera, 5 euro annuale).

martedì 5 febbraio 2013

ROCK PILLS

MY JERUSALEM - PREACHERS
Genere : Alt-Rock

Jeff Klein, leader dei My Jerusalem, che con Preachers sono alla seconda prova in studio, ha collaborato con gente del calibro di Greg Dully, Mark Lanegan, The Twilight Singers e The Gutter Twins. Con un curriculum di questa portata è inevitabile che nel dna abbia una concezione di rock che si ispira inevitabilmente alle atmosfere cupe e notturne che hanno reso celebri le opere di tanti insigni maestri. Se aggiungiamo anche un pizzico di Nick Cave e una certa propensione ad atmosfere country folk (This Time), il quadro è completo. Il disco, a dispetto di una scaletta poco coesa e di un inevitabile citazionismo, possiede comunque una propria anima, gronda drammaticità, suona cupo e malinconico, in definitiva ha carattere. Impossibile infatti non innamorarsi fin dal primo ascolto di un ballatone crepuscolare come Between Space così come della lugubre marcia che da il titolo all'album e che resta incollata alle orecchie fin dal primo ascolto.

VOTO : 6,5 







THE LONE BELLOW - THE LONE BELLOW
Genere : Folk

Benedetti o maledetti Mumford & Sons, vedete voi. Da quando,grazie soprattutto al combo inglese, le string band sono tornate di moda, è un continuo proliferare di riscoperte o di nuovi gruppi che percorrono i territori già abbondantemente esplorati delle radici e del folk. Ultimi in ordine di tempo, ma subito incensati dalla stampa specializzata che ne parla come della new sensation del 2013, i The Lone Bellow (Zach Williams che canta e compone, sua moglie Kanene Pipkin al mandolino e ai backing vocals, Brian Elmquist alla chitarra) arrivano dal sud degli Stati Uniti e propongo una miscela di folk, soul e gospel.I ragazzi sono veramente bravi (forse fin troppo perfetti) a confezionare un prodotto che alterna momenti carichi di energia (Green eyes and a heart of gold, Bleeding Out) ad altri invece che oscillano fra romanticismo (You never need nobody) e malinconia (Two sides of lonely). Dopo ripetuti ascolti, però, la sensazione è quella di un deja vù che se inizialmente diverte, a lungo andare finisce per trasformarsi in sbadiglio. Non un brutto disco, per carità, ma nulla che riesca a scaldare veramente il cuore.

VOTO : 6






LEE HARVEY OSMOND - THE FOLK SINNER
Genere : Psychedelic Folk

Fico ! Anzi fichissimo, dalla prima all'ultima canzone. Il secondo lavoro in studio dei canadesi Lee Harvey Osmond (accidenti, come inquieta e suggerisce quest'assonanza con il nome di Lee Harvey Oswald) è un discone. Tieniamo per buona la definizione di psychedelic folk con cui si cerca di definire il suono della band, ma guardiamo oltre. Queste dieci tracce, infatti, parlano anche la lingua del blues, scavano nelle radici americane (lo strepitoso psychobilly di Devil's Load), si muovono con passo felpato per le vie del soul (Fredoom e Break Your Body), evocano a tratti colonne sonore del cinema Tarantiniano. La voce di Tom Wilson, profonda e comunicativa, è in grado di scaldare il sangue, di eccitarti ( come nella splendida, iniziale Oh, Linda, costruita unicamente sul cantato e una linea di basso) o di portarti a fondo, come nella torrida  Honey Runnin', la miglior canzone del lotto. Alle sue spalle, una band che suona morbida, senza eccessi, con le movenze felpate di chi conosce il fatto suo e non deve dimostrare niente a nessuno. The Folk Sinner non è solo un disco seducente, ma, come capita raramente, possiede una consapevolezza e una coesione compositiva superiore alla media. Idee chiarissime per quarantadue minuti di puro piacere.

VOTO : 8,5




 Blackswan, martedì 05/02/2013

lunedì 4 febbraio 2013

SI VOTA ANCORA : LA PIU' BELLA CANZONE ITALIANA DI SEMPRE E L'OSPITE STRANIERO







Amici followers, è nuovamente l’ora delle votazioni per LA MUSICA E' SEMPRE PIU' BLU!

