giovedì 19 febbraio 2015

THE WATERBOYS - MODERN BLUES



Dopo aver musicato i poemi di Yeats in An Appointment with Mr. Yeats (2011) e sfornato nel 2013 il suo personale The Basement Tapes, pubblicando il box di Fisherman's Blues, contenente tutti i brani registrati durante le sessioni dell'epoca (1988), Mike Scott ha deciso di darsi al rock. O meglio, di tornare dalle parti del rock, che aveva già frequentato circa vent'anni fa con un album niente male dal titolo Dream Harder (1993).  Un ritorno in grande stile e dai connotati niente affatto scontati: studi di registrazione a Nashville, mixaggio affidato a una vecchia volpe come Bob Clearmountain (Simple Minds, Bruce Springsteen, Tears For Fear, etc) il fedele Steve Wickham e un paio di bravi sessionisti della zona (David Hood, al basso e Paul Brown all'hammond). Il tutto per un album in cui Scott mostra i muscoli grazie a un sound che resta inconfondibile (d'altra parte, con quella voce lì...), nonostante il folk e l'Irlanda siano stati relegati in un angolo a favore di sanguinei e rumorosi riff di chitarra. Classic Rock dal sapore americano, con qualche spruzzata di blues e l'hammond a datare il suono di un trentennio. Un Mike Scott meno raffinato e molto rinvigorito (nonostante vada per i sessanta), che firma nove brani ispirati, ricchi di energia e, prevalentemente, azzeccati nelle scelte melodiche. Splendido l'inizio, con due canzoni al livello dei tempi migliori (Destinies Entwined e il singolo November Tale), e poi una scaletta che alterna alcuni momenti convenzionali (Still A Freak), qualche lungaggine (i dieci minuti della conclusiva Long Strange Golden Road) e almeno un paio di autentici gioielli: I Can See Elvis, omaggio ai grandi campioni della musica rock e soul americana, e The Girl Who Slept For Scotland, deliziosa ballata in cui Scott azzecca un ritornello dal sapore molto eighties. Inutile dire che i tempi di Fisherman's Blues e This Is The Sea non torneranno più; tuttavia, se Mike Scott continuerà a mantenere questo livello di intensità, dischi come Modern Blues rappresentano il modo migliore per continuare a onorare una carriera che, credo di non dire una fesseria, ha visto ben poche sbavature. Consigliatissimo.

VOTO: 7,5





Blackswan, giovedì 19/02/2015


SCHOOL OF ROCK feat. TIADIGGEI & BOMBER MONS

mercoledì 18 febbraio 2015

RHIANNON GIDDENS - TOMORROW IS MY TURN



Rhiannon Giddens è il nome nuovo della scena roots a stelle e strisce. O meglio: lei, cantante e polistrumentista, calca le scene ormai da una decina d'anni con i Carolina Chocolate Drops (semplicemente Drops per i fans), una delle band più interessanti ed eclettiche del circuito old-time. Nonostante sei album pubblicati, qualche prima piazza raggiunta nelle charts blue grass e un Grammy Award per il miglior Traditional Folk Album vinto nel 2010 con Genuine Nigro Jig, la figura della Giddens è rimasta un pò sottotraccia, almeno fino allo scorso anno, quando di lei hanno cominciato a parlare un pò tutti. Il merito va a T-Bone Burnett, produttore e musicista dall'orecchio fine, che l'ha coinvolta in un paio di progetti di grande risonanza mediatica: la serata tenutasi alla Town Hall di New York per celebrare il film dei fratelli Coen, A Proposito Di Davis, confluita poi in un doppio album live intitolato Another Day, Another Time e, soprattutto, la  partecipazione a Lost On The River: The New Basement Tapes, una compilation di brani scritti parzialmente da Bob Dylan e rielaborati da un gruppo di musicisti capitanati da Elvis Costello. Una rapida escalation di notorietà, dunque, che ha spinto T-Bone Burnett a pensare in grande e a convincere la Giddens ad accantonare momentaneamente i Drops, per dedicarsi alla carriera solista. Nasce così questo Tomorrow Is My Turn, album composto di cover e traditional che spaziano attraverso il blues, il folk, il soul e il gospel, senza una precisa connotazione stilistica (anche se poi produzione di Burnett finisce per far suonare la scaletta estremamente omogenea), ma con una scelta di brani che risulta non solo inusuale (e per questo sfiziosa) ma davvero centrata. La Giddens si cimenta così con la canzone che da il titolo al disco e che porta la firma di Charles Aznavour (fedele all'originale anche per intensità), reinterpreta con gusto caraibico un traditional fin troppo frequentato quale è Black Is The Color (mai ascoltata una versione così "colorata" del brano) e si spinge ai confini della verde Irlanda, rileggendo con accento celtico un altro traditional, O Love Is Teasin'. Atmosfere languide, suoni raffinati e soprattutto la voce eclettica ed espressiva della Giddens, bravissima a trasmettere il pathos della grande tradizione vocale nera (Nina Simone?), ma capace anche di adattarsi alla cultura musicale bianca, come nel riuscitissimo country di Don't Let It Trouble Your Mind a firma Dolly Parton.

VOTO: 7





Blackswan, mercoledì 18/02/2015