mercoledì 23 gennaio 2013

12.12.12 CONCERT FOR SANDY RELIEF - VARIOUS ARTISTS


Prima di parlare di questo doppio cd live, estratto del concerto benefit tenutosi al Madison Square Garden lo scorso 12 Dicembre 2012, con lo scopo di raccogliere fondi da destinare alla ricostruzione delle coste devastate dall'uragano Sandy, occorre fare una breve, ma inevitabile premessa. E cioè, che certe iniziative vanno apprezzate a prescindere da qualsivoglia cinica considerazione. Bisogna evitare quindi di indagare sulla spontaneità del coinvolgimento degli artisti che si sono susseguiti sul palco del Madison (mi inquieta sempre pensare alla pubblicità fatta sulla pelle altrui) o storcere il naso di fronte a un'esibizione estemporanea, e quindi necessariamente zoppicante da un punto di vista qualitativo. Tuttavia, in un mondo in cui i governi pensano solo ad arricchire le banche e lo stato sociale è costituito prevalentemente dal volontariato e dalla beneficenza, la cosa davvero importante è, con qualunque mezzo, raccogliere i soldi, unico strumento utile a restituire la speranza a tanti sfortunati. Quindi, il mio personalissimo invito è quello di acquistare questo live, evitando ogni altra considerazione se non quella di poter contribuire a una nobile causa. D'altra parte, non sono poi molti 20 euro per portarsi a casa una sfilata di artisti a dir poco leggendaria. Due ore di musica in compagnia di Bruce Springsteen, Rolling Stones, Roger Waters, The Who, Eddie Vedder e altri ancora, sono un buon motivo per sentirsi particolarmente munifici. Le canzoni, poi, rientrano quasi tutte nell'immaginario collettivo del classic rock, e sono talmente belle e famose che 12.12.12 rappresenta una sorta di compilation da ascoltare piacevolmente tutte le volte che viene voglia di gustare nuovamente i sapori buoni del rock dei bei tempi che furono. Insomma, con questo doppio live si porta a casa un frammento di storia, umanamente doloroso, ma musicalmente importante. Certo, poi, vi è il rammarico che dalle 24 tracce presenti su cd, ne siano state estromesse alcune che avrebbero fatto la gioia di moltissimi fans, come, ad esempio, l’esibizione dei Nirvana (Dave Grohl, Kris Novoselic e Pat Smear) con l’ex Beatle, Paul Mc Cartney, o quella di Bruce Springsteen e Bon Jovi sulle note di Born to Run. E la pietanza servita è così gustosa, che si riesce persino a sopportare una grottesca performance di Adam Sandler  e Paul Shefferd che maciullano ( non trovo un termine più adatto) Halleluja di Leonard Cohen o un Roger Daltrey in serissima difficoltà nell'affrontare tre chicche del repertorio Who, quali Who Are You, Baba O'Riley e Love Reign O'er Me. Estremamente professionali gli Stones (You Got Me Rocking e Jumpin' Jack Flash) e Eric Clapton (Got To Get Better In A Little While e Crossroads), un pò sotto tono il Boss ( Land Of Hope And Dreams e Wrecking Ball) , discreto Chris Martin dei Colplay (qui in set acustico durante il quale esegue Losing My Religion dei Rem in compagnia di Michael Stipe), splendido Eddie Vedder che salva un'impresentabile Confortably Numb (che è successo a Waters?), la miglior performance del lotto è, però(strano a dirsi con tante vecchie volpi presenti), quella di Alicia Keys, che regala al pubblico due scintillanti gemme pop del suo repertorio : No One e Empire State Of Mind. Il resto (Bill Joel, Paul Mc Cartney e Bon Jovi) è solo onesto riempitivo senza infamia e senza lode. Ma, come ho scritto poc'anzi, la causa è tanto meritoria da rappresentare la ragione esclusiva per l'acquisto del cd.