Dopo la votazione per le prime due categorie – Musica alternativa e Italian Trash – hanno inizio oggi le votazioni per le due categorie rimanenti: Italian Best e l’Ospite Straniero, 69 pezzi in gara per la prima, 30 per la seconda, e 6 soli posti per la finale, sarà un nuovo scontro all'ultima votazione per aggiudicarsi i posti per la finale! Il giudizio spetta al popolo della rete, quindi fatevi avanti!...

Per ogni categoria saranno scelte le 3 canzoni più votate, canzoni che approderanno alla finale di sabato 16 febbraio, può votare chiunque, senza necessariamente essere iscritto al contest, e per farlo basta andare sul blog dell'Orablù, lì troverete i sondaggi nei quali potrete scegliere i vostri pezzi preferiti. I sondaggi permettono una scelta multipla fino ad un massimo di 9 preferenze per ogni categoria; la votazione per ogni categoria è permessa una sola volta per ciascuno, onde evitare ondate di votazioni che inficerebbero il risultato finale. Da questo momento hanno inizio ufficialmente le votazioni per le categorie "Italian Best" e "Ospite Straniero", i sondaggi si chiuderanno sabato 9 febbraio.

Su questo, come sugli altri blog che partecipano al contest, potete trovare i gadget per ascoltare tutte le canzoni in gara, mettetevi in ascolto e VOTATE VOTATE VOTATE!!!!

sabato 2 febbraio 2013

DON’T STOP – FLEETWOOD MAC



Dal blues al pop, un solo gruppo, due vite artistiche. I Fleetwood Mac si formano nella seconda metà degli anni sessanta in Inghilterra, quando il batterista Mick Fleetwood, il bassista John McVie e soprattutto Peter Green, giovane chitarrista di talento, lasciano i Bluesbreakers di John Mayall. Sono anni in cui il british blues va per la maggiore e i Fleetwood contribuiscono al successo del genere con album notevoli come Mr. Wonderful (1968) e un singolo di successo come Black Magic Woman (1968), che successivamente Santana trasformerà in una hit epocale. I continui cambi di formazione, l’abbandono di Peter Green, avennuto nel 1969, e la scarsa vena creativa dei superstiti, produce un’inversione di tendenza. I Fleetwood abbandonano progressivamente le sonorità blues per cimentarsi in un pop rock di maniera privo di contenuti e FM oriented. Nel 1975, quando ormai la band si trascina con stanchezza, perdendo progressivamente tutto il credito accumulato negli anni, arriva la svolta. Al gruppo, nel quale era già entrata a far parte Christine Perfect, moglie di John McVie, si uniscono anche il chitarrista Lindsay Buckingham e la vocalist Stevie Nicks, che peraltro sono legati da una storia d’amore. Esce l’album della rifondazione, Fleetwood Mac, e la ventata di freschezza portata dai nuovi membri, fa balzare il gruppo al primo posto delle classifiche, grazie anche a un paio di tormentoni, quali Over My Head e Rhiannon. Il botto, però, arriva due anni dopo (1977), quando, in piena epoca punk, i Fleetwood Mac nuotano controcorrente e pubblicano un delizioso album pop, intitolato Rumours. 
Undici canzoni facili facili, raffinate, molto zuccherine, ma non banali, che sgretolarono tutti i record dell’epoca: 20 milioni di copie vendute, 31 settimane consecutive in testa all Billboard 200, dischi di platino come se piovesse. Eppure, nonostante una seconda vita artistica assai fortunata, all’interno del gruppo i rapporti vanno rapidamente a deteriorarsi. Christine e John Mc Vie si sono appena separati, così come Stevie Nicks e Lindsay Buckingham, mentre Mike Fleetwood, dopo aver scoperto la relazione di sua moglie con un amico, ha chiesto il divorzio. La professionalità dei musicisti prende tuttavia il sopravvento sui problemi sentimentali: poteva venirne fuori un pasticcio e invece il risultato finale è un album che Rolling Stones inserisce al 25° posto dei dischi più importanti della storia. Formula vincente è quella di convogliare le proprie delusioni amorose nella musica: perché scannarsi e litigare se è possibile indirizzarsi canzoni come Go Your Own Way (Buckingham alla Nicks) e Dreams (la Nicks a Buckingham), che poi entreranno nella leggenda ? Manifesto di questo trend positivo ( chiedo scusa a Nanni Moretti) è Don’t Stop, canzone in qualche modo assolutoria e venata da un solare ottimismo, con cui Christine Perfect chiude la sua relazione con John McVie. “Don't stop, thinking about tomorrow, Don't stop, it'll soon be here, It'll be, better than before, Yesterday's gone, yesterday's gone. Don't you look back, Don't you look back “. Non pensare più a quello che è stato, bisogna guardare al futuro, perché arriveranno giorni migliori.
Una curiosità. Nel 1992, Bill Clinton, candidato democratico alla Casa Bianca, utilizza Don’t Stop come inno per la sua campagna elettorale. Quando, dopo un’agguerrita sfida con il presidente uscente, George Bush, Clinton viene eletto, convince i Fleetwood Mac a rimettersi insieme per cantare la canzone alla cerimonia di insediamento del 1993.



