sabato 21 febbraio 2015
venerdì 20 febbraio 2015
giovedì 19 febbraio 2015
THE WATERBOYS - MODERN BLUES
Dopo aver musicato i poemi di Yeats in An
Appointment with Mr. Yeats (2011) e sfornato nel 2013 il suo personale
The Basement Tapes, pubblicando il box di Fisherman's Blues, contenente
tutti i brani registrati durante le sessioni dell'epoca (1988), Mike Scott ha
deciso di darsi al rock. O meglio, di tornare dalle parti del rock, che aveva
già frequentato circa vent'anni fa con un album niente male dal titolo Dream
Harder (1993). Un ritorno in grande stile e dai connotati niente affatto
scontati: studi di registrazione a Nashville, mixaggio affidato a una vecchia
volpe come Bob Clearmountain (Simple Minds, Bruce Springsteen, Tears For Fear,
etc) il fedele Steve Wickham e un paio di bravi sessionisti della zona (David
Hood, al basso e Paul Brown all'hammond). Il tutto per un album in cui Scott
mostra i muscoli grazie a un sound che resta inconfondibile (d'altra
parte, con quella voce lì...), nonostante il folk e l'Irlanda siano stati
relegati in un angolo a favore di sanguinei e rumorosi riff di chitarra.
Classic Rock dal sapore americano, con qualche spruzzata di blues e l'hammond a
datare il suono di un trentennio. Un Mike Scott meno raffinato e molto
rinvigorito (nonostante vada per i sessanta), che firma nove brani ispirati,
ricchi di energia e, prevalentemente, azzeccati nelle scelte melodiche.
Splendido l'inizio, con due canzoni al livello dei tempi migliori (Destinies
Entwined e il singolo November Tale), e poi una scaletta che alterna
alcuni momenti convenzionali (Still A Freak), qualche lungaggine (i dieci
minuti della conclusiva Long Strange Golden Road) e almeno un paio di autentici
gioielli: I Can See Elvis, omaggio ai grandi campioni della musica rock e soul
americana, e The Girl Who Slept For Scotland, deliziosa ballata in cui Scott
azzecca un ritornello dal sapore molto eighties. Inutile dire che i tempi di
Fisherman's Blues e This Is The Sea non torneranno più; tuttavia, se Mike
Scott continuerà a mantenere questo livello di intensità, dischi come
Modern Blues rappresentano il modo migliore per continuare a onorare una
carriera che, credo di non dire una fesseria, ha visto ben poche sbavature.
Consigliatissimo.
VOTO: 7,5
Blackswan, giovedì 19/02/2015
mercoledì 18 febbraio 2015
RHIANNON GIDDENS - TOMORROW IS MY TURN
Rhiannon Giddens è il nome nuovo della scena roots a
stelle e strisce. O meglio: lei, cantante e polistrumentista, calca le scene
ormai da una decina d'anni con i Carolina Chocolate Drops (semplicemente
Drops per i fans), una delle band più interessanti ed eclettiche del circuito
old-time. Nonostante sei album pubblicati, qualche prima piazza raggiunta nelle
charts blue grass e un Grammy Award per il miglior Traditional Folk Album vinto
nel 2010 con Genuine Nigro Jig, la figura della Giddens è rimasta un pò
sottotraccia, almeno fino allo scorso anno, quando di lei hanno cominciato a
parlare un pò tutti. Il merito va a T-Bone Burnett, produttore e musicista
dall'orecchio fine, che l'ha coinvolta in un paio di progetti di grande
risonanza mediatica: la serata tenutasi alla Town Hall di New York per
celebrare il film dei fratelli Coen, A Proposito Di Davis, confluita poi
in un doppio album live intitolato Another Day, Another Time e, soprattutto, la
partecipazione a Lost On The River: The New Basement Tapes, una
compilation di brani scritti parzialmente da Bob Dylan e rielaborati da un
gruppo di musicisti capitanati da Elvis Costello. Una rapida escalation di
notorietà, dunque, che ha spinto T-Bone Burnett a pensare in grande e a
convincere la Giddens ad accantonare momentaneamente i Drops, per dedicarsi
alla carriera solista. Nasce così questo Tomorrow Is My Turn, album composto di
cover e traditional che spaziano attraverso il blues, il folk, il soul e il
gospel, senza una precisa connotazione stilistica (anche se
poi produzione di Burnett finisce per far suonare la scaletta estremamente
omogenea), ma con una scelta di brani che risulta non solo inusuale (e per
questo sfiziosa) ma davvero centrata. La Giddens si cimenta così con la
canzone che da il titolo al disco e che porta la firma di Charles Aznavour
(fedele all'originale anche per intensità), reinterpreta con gusto
caraibico un traditional fin troppo frequentato quale è Black Is The Color
(mai ascoltata una versione così "colorata" del brano) e si spinge ai
confini della verde Irlanda, rileggendo con accento celtico un altro
traditional, O Love Is Teasin'. Atmosfere languide, suoni raffinati e
soprattutto la voce eclettica ed espressiva della Giddens, bravissima a trasmettere
il pathos della grande tradizione vocale nera (Nina Simone?), ma capace
anche di adattarsi alla cultura musicale bianca, come nel riuscitissimo country
di Don't Let It Trouble Your Mind a firma Dolly Parton.
VOTO: 7
Blackswan, mercoledì 18/02/2015
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