VOTO : 6




Blackswan, mercoledì 23/01/2013

martedì 22 gennaio 2013

GARY CLARK JR – BLACK AND BLU



Gary Clark jr è solo ventottenne, ma ha già alle spalle un consumato passato di musicista, su e giù dai palchi, dentro e fuori dagli studi di registrazione. E’ originario di Austin, Texas, una città con una scena musicale importante, variegata. “ Non esiste un altro posto così “ dice il chitarrista “Rischieresti di entrare in uno stato confusionale, perché c’è ogni tipo di musica, sempre a due passi da te…Crescere a Austin ha significato recepire influenze musicali di ogni tipo:blues, jazz, soul, country, hip hop”. Non parole dette a caso, ma una vera e propria dichiarazione programmatica di ciò che il nostro ama suonare: un cocktail di musica nera on the rock, che pesca tra passato e presente, senza troppa originalità, ma con entusiasmo e piglio deciso. Così Gary, che possiede talento ed è un ottimo chitarrista, si fa notare nel 2011 con un Ep, Bright Lights, che trova immediato consenso di pubblico e ottime recensioni della critica, tanto che qualcuno azzarda per lui la definizione di salvatore del blues e di nuovo Hendrix. Un po’ troppo, forse, per un ragazzo che potrebbe avere innanzi a sè un luminoso futuro (allo stato, più alla Lenny Kravitz che alla Hendrix), ma che le sue carte deve ancora giocarsele tutte, dalla prima all’ultima. La fortuna tuttavia è dalla sua, dal momento che viene notato dalla Warner, che lo mette sotto contratto e gli produce questo Black and Blu ( primo album con una major) che ha avuto peraltro ottimo riscontro commerciale. Il disco però riesce solo a metà. Clark Jr. ha tante idee in testa, ma molte sono confuse : rock, blues, soul, funky e schegge hip hop, per un minestrone i cui sapori non sempre sono distinguibili. Così, complice una produzione sorniona, più attenta alle classifiche che alla qualità del prodotto, in scaletta sono presenti episodi di modesta caratura quali Ain't Messin' Round, rock soul potente ma indolore, Travis County, buona solo per passaggi radiofonici, e The Life, che percorre addirittura le strade dell’hip-hop (rectius : hip-pop) con una banalità da Mtv che sconcerta. Quando però Gary tiene saldamente la barra del timone si capisce con chiarezza quale potrebbe essere il destino di questo ragazzo : When My Trains Pulls In è ruvido soul rock impreziosito da uno splendido assolo finale, Please Come On è un riuscitissimo ballatone in odore Stax, Numb spinge invece sulle distorsioni rock e Bright Lights, già presente nel precedente Ep, è un torrido e irresistibile blues dalle sonorità molto vintage. Black and Blu è tutto sommato un disco piacevole, troppo eterogeneo e patinato per strappare una standing ovation, eppure carico di interessanti promesse che, ne sono convinto, Gary Clark saprà mantenere, ma solo se sceglierà una strada tutta sua, senza soggiacere a compromessi di produzione o all’obbligo di cercare a tutti i costi il piazzamento in classifica. Per il momento, una sufficienza piena di belle speranze.

VOTO : 6,5 




Blackswan, martedì 22/01/2013

lunedì 21 gennaio 2013

LA MUSICA E' SEMPRE PIU' BLU : LE VOSTRE PROPOSTE !



Amici followers,  ad una settimana dalla partenza del contest LA MUSICA E' SEMPRE PIU' BLU, è ora tempo di entrare nel vivo della gara!

Da oggi infatti comincia la prima fase del gioco, durante la quale potrete proporre tre brani per ogni categoria in concorso ed un brano per la categoria fuori concorso dell’ospite straniero e, per chi si fosse sintonizzato soltanto ora, iscrivervi al contest proponendo nel contempo i vostri brani! Per registrare le vostre proposte fino a SABATO 26 GENNAIO non dovrete far altro che inviare una mail all’indirizzo orablubollate@gmail.com con l’elenco dei pezzi, specificando artista, titolo e categoria di appartenenza.

Sono sufficienti artista e titolo di ogni brano ma, per garantire la totale par condicio per le votazioni che inizieranno dalla settimana prossima, nel caso in cui proponiate pezzi di artisti o gruppi sconosciuti, semisconosciuti o emergenti vi chiediamo di inserire un link ad un video youtube, un canale musicale o un qualsiasi sito in cui sia possibile ascoltare la canzone proposta con un audio buono.