Blackswan, sabato 02/02/2013

venerdì 1 febbraio 2013

BUDDY GUY - LIVE AT LEGENDS

Viaggiare, conoscere posti nuovi, incontrare gente, sono tutte attività fondamentali, riguardano il nostro patrimonio culturale, ci fanno crescere come essere umani, ci migliorano. Eppure, spesso è bello tornare ai luoghi che conosciamo, ai profumi e ai sapori di sempre, agli affetti più cari.La sensazione di ritorno a casa lenisce le ferite dell'anima, talvolta ci procura un piacere vero, come sfiorare con le dita la felicità. No, non sono impazzito. Questo lungo preambolo mi è servito a spiegare meglio qual è il motivo che mi spinge ancora a comprare (e a consigliare l'acquisto di) un cd di Buddy Guy e di altri vecchi fratelli blues. Il fatto è che dopo tanto peregrinare nelle vaste lande musicali del pianeta alla scoperta di nuovi suoni, ho bisogno di ristorarmi con le cose che amo di più. Live At Legends non è infatti un disco da ascoltare perchè ci cambia la vita o ci consente di scoprire chissà quali alchimie musicali. Lo mettiamo sul piatto semplicemente perchè ci fa divertire e ci da piacere. E' un disco, insomma, che si acquista per goduria, sapendo esattamente, nota per nota, solco dopo solco, quello che succederà. Un ritorno al passato, dunque, a emozioni lontane e antiche che ci fanno sentire bene, in armonia con le nostre orecchie. Nessuna sorpresa, ovviamente, e nemmeno vorremmo ce ne fossero. D'altra parte, Buddy Guy ha ormai settantasei primavere, è in pista dal 1965 e suona sempre lo stesso maledetto e sudatissimo electric blues. E va benissimo così. La scaletta infatti è di prim'ordine : otto brani, tratti da due performance tenutesi il 29 e il 30 gennaio del 2010 al Legends di Chicago (il pub di cui Guy è proprietario), alcuni provenienti dal repertorio del chitarrista (un'indemoniata Damn Right I Got The Blues) e alcuni classici che più classici non si può. Che dire infatti di bombe come Mannish Boy di Muddy Waters, I Just Want To Make Love To You di Willie Dixon, Boom Boom di John Lee Hooker, Strange Brew e Sunshine Of Your Love dei Cream e una funkeggiante Voodo Chile dell'immancabile Hendrix ? Tutto il bene possibile, ovviamente. Se poi a suonarle è uno dei più grandi chitarristi di sempre il godimento è raddoppiato. Oltre alla parte live, però, il cd contiene anche tre canzoni inedite incise dal chitarrista ai Blackbird Studios di Nashville nel marzo del 2010. Un motivo in più, questo, per far venire l'acquolina in bocca a tutti i fans di colui che, insieme a Muddy Waters e B.B. King, è considerato il padre del Chicago Blues. 
 
VOTO : 7
 
 
 
 
Blackswan, venerdì 01/02/2013