Riportiamo nuovamente l’elenco delle categorie, ricordandovi che sono ammesse soltanto canzoni cantate in italiano o in dialetto e che non esistono vincoli di nessun genere diversi da quelli specificati per ogni categoria e che è possibile concorrere per tutte le categorie come per una soltanto, a totale discrezione vostra

1. DODICI ANNI DI MUSICA ALTERNATIVA ITALIANA (3 proposte): le migliori canzoni alternative italiane dal 2000 a oggi (qui l'interpretazione della parola alternative è a discrezione dei partecipanti);
2. ITALIAN BEST (3 proposte): le migliori canzoni italiane di sempre, senza alcun vincolo di anno, genere o altro; nello specifico, l'originalità della scelta dovrà essere considerata come una scriminante di giudizio, in modo tale da evitare di avere una lista fatta dei soliti superclassiconi, banali e logori; il criterio dell'originalità sarà determinante per il giudizio della giuria popolare, al momento della votazione finale;
3. ITALIAN TRASH (3 proposte): le peggiori canzoni italiane di sempre, anche qui carta bianca su tutto, anzi, più saranno originali le scelte più ci sarà da divertirsi...

4. L'OSPITE STRANIERO (FUORI CONCORSO – 1 proposta): La scelta dovrà riguardare un gruppo o un'artista internazionale che abbia inciso un disco o un singolo tra l'inizio del 2012 e la data della serata del festival, prevista per il 16 di febbraio 2013.  

Detto questo non resta altro da dire che aspettiamo con ansia le vostre proposte!


domenica 20 gennaio 2013

MUMFORD & SONS – THE ROAD TO RED ROCKS



So di andare controcorrente nell’affermarlo, ma i Mumford & Sons non mi hanno mai emozionato più di tanto. Se Sigh No More (2009) era un buon disco, frizzante e divertente, ma zeppo di deja vù, il successivo Babel (2012) mostrava già tutti i limiti della formula : troppo pop a mortificare le velleità folk, troppe canzoni tutte uguali, troppa attenzione alla confezione piuttosto che alla sostanza. Dal vivo, però, il gruppo di Marcus Mumford è davvero un’altra cosa. Mi erano già piaciuti moltissimo nel film Big Easy Expresse, nel quale si aveva l’impressione di trovarsi di fronte a una band tecnicamente valida e assai affiatata, capace di stare su un palco più per divertimento che per onorare i contratti, e predisposta, cosa che non guasta, alla sbrigliata fantasia di chiassose e improvvisate jam sessions. The Road To Red Rocks, registrazione di un live act tenutosi il 29 agosto del 2012 nel sito delle Red Rocks in Colorado, conferma ulteriormente quanto i Mumford & Sons siano più adatti al palco che alle sale di registrazione. Le canzoni in scaletta non eccellono per qualità (vedi sopra), ma i nostri quattro (qui accompagnati anche da una sezione fiati) sono rodatissimi, ci mettono entusiasmo e simpatia, sfruttano al meglio i crescendo e le improvvise accelerazioni per eccitare il pubblico, sporcano il suono con azzeccate derive noise (Thistle & Weeds, la migliore performance del dvd), e si divertono a dividere il palco e una canzone (Awake My Soul) con i Dawes, gruppo folk-rock a stelle e strisce. La pellicola scorre piacevole, merito, oltre che della band, anche dello scenario suggestivo delle Red Rocks (ricordate Under A Blood Red Sky degli U2?)  e di una regia dinamica, che alterna la performance vera e propria a interviste e immagini tratte dalla tournè americana dei Mumford. The Road To Red Rocks è solo una delle trovate di merchandising che ha seguito la pubblicazione di Babel. Oltre al dvd in parola, sono successivamente usciti anche il cd audio del concerto, con undici tracce in scaletta invece che dodici, la versione deluxe di Babel, con le quindici canzoni in versione espansa, e la versione Super Deluxe, contenente il cd originale, il dvd del concerto, un vinile, un libretto di 96 pagine e il codice per scaricare il file mp3 di The Road To Red Rocks. Tuttavia, a meno che non siate fans completisti dei Mumford & Sons, fossi in voi limitirei l’acquisto al solo dvd. Il resto, se mi si passa il francesismo, è solo argent de poche. 





Blackswan, domenica 20/01/2013

sabato 19 gennaio 2013

COVERLAND




 
 LEONARD COHEN - FAMOUS BLUE RAINCOATORNELLA VANONI / TORI AMOS

Ho sempre ritenuto che Famous Blue Raincoat, sesta traccia da Songs Of Hate And Love (1971), rappresenti meglio di qualsiasi altra canzone del suo repertorio la poetica di Leonard Cohen. Arrangiamenti ridotti all’osso, il suono scarno e drammatico, soundscapes malinconicamente autunnali e una voce intima, quasi sussurrata, dall’incedere colloquiale. Peculiarità della canzone è l’inusitata forma di lettera (che si conclude con la firma Cordialmente, L. Cohen ) con cui un marito tradito scrive all’amante delle moglie. Nonostante l’architettura del brano sia semplicissima e l’andamento musicale quasi monocorde, non è semplice districarsi nel groviglio di rimandi e di emozioni che suscita la lettura del testo.

Sono le quattro del mattino, è la fine di dicembre
ti sto scrivendo solo per sapere se stai meglio
New York è fredda, ma mi piace dove vivo
c’è musica in Clinton Street per tutta la sera
Ho sentito che stai costruendo
la tua piccola casa in fondo al deserto
tu stai vivendo per niente ora
spero che tu tenga qualche specie di nota
Sì, Jane è entrata con una ciocca dei tuoi capelli
ha detto che l’hai data a lei
quella notte che hai deciso di dire la verità
sei mai stato sincero?
Ah, l’ultima volta che ti abbiamo visto sembravi così vecchio
il tuo famoso impermeabile blu era strappato sulla spalla
sei andato alla stazione per aspettare un treno qualsiasi
e sei tornato a casa senza Lili Marlene
E hai offerto alla mia donna
solo una scheggia della tua vita
e quando lei è tornata
non era più la moglie di nessuno
Bene, io ti vedo lì con la rosa tra i denti
un altro esile ladro zingaro
bene, io vedo il risveglio di Jane
Lei ti manda i suoi saluti.
E cosa posso dirti fratello mio, mio assassino
cosa potrei mai dirti?
Non so se mi manchi, non so se ti perdono
sono lieto che tu abbia preso il mio posto
Se mai verrai qui, per Jane o per me
(sappi che) il tuo nemico sta dormendo
e la sua donna è libera
Sì, e grazie, per le ansie che hai tolto dai suoi occhi
pensavo che fossero lì per sempre
e quindi io non ci ho neanche mai provato
Sì, Jane è entrata con una ciocca dei tuoi capelli
ha detto che l’hai data a lei
quella notte che hai deciso di dire la verità.
Cordialmente, L. Cohen”.


Da un lato, infatti, il brano è pieno di citazioni autobiografiche (Clinton Street, strada dove il cantautore visse per un pò, e quel verbo finale Go Clear – fare chiarezza – che nasconde un riferimento alla dottrina di Scientology, scuola di pensiero della quale ai tempi Cohen si era fugacemente invaghito) ; dall’altro, invece, i sentimenti del mittente la lettera non sono univoci, sembrano anzi sovrapposti, confliggenti : non c’è odio nei confronti dell’amico rivale, semmai, a tratti, una gelida e risentita degnazione (Ah, l’ultima volta che ti abbiamo visto sembravi così vecchio, Il tuo famoso impermeabile blu era strappato sulla spalla ); c’è delusione, tristezza, ma il rancore è trattenuto, sospeso, compresso dal ricordo dell’amicizia e dell’affetto (E cosa posso dirti fratello mio, mio assassino, Cosa potrei mai dirti? Non so se mi manchi, non so se ti perdono, Sono lieto che tu abbia preso il mio posto). 




Tra le tante reinterpretazioni che negli anni sono state fatte del brano ( Judy Collins, Nina Persson, Lloyd Cole, Joan Baez, per citarne alcune), due a mio avviso sono veramente di livello. La prima è di Ornella Vanoni ed è tratta dall’album Ricetta Di Donna del 1980. La cover, che in italiano prende il titolo di La Famosa Volpe Azzurra,  è arrangiata da Fabrizio De Andrè, e pur essendo sostanzialmente fedele all’originale, viene ambientata a Milano (invece che a New York) e ribalta la prospettiva del tradimento dal punto di vista della donna. 





La seconda, datata 1995, è invece eseguita da Tori Amos nell’album tributo a Cohen, Tower of Song. In questo caso, la chitarra è sostituita dal piano, e la piccola Tori enfatizza, tra pause e silenzi, la drammaticità del brano.




Blackswan, sabato 19/01/